In caso di apertura di credito a tempo indeterminato (“fino a revoca”) regolata in conto corrente, la banca ha il diritto di recedere in qualsiasi momento dal contratto senza obbligo di motivazione (c.d. recesso ad nutum), fermo restando l’obbligo di dare un preavviso al cliente. Tuttavia, l’esercizio di tale diritto da parte della banca deve comunque essere esercitato secondo buona fede, in conformità a quanto previsto dall’art. 1375 c.c.. Sotto questo profilo possono allora assumere rilievo anche le concrete modalità con le quali il recesso è stato in concreto esercitato e le motivazioni a tal fine addotte dalla banca. Tuttavia, l’inadempimento dei suddetti obblighi di correttezza e buona fede (c.d. “rottura brutale del credito”) non potrebbe mai comportare l’invalidità del recesso intimato dalla banca e l’obbligo, per quest’ultima, di ripristinare le linee di credito nel loro originario ammontare, ma al più il diritto del correntista di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito (nel caso di specie, la banca, nel recedere dal rapporto di affidamento, non aveva concesso al cliente alcun preavviso, rendendo la riduzione del fido addirittura retroattiva rispetto alla sua comunicazione al correntista. Aveva altresì fornito motivazioni non congruenti e parzialmente smentite dalla documentazione versata in atti).
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