Nel giudizio di verifica dei crediti, il curatore, a norma dell’art. 95, comma 1, I. falI., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 5 del 2006, può eccepire l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione, senza essere tenuto, per escludere il credito o la garanzia, a proporre l’azione revocatoria fallimentare, né ad agire in via riconvenzionale nel giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dal creditore ai sensi dell’art. 98 I. fall. Qualora, tuttavia, non sia stata proposta azione revocatoria in senso formale, ma sia stata solo sollevata eccezione, finalizzata a paralizzare la pretesa creditoria, il giudice delegato non dichiara l’inefficacia del titolo del credito o della garanzia, né dispone la restituzione, ma si limita ad escludere il credito o la prelazione, a ragione della revocabilità del relativo titolo, con effetti limitati all’ambito della verifica dello stato passivo al quale la richiesta del curatore è strettamente funzionale (conf. Cass. n. 3778/19, 22784/18, 25728/16).
La Suprema Corte, nel caso in esame, ha cassato il decreto del Tribunale con cui era stato confermato il rigetto dell’ammissione del credito in sede di verifica dello stato passivo, senza che fosse stata compiuta alcuna verifica, incidenter tantum, sulla ricorrenza dei presupposti della revocabilità del credito. Il Tribunale ha inammissibilmente escluso il credito in via automatica, sulla base della sola proposizione dell’eccezione revocatoria da parte del curatore e senza verificarne incidentalmente la fondatezza.