Ai sensi dell’art. 45 della legge n. 1736/1933 (c.d. legge assegni) la levata del protesto è presupposto necessario ed indefettibile per l’esercizio delle azioni che, in via di regresso, spettano al portatore del titolo nei confronti dei precedenti giranti nonché degli avallanti. Gli altri effetti indirettamente collegabili alla levata del protesto, fra i quali l’effetto di deterrenza, non rilevano al punto da configurare la levata del protesto come un onere a carico del portatore del titolo, ovvero, nel caso in cui il titolo sia stato depositato presso un intermediario incaricato del servizio di incasso, un obbligo inerente alla corretta gestione dell’incarico affidato all’intermediario. Ciò premesso, resta in astratto risarcibile il danno derivante dalla tardiva levata del protesto, pari all’ammontare del titolo restituito impagato, riconducile non tanto alla violazione di un dovere imposto dalla legge, bensì al generale dovere di cura attenta e diligente dell’interesse del cliente. In ogni caso, al fine di soddisfare il relativo onere probatorio non può considerarsi sufficiente l’illazione che, in virtù dell’effetto di deterrenza ricollegabile al protesto, il debitore, ove il protesto fosse stato levato, si sarebbe subito attivato per evitare la lesione del proprio prestigio e del proprio credito. Ovvero, laddove si alleghi un danno da perdita della chance, è necessario corroborare il ragionamento probabilistico con una serie di indizi atti a dimostrare la reale esistenza e concretezza della chance (che si assume perduta), e cioè dell’ipotesi che il debitore avrebbe adempiuto, in presenza del protesto, per allontanare da sé il discredito che di fatto il protesto arreca.