Ai sensi dell’art. 56, comma 2, D. Lgs. 206 del 6.9.2005 (Codice del consumo) “L'istituto di emissione della carta di pagamento riaccredita al consumatore i pagamenti dei quali questi dimostri l'eccedenza rispetto al prezzo pattuito ovvero l'effettuazione mediante l'uso fraudolento della propria carta di pagamento da parte del professionista o di un terzo, fatta salva l'applicazione dell'articolo 12 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197. L'istituto di emissione della carta di pagamento ha diritto di addebitare al professionista le somme riaccreditate al consumatore”. Nel caso quindi di c.d. clonazione della carta di pagamento intestata al cliente, grava quindi sull’intermediario dar prova del fatto che la somma addebitata al consumatore in dipendenza dell'effettuazione di spese mediante l'uso fraudolento della carta di pagamento sia stata al medesimo restituita. All’obbligo di riaccreditamento della “somma”, così definibile ex lege come l’ammontare unico e conclusivo di addendi (pur quando) plurimi e riferibili alle singole operazioni di spesa fraudolentemente eseguite dai terzi, segue quello di corrispondere gli interessi sulla stessa al tasso legale a far data dal c.d. “blocco” della carta.
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