Con la Risposta n. 170/2024, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il trattamento fiscale di un accollo di debito obbligazionario effettuato da una società capogruppo (accollante) a beneficio di una propria controllata (accollata), con particolare riferimento alla sua rilevanza ai fini dell’IVA e dell’imposta di registro.
Nel caso di specie, una società capogruppo chiedeva se l’accollo di un debito obbligazionario contratto da una società controllata dovesse essere considerato una prestazione di servizi soggetta a IVA o se, invece, fosse atto soggetto all’imposta di registro, come previsto dall’art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986.
In particolare, la società istante rappresentava che l’accollo del debito, avente pieno effetto liberatorio per la società originaria debitrice (c.d. accollo esterno liberatorio, ex art. 1273 comma 2 c.c.), sarebbe divenuto efficace a seguito dell’autorizzazione dell’assemblea degli obbligazionisti, creditori della prestazione dedotta nel titolo. L’accollo era finalizzato all’accentramento della gestione del debito a livello di gruppo.
L’Agenzia delle Entrate ha prima di tutto escluso che l’accollo liberatorio potesse essere considerato una prestazione di servizi “a titolo oneroso” rilevante ai fini IVA, in quanto, nel caso specifico, l’originaria debitrice si era impegnata a trasferire unicamente la provvista a favore della capogruppo, senza che vi fosse alcuna remunerazione, a titolo di corrispettivo, per la prestazione effettuata.
Al contrario, l’operazione risultava soggetta all’imposta di registro in misura proporzionale del 3% sull’importo del debito accollato, come previsto dall’articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, relativo agli “altri atti aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”.
Peraltro, poiché l’atto di accollo era stato sospensivamente condizionato all’approvazione dell’assemblea degli obbligazionisti, doveva essere registrato con imposta in misura fissa, ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. 131/1986: solo successivamente, una volta verificatasi la condizione, l’imposta di registro in misura proporzionale sarebbe stata dovuta, detratto l’importo fisso già versato.
Infine, l’Agenzia ha chiarito che, qualora l’accollo fosse stato formalizzato mediante corrispondenza, l’imposta di registro sarebbe dovuta solo “in caso d’uso”, ossia al momento in cui l’atto venisse depositato presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato oppure se enunciato (ex art. 22 D.P.R. 131/1986) in un atto soggetto a registrazione posto in essere dalle stesse parti.