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Approfondimenti

L’acquisto di immobili nel contesto delle operazioni di cartolarizzazione

25 Marzo