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Attualità

L’avviamento nella riforma fiscale tra conferimento di azienda e regimi di riallineamento

4 Maggio 2023

Giosuè Manguso, AndPartners Tax and Law Firm

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo tratta il tema della revisione, prevista dalla riforma fiscale, dei regimi di “riallineamento” dei valori fiscali a quelli contabili, con particolare riguardo all’avviamento nell’ipotesi di conferimento di azienda.


1. Premessa

Il disegno di legge delega per la riforma fiscale [1] conferisce al Governo una delega a emanare uno o più decreti legislativi volti alla revisione del sistema fiscale e risponde alla necessità di intervenire sul quadro regolatorio in materia fiscale per superare le criticità dello stesso, anche secondo quanto segnalato dagli operatori del settore; tale riforma è tra le priorità individuate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per dare risposta alle esigenze strutturali del Paese e costituisce parte integrante della ripresa economica e sociale che si intende avviare anche grazie alle risorse europee.

L’art. 6 del disegno di legge delega per la riforma fiscale contiene i principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi societari degli enti. Tra gli istituti che saranno oggetto di revisione si segnalano la razionalizzazione e semplificazione dei regimi di  “riallineamento” dei valori fiscali a quelli contabili (art. 6, comma 1, lettera b) e la sistematizzazione e razionalizzazione della disciplina dei conferimenti di azienda (art. 6, comma 1, lettera e).

Per quanto concerne la razionalizzazione e la semplificazione dei regimi di  riallineamento dei valori fiscali a quelli contabili, la relazione illustrativa al disegno di legge delega in commento ricorda che “il sistema vigente consente, in sede di emersione dei disallineamenti dei valori fiscali rispetto ai valori contabili derivanti da operazioni straordinarie ovvero dalla variazione dell’assetto contabile (passaggio dai principi contabili IAS ai principi contabili OIC e viceversa), di applicare diversi regimi di riallineamento con effetti differenti. Basti pensare al regime di riallineamento disposto dall’articolo 176, comma 2-ter, del Tuir (testo unico delle imposte sui redditi) e dall’articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che operano in modo da riconoscere ai fini fiscali, previo pagamento di un’imposta sostitutiva (con aliquote differenti) delle imposte sui redditi e dell’IRAP, i nuovi e maggiori valori contabili”.

Si tratta di regimi che hanno l’obiettivo di evitare la gestione di un oneroso doppio binario civilistico e fiscale. Per la relazione illustrativa al disegno di legge delega “La legge conferisce, quindi, al Governo la delega per uniformare i trattamenti fiscali di tali regimi di riallineamento, rinviando ai decreti legislativi delegati l’individuazione del nuovo regime che dovrà operare “a fattor comune””.

Inoltre, per effetto della previsione di cui all’art. 6, comma 1, lettera e), il legislatore delegato dovrà eliminare gli effetti di irrazionalità e distorsione attualmente derivanti dalle norme che regolano la disciplina dei conferimenti di azienda di cui all’articolo 176 del Tuir, facendo comunque salvo il principio di neutralità fiscale sotteso ai conferimenti di azienda.

Una delle attività di bilancio che può essere rilevata in seguito a operazioni di conferimento di azienda e che, avendo tale origine, può formare oggetto di riallineamento è l’avviamento.

Le questioni interpretative che hanno riguardato, in primo luogo, il conferimento di tale asset e, in seconda battuta, la possibilità di assoggettarlo ad uno dei suddetti regimi di riallineamento potrebbero richiedere, in sede di attuazione dei principi e criteri direttivi disciplinati dal disegno di legge delega in questione, un’analisi del regime di conferimento di azienda comprensiva di avviamento e alcuni aspetti dei relativi regime di riallineamento. Più in particolare, non vi è una interpretazione univoca tra dottrina e Agenzia delle entrate in merito alla trasferibilità dell’avviamento – fiscalmente riconosciuto (per effetto di uno delle suddette tipologie di riallineamento o perché acquisito in un’operazione di acquisto di azienda) presso il soggetto conferente – nell’ambito di un conferimento di azienda. Inoltre, in presenza di un avviamento oggetto di riallineamento, non sono chiare le fattispecie che innescano il meccanismo di restituzione dei vantaggi tributari derivanti da tale regime opzionale (c.d. “recapture”). Nel presente contributo saranno brevemente descritte queste due questioni interpretative in prospettiva di un possibile intervento legislativo.

