Non possono ritenersi valide le clausole contrattuali sulla base delle quali si vorrebbe affermare il principio della irresponsabilità della banca, quale quella secondo cui: il cliente è responsabile della custodia e dell’utilizzo corretto dei codici di accesso al servizio di internet banking; nel caso di indesiderata presa di conoscenza di tali codici da parte di terzi il cliente è tenuto a farne immediata denuncia alla banca e alla competente autorità pubblica; fino al momento del blocco del servizio il cliente risponde di tutte le operazioni effettuate, anche se mediante indebito o illecito utilizzo da parte di terzi dei codici di accesso. Siffatta clausola, infatti, è riconducibile, in considerazione del loro contenuto, alla previsione dell’art. 33, comma 2, lettera b) del codice del consumo (d. lgs. n. 206/2005), alla stregua del quale “si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di (…); b) escludere o limitare le azioni o di diritti dei consumatori nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista”. Pertanto, la clausola sopra riportata, in quanto vessatoria, deve ritenersi inopponibile al consumatore: la legge citata (art. 36, comma 3) ne sancisce infatti la nullità, la quale “opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”.