Con deliberazione n. 5/2012/PAR del 17 gennaio 2012, la Corte dei Conti, Sez. Toscana, ha fornito chiarimenti circa la validità dell’accordo tra un ente locale (nel caso di specie un comune) ed una banca finalizzato ad assicurare la liquidità alle imprese che vantano crediti nei confronti dell’ente attraverso la cessione pro soluto degli stessi crediti.
In particolare il quesito poneva il problema del carattere potenziale elusivo dell’accordo rispetto alle regole del patto di stabilità interno ai sensi dell’art. 20, comma 10, del D.L. n. 98/2011, convertito dalla legge n. 111/2011.
Preliminarmente la Corte ha ricordato come il comma 3-bis dell’art. 9 D.L. 185/2008, così come modificato dal comma 1 dell’art.13 L. n.183/2011, prevede che “Su istanza del creditore di sommedovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni e gli enti locali certificano, nel rispettodelle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine disessanta giorni dalla data di ricezione dell’istanza, se il relativo credito sia certo, liquido edesigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche ointermediari finanziari […]”.
Altresì, il nuovo comma 2-bis dell’articolo 210 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, inserto dall’art.13, comma 3, della legge di stabilità per l’anno 2012, prevede che “La convenzione di cui al comma 2 puòprevedere l’obbligo per il tesoriere di accettare, su apposita istanza del creditore, crediti pro solutocertificati dall’ente ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 9 del decreto-legge 29 novembre 2008, n.185 […]”.
Come evidenziato dalla Corte, il sopracitato quadro normativo descrive uno scenario in cui ricorso alla cessione del credito pro soluto da parte del creditore non appare di per sé elusivo del patto di stabilità, essendo, viceversa, l’attività di certificazione del credito stesso da parte dell’ente locale soggetta al rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno. Dette norme, infatti, disciplinano l’iter procedimentale nel caso in cui sussista la volontà espressa da parte del creditore di procedere alla cessione del proprio credito a favore di un istituto bancario. In tal caso, l’attività dell’ente locale consiste solamente nel certificare la sussistenza del credito sotto il profilo della certezza, liquidità ed esigibilità entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione dell’istanza prodotta dal creditore, previa verifica del rispetto delle regole del patto di stabilità.
A fronte di tali considerazioni, la Corte ritiene esorbitante rispetto alla competenza dell’ente locale la sottoscrizione generalizzata di accordi con istituti bancari finalizzati ad assicurare la liquidità alle imprese che vantano crediti nei confronti dell’ente stesso attraverso la cessione pro soluto di questi. E questo anche in considerazione dei possibili oneri che tali accordi potrebbero determinare per il bilancio dell’ente che, in ogni caso, non possono considerarsi ammissibili oltreché nulli qualora si configurino elusivi delle regole del patto di stabilità interno.
Diversamente, conclude la Corte, solo in sede di regolazione del rapporto tra l’ente locale e il tesoriere può essere disciplinato l’obbligo per il tesoriere di accettare, su apposita istanza del creditore, crediti pro soluto certificati dall’ente ai sensi dell’art. 9 comma 3-bis D.L. 185/2008, potendo l’accordo legittimamente intercorrere esclusivamente con la banca tesoriere dell’ente locale.