2. Il trasferimento dell’avviamento nelle operazioni di conferimento di azienda

L’avviamento esprime il valore economico di un’organizzazione imprenditoriale caratterizzante l’azienda e che rappresenta una qualità dell’azienda piuttosto che un bene a sé stante. Pertanto, l’avviamento può circolare soltanto unitamente all’azienda di cui è qualità. Conferme, in tal senso, sono, del resto, rinvenibili anche sul piano contabile, ove i principi contabili, siano essi nazionali ([2]) o internazionali [3], concordano univocamente su detta impostazione.

Ciò premesso, per quanto riguarda la natura dell’avviamento, e venendo al tema della possibilità del relativo trasferimento, in dottrina si è a lungo dibattuto circa la conferibilità o meno dell’avviamento quando oggetto dell’apporto sia un’azienda funzionante. In particolare, le maggiori perplessità sollevate relativamente alla conferibilità dell’avviamento afferiscono alla tutela dell’effettività del capitale sociale.

Secondo alcuni autori, infatti, l’avviamento, non costituendo un bene suscettibile di espropriazione forzata a favore dei creditori, non potrebbe garantirli in ordine all’intera recuperabilità del capitale evidenziato e, pertanto, non sarebbe iscrivibile né tanto meno conferibile [4].

La dottrina prevalente, invece, ritiene che il soggetto conferitario, nei limiti dei valori attestati dal perito, possa iscrivere all’attivo anche una voce a titolo di avviamento [5]. Ciò partendo dalla considerazione che, in sede di conferimento, l’azienda deve essere considerata quale unitario complesso economico e che, quindi, l’effettività del capitale sottoscritto non sia da ricercare nel valore attribuibile ai singoli beni che lo compongono, isolatamente considerati l’uno dall’altro, ma in quello che l’intera organizzazione produttiva ha in virtù della finalizzazione all’esercizio di un’attività economica e della sua efficacia al perseguimento dello scopo, che possono attribuire al complesso sinergico un valore superiore alla somma delle parti.

Il conferimento d’azienda, dunque, rappresenta una delle operazioni a seguito delle quali l’avviamento può emergere, ovvero, qualora già contabilizzato presso il soggetto conferente, essere trasferito al soggetto conferitario.

Ciò brevemente premesso sotto il profilo civilistico e contabile, il sistema normativo ai fini impositivi societari che si è delineato con i citati regimi di riallineamento ordinario (art. 176, comma 2-ter, del Tuir) e derogatorio (art. 15, comma 10, del decreto legge n. 185 del 2008) consente il subentro del soggetto conferitario nel valore fiscalmente riconosciuto in capo al conferente di tutti i beni conferiti, incluso l’avviamento. A tal riguardo, infatti, la relazione di accompagnamento al decreto ministeriale 25 luglio 2008, chiarisce che assumono rilievo ai fini dell’affrancamento volontario presso il soggetto conferitario “le differenze residue tra il valore di iscrizione in bilancio dei beni ricevuti in sede di conferimento di azienda, ramo o complesso aziendale, classificati dal soggetto conferitario tra le immobilizzazioni materiali e immateriali, incluso l’avviamento, e l’ultimo valore fiscale riconosciuto dei beni stessi presso il soggetto conferente”. Non solo. La stessa Amministrazione finanziaria, chiamata a identificare il perimetro di riallineamento ex art. 15 del decreto legge n. 185/2008 di un maggior valore contabilizzato su un avviamento pregresso, aveva espressamente parlato di valore fiscalmente riconosciuto “misto”, nel senso che il regime di  riallineamento si sarebbe applicato soltanto sul maggior valore, iscritto dal soggetto conferitario, assoggettato ad imposizione sostitutiva, mentre sulla parte “ereditata” del valore fiscalmente riconosciuto dell’avviamento si sarebbe continuato ad applicare la disciplina ordinaria di cui all’art. 103 del Tuir (Agenzia delle entrate, circolare n. 28/2009, par. 5).

Tuttavia, l’Agenzia delle entrate nel 2010 cambia posizione interpretativa. Nella circolare n. 8/E/2010, infatti, si è sostenuto che l’avviamento non appartiene agli elementi dell’attivo suscettibili di essere conferiti ai sensi dell’art. 176 del Tuir, e ciò anche nell’ipotesi in cui, sotto il profilo contabile, esso sia stato incluso nel valore delle attività dismesse ai fini della quantificazione dell’utile o della perdita da conferimento.

