Nella sentenza in commento la Corte di Cassazione si è pronunciata su una controversia in materia di tassazione di dividendi in uscita, che ha visto come protagonisti la ricorrente amministrazione finanziaria e una società con sede in Inghilterra.
Nei precedenti gradi di giudizio la CTR, confermando quanto dedotto dalla CTP, aveva accolto il ricorso presentato dalla società inglese riconoscendole il rimborso del credito di imposta per i dividendi percepiti da una sua controllata italiana ai sensi dell’art. 10, comma 4, della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito.
Dalle valutazioni effettuate risultava che la società straniera fosse la beneficiaria effettiva dei dividendi percepiti i quali erano soggetti a imposizione fiscale nel paese di residenza.
Avverso la sentenza della CTR proponeva ricorso per Cassazione l’Amministrazione Finanziaria, presentando cinque motivi di doglianza.
La Suprema Corte nel decidere la controversia ha riconosciuto fondate le censure dedotte nel primo e nel quarto motivo di ricorso, limitatamente alla denuncia di violazione e falsa applicazione del summenzionato articolo 10, comma 4.
In merito al primo motivo oggetto di accoglimento l’Amministrazione denunciava la non corretta valutazione operata dalla CTR nel definire la società straniera come la beneficiaria effettiva dei dividendi percepiti dalla controllata italiana.
Accogliendo tale posizione la Corte ha precisato che nel configurare la società in oggetto come beneficiaria effettiva la CTR aveva compiuto un’erronea valutazione basata sulla nozione formalistica e omnicomprensiva di beneficiario effettivo, tale da farla coincidere sostanzialmente con quella di soggetto percettore dei dividendi.
Quanto dedotto dai giudici di secondo grado, spiega la Corte, risulta essere in netto contrasto con la nozione emersa nella prassi internazionale, la quale individua come beneficiario effettivo il soggetto che oltre ad essere il percettore del dividendo, sottoposto all’effettiva giurisdizione impositiva, sia anche il soggetto che si trovi nella reale disponibilità economica e giuridica del provento percepito al fine di evitare pratiche di treaty shopping.
Nel caso in esame infatti la società fiscalmente residente in Gran Bretagna percepiva i dividendi dalla controllata italiana, ridistribuendoli ad altre società del gruppo.
Sul quarto motivo di doglianza oggetto di accoglimento, l’Amministrazione Finanziaria evidenziava che la CTR aveva riconosciuto fondato il diritto al rimborso in capo alla società resistente pur riscontrando la presenza nella legislazione inglese di un meccanismo volto a recuperare le imposte assolte all’estero, di fatto duplicando il beneficio del credito di imposta.
I Supremi Giudici sul punto hanno chiarito che le conclusioni operate dalla commissione regionale sono state frutto di un’erronea valutazione della certificazione fiscale rilasciata dalle autorità del Regno Unito.
Precisa la Corte che la CTR ha ritenuto sufficienti, ai fini dell’applicazione del trattato, l’indicazione contenuta nella certificazione circa il generale assoggettamento della società a imposte sui redditi, quando invece avrebbe dovuto verificare l’esistenza direttamente nel caso di specie un reale prelievo fiscale sui dividendi percepiti.
Questo perché al fine dell’applicazione della normativa convenzionale l’impresa deve presentare le qualità di beneficiario effettivo del dividendo percepito e sottoposto a prelievo fiscale nello stato della residenza, cosa che non è stata appurata dalla CTR.
La Corte, alla luce dell’accoglimento dei suddetti motivi di doglianza, ha cassato la sentenza in oggetto, disponendo il rinvio alla CTR in diversa composizione per la decisione.