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Giurisprudenza

Abuso di informazioni privilegiate e procedimento sanzionatorio della Consob: la Cassazione interviene in tema di contestazione dell’illecito e di garanzia del contradditorio tra principi CEDU e normativa nazionale

12 Maggio 2016

Gabriele Magrini, Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia, Sapienza Università di Roma

Cassazione Civile, Sez. II, 11 marzo 2016, n. 4826

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in commento la Suprema Corte interviene in tema di procedimento sanzionatorio della Consob per abuso di informazioni privilegiate, sancendo alcuni importanti principi, anche alla luce della recente ed innovativa giurisprudenza elaborata dalla Corte CEDU.

In particolare, il ricorrente ha proposto impugnazione contro la sentenza della Corte di appello di rigetto dell’opposizione dal medesimo espletata ai sensi dell’art. 187 septies d.lgs. 58/1998 (t.u.f.) avverso il provvedimento con il quale l’Autorità di vigilanza aveva irrogato nei suoi confronti specifiche sanzioni amministrative per abuso di informazioni privilegiate.

In via preliminare, la Corte respinge la richiesta di rimessione in termini effettuata dal ricorrente con motivi aggiunti per essere la sanzione stata irrogata senza la previa trasmissione all’interessato della relazione finale e senza la possibilità per lo stesso di difendersi davanti alla Commissione in violazione del contradditorio, rilevando che nel caso di specie non può trovare applicazione il principio del ne bis in idem, per gli stessi fatti, sancito dalla CEDU nella nota pronuncia Grande Stevens ed altri c. Italia, nel rapporto tra procedimento penale e procedimento sanzionatorio Consob, in quanto la richiesta è finalizzata a proporre, dopo la scadenza del termine per l’impugnazione, una censura – quale quella relativa all’omesso rilievo dell’illegittimità della delibera impugnata derivata dalla illegittimità del Regolamento sul procedimento sanzionatorio della Consob per contrasto con gli articoli 187 septies e 195 t.u.f. – che la parte avrebbe potuto proporre nel ricorso principale.

Nel merito, dopo aver rilevato che la Corte territoriale ha correttamente verificato il rispetto del principio di tempestività della contestazione ex art. 14 l. 689/1981 da parte della Consob, escludendo ingiustificate inerzie nell’azione amministrativa, il Collegio respinge la censura del ricorrente di violazione del contradditorio per avere l’Autorità di controllo fatto riferimento alla condotta contestata in un provvedimento anteriore nei confronti di altri soggetti senza aver dato la possibilità al medesimo di esporre le proprie difese, ed applicando una impostazione sostanzialistica della tutela del contradditorio richiama il suo costante orientamento secondo il quale le censure relative alla violazione del diritto al contradditorio presuppongono la deduzione di una lesione concreta ed effettiva del diritto di difesa specificatamente conculcato o compresso nel procedimento sanzionatorio.

La Suprema Corte, respinge, altresì, le censure relative all’acquisizione dell’informazione privilegiata da parte del ricorrente, sottolineando che il ragionamento svolto dal giudice territoriale non sarebbe motivato per relationem alle difese della Consob avendo lo stesso, al contrario, effettuato una propria autonoma argomentazione immune da vizi logici ed adeguatamente motivata. Al contempo, rileva che il mancato riferimento a talune circostanze fattuali non implica il vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto, secondo il consolidato orientamento della sua giurisprudenza, in tema di prova spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, nonché di escluderne talune senza essere obbligato, per ogni mezzo istruttorio, ad esporre le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ai fini del proprio convincimento.

Analoghe considerazioni sono svolte dal Collegio con riferimento alla sussistenza della gravità, precisione e concordanza delle presunzioni utilizzate dalla Corte di appello riguardo alla prova dell’utilizzo dell’informazione privilegiata da parte del ricorrente ove precisa che il vizio di motivazione non è configurabile quando vi sia difformità rispetto alle tesi ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudicante agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’ammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del medesimo finalizzato a ricevere una nuova pronuncia sul fatto, non ammissibile con il giudizio di legittimità.

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