Secondo l’Agenzia delle entrate, dunque, l’avviamento non deve “seguire” l’azienda oggetto di conferimento e continuerebbe ad essere fiscalmente riconosciuto presso il soggetto conferente (perché originato da un’acquisizione di azienda, ovvero perché, originato da un’operazione fiscalmente irrilevante, sia stato poi oggetto di riallineamento) secondo le regole ordinarie, con l’ulteriore effetto di ridurre il valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e, con esso, quello attribuibile alle partecipazioni ricevute dal soggetto conferente.

La posizione dell’Agenzia delle entrate non è stata condivisa dalla giurisprudenza. La Commissione tributaria regionale Lombardia (sentenza n. 4556/2019), infatti, nel motivare il rigetto del ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate avverso la pronuncia di primo grado emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano con la sentenza n. 5093/2017, ha affermato che “l’avviamento è una qualità dell’azienda, e non del soggetto che ne ha la titolarità, ed indica l’attitudine di un complesso aziendale a produrre reddito” e che “l’avviamento rappresenta una qualità dell’azienda, inscindibile dalla stessa, che non può circolare autonomamente e si trasferisce necessariamente con essa”. Dunque, ad avviso dei giudici di secondo grado, “il valore dell’avviamento, in quanto facente parte del conferimento, può essere trasferito al conferitario e costituisce un elemento patrimoniale attivo per il solo acquirente, trovando la sua causa genetica nella sua acquisizione a titolo oneroso, e non può essere trattenuto dalla società conferente. Per tale ragione il conferitario subentra nel valore fiscale che l’avviamento aveva in capo al conferente, così come accade per gli altri elementi che compongono l’azienda”.

In sede di attuazione del principio disciplinato dall’art. 6, comma 1, lettera e) del disegno di legge delega per la riforma fiscale, dunque, è auspicabile che si disciplini la trasferibilità o meno dell’avviamento fiscalmente riconosciuto nell’ambito di un conferimento di azienda.

3. Il meccanismo di recapture dell’avviamento riallineato

I regimi di riallineamento ordinario e derogatorio prevedono un periodo di “sorveglianza”, all’interno del quale un eventuale realizzo dei beni il cui costo fiscalmente riconosciuto sia stato “allineato” al relativo valore contabile determina la revoca degli effetti fiscali del  riallineamento [6].

Tuttavia, il maggior valore “riallineato” può essere trasferito nell’ambito di una riorganizzazione aziendale priva di riconoscimento fiscale (es: conferimento di azienda), senza che l’operazione comporti la recapture degli effetti fiscali del riallineamento (Agenzia delle entrate, circolare n. 8/2009).

Con la risposta n. 893/2021, rispondendo ad una istanza di interpello in cui si era dato luogo i) al riallineamento dell’avviamento iscritto per effetto della fusione, ii) al conferimento di azienda contenente parte di tale avviamento “riallineato”, iii) e cessione di una quota della partecipazione acquisita nella società conferitaria, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la cessione della partecipazione fa scattare il recupero degli effetti fiscali del riallineamento “non sussistendo un “nesso” diretto tra la partecipazione detenuta nella conferitaria e l’avviamento ascrivibile all’azienda conferita idoneo a giustificare una scissione dell’asset in esame in misura proporzionalmente corrispondente alla quota partecipativa trasferita”. In altre parole, in contrasto con quanto chiarito nella citata circolare n. 8/2010, per l’Agenzia delle entrate la cessione della quota di partecipazione detenuta nel capitale della società conferitaria determinerebbe la recapture degli effetti fiscali del riallineamento anche laddove l’avviamento riallineato non sia stato fiscalmente trasferito per effetto del conferimento.

Tale interpretazione sembrerebbe porre delle criticità. Infatti, se nei conferimenti di azienda o rami di azienda deve essere seguito il criterio chiarito dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 8/2010, ne dovrebbe conseguire che l’avviamento oggetto di  riallineamento non potrà mai essere realizzato (né prima né dopo ma nemmeno) durante il “periodo di sorveglianza”, perché il riconoscimento fiscale dell’avviamento residuo sarà sempre ammesso in deduzione in capo al soggetto conferente/cedente.

