L’espressione “mutui a tasso non fisso” contenuta nella versione finale dell’art. 2 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (c.d. Decreto Anticrisi) – secondo cui “l’importo delle rate, a carico del mutuatario, dei mutui a tasso non fisso da corrispondere nel corso del 2009 è calcolato applicando il tasso maggiore tra il 4 per cento senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione e il tasso contrattuale alla data di sottoscrizione del contratto” – deve intendersi in senso ampio, anche in considerazione degli obiettivi di tutela del mutuatario che sono propri di questa normativa. Nel perimetro di applicazione della disposizione, quindi, devono ritenersi ricomprese tutte le tipologie contrattuali di mutui differenti da quelle “a tasso fisso”, accomunate, in un contesto di crisi finanziaria quale quella che ha colpito i mercati nel 2008/2009, da una penalizzazione eccessiva del prenditore del credito provocata dalle forti variazioni dei parametri di riferimento cui viene ancorato il tasso di interesse (in applicazione a tali principi, il Collegio ha ritenuto applicabile il regime di cui al suddetto art. 2 ai mutui c.d. modulari a tasso misto, ovvero ai mutui che prevedono, nel corso della durata del finanziamento, opzioni di scelta tra tasso fisso e tasso variabile, anche laddove, nel periodo interessato da tale Decreto, si sia optato per l’applicazione del tasso fisso).
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