Se è vero che la definizione di “cliente” presupposto per l’accesso alla procedura di soluzione delle controversie avanti all’ABF rimanda alla figura di soggetto che ha, o che ha avuto, con un intermediario un rapporto contrattuale avente ad oggetto la prestazione di servizi bancari e finanziari, è vero anche che tale definizione non intende limitare soggettivamente la garanzia di accesso all’ABF, ma soltanto definire in modo oggettivo il quadro dei rapporti sostanziali che possono essere dedotti dinanzi all’Arbitro. Ciò implica, pertanto, che quando si tratti di rapporti o servizi che coinvolgono il funzionamento di più d’un intermediario, perché la natura stessa del servizio richiesto coinvolge l’operatività sinergica di diversi istituti risulta un fuor d’opera limitare la definizione di “cliente” al solo rapporto con la banca ordinante; e ciò per la semplice ragione che il detto rapporto costituisce soltanto un segmento, privo di autonomia, del servizio bancario che viene richiesto da chi ordina il bonifico su propri fondi. Da tali premesse discende dunque che l’essere “cliente” della banca ordinante è di per sé condizione sufficiente per l’accesso all’ABF, e ciò anche qualora, come nel caso, il ricorrente si dolga poi di comportamenti della banca ricevente la quale avrebbe dovuto finalizzare, rispetto a propri clienti, l’operazione di pagamento.