Devono ritenersi ricevibili anche i ricorsi presentati da soggetti che non sono clienti dell’intermediario convenuto, secondo un’interpretazione estensiva della normativa ABF. Da un lato, infatti, può sostenersi che le parole “contratto” e “rapporto contrattuale” usate dalla normativa non debbono essere interpretate restrittivamente, nel senso cioè di “contratto con quello specifico intermediario”, ma vadano intese estensivamente, dovendosi ritenere ammissibili i rapporti contrattuali di fatto, basati su “un contatto sociale qualificato” tra due soggetti. In altri termini, tutte le volte in cui l’intermediario abbia un obbligo di protezione diverso e aggiuntivo rispetto al mero divieto del “neminem laedere”, allora – può ritenersi – esso assume su di sé una responsabilità contrattuale. Ne consegue che anche coloro che entrino in relazione con l’intermediario in virtù di un suo particolare obbligo di protezione avrebbero, dunque, il diritto di essere considerati “clienti” e sarebbero legittimati a proporre ricorso all’ABF, pure per evitare disparità di trattamento che potrebbero far dubitare della piena conformità alla Costituzione dell’art. 128-bis T.U.B. e della normativa di attuazione.