Viceversa, se l’avviamento è trasferibile nell’ambito di un conferimento di azienda, resta da capire quale sia l’evento generatore della decadenza degli effetti del  riallineamento: soltanto il realizzo fiscale del ramo aziendale contenente l’avviamento da parte della conferitaria ovvero anche la cessione da parte della società conferente della partecipazione acquisita nella conferitaria. In quest’ultima ipotesi, l’avviamento (riallineato e trasferito per effetto del conferimento) non viene “realizzato”, circostanza che non dovrebbe determinare la recapture del  riallineamento. L’avviamento, infatti, continua ad essere fiscalmente riconosciuto all’interno del ramo aziendale cui faceva parte quando è stato riallineato, senza che quest’ultimo compendio dalla data del riallineamento sia stato oggetto di un trasferimento fiscalmente realizzativo. In altri termini, la recapture degli effetti del  riallineamento dovrebbe scattare soltanto in presenza di cessione diretta del ramo aziendale contenente l’avviamento. La stessa Agenzia delle entrate, tra l’altro, nella citata circolare n. 8/2009 ha chiarito che “…la stessa società conferente avrà diritto allo scomputo dell’imposta sostitutiva ai sensi degli articoli 22 e 79, nell’ipotesi in cui i beni affrancati vengano realizzati dalla società conferitaria prima della scadenza del periodo di sorveglianza[7], affermando implicitamente che la restituzione degli effetti fiscali nel periodo di sorveglianza dovrebbe scattare soltanto in presenza di un atto di realizzo diretto dei beni “riallineati” da parte della società conferitaria.

Anche su tale fattispecie, dunque, è auspicabile che il legislatore delegato intervenga per disciplinare le ipotesi (atti di realizzo soltanto dei beni riallineati ovvero anche della quota di partecipazione della società che detiene le attività “riallineate”) che determinano la revoca ab initio degli effetti del riallineamento.

 

[1] Il Consiglio dei Ministri n. 25 del 16 marzo 2023 ha approvato, con procedure d’urgenza, un disegno di legge di delega al Governo per la riforma fiscale, che è stato presentato alla Camera dei Deputati il 23 marzo 2023 (A.C. 1038).

[2] Il principio contabile OIC 24, par. 57, afferma che: “L’avviamento non è suscettibile di vita propria indipendente e separata dal complesso aziendale e non può essere considerato come un bene immateriale a sé stante, oggetto di diritti e rapporti autonomi: esso rappresenta una qualità dell’azienda”.

[3] Il principio contabile IAS 36, par. 81, afferma che: “L’avviamento rilevato in una aggregazione aziendale è un’attività che rappresenta i benefici economici futuri derivanti da altre attività acquisite in una aggregazione aziendale che non sono identificate individualmente e rilevate separatamente. L’avviamento non genera flussi finanziari indipendentemente da altre attività o gruppi di attività e spesso contribuisce ai flussi finanziari di una molteplicità di unità generatrici di flussi finanziari”. Inoltre, il principio contabile IFRS 3, al paragrafo “definizioni”, definisce l’avviamento come “Una attività che rappresenta i futuri benefici economici risultanti da altre attività acquisite in una aggregazione aziendale non individuate singolarmente e rilevate separatamente”.

[4] In tal senso, G. Olivieri, I conferimenti in natura nelle società per azioni, Padova, 1989, pag. 389.

[5] In tal senso, A. Pisani Massamormile, I conferimenti nelle società per azioni, Milano, 1994, pag. 231, M. Caratozzolo, Il bilancio d’esercizio, Milano, 1998, pag. 115, e G. Savioli, Le operazioni di gestione straordinaria, Milano, 2012, pag. 56.

La conferibilità, secondo M. Caratozzolo, può essere consentita solo in presenza delle seguenti condizioni:

– deve essere espressione di una capacità di produrre reddito nel futuro basata su stime e dati storici;

– devono essere individuati fattori e circostanze singolarmente identificabili e trasferibili che consentano all’azienda una determinata posizione di vantaggio rispetto alla concorrenza;

– l’avviamento deve essere destinato a rimanere relativamente stabile nel tempo (M. Caratozzolo, op. cit., pag. 113).

[6] L’art. 176, comma 2-ter, ultimo periodo, del Tuir stabilisce che “I maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva si considerano riconosciuti ai fini dell’ammortamento a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione; in caso di realizzo dei beni anteriormente al quarto periodo d’imposta successivo a quello dell’opzione, il costo fiscale è ridotto dei maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva e dell’eventuale maggior ammortamento dedotto e l’imposta sostitutiva versata è scomputata dall’imposta sui redditi ai sensi degli articoli 22 e 79”. Tale disposizione è applicabile anche ai beni “riallineati” ex art. 15 del decreto legge n. 185 del 2008, così come chiarito dall’Agenzia delle entrate (circolare n. 28/2009, par. 5).

[7] Anche Assonime, nella circolare n. 20 del 2022, ha evidenziato le criticità insite nella risposta dell’Agenzia delle entrate n. 893/2021, auspicando che tali indicazioni interpretative siano precisate dagli organi competenti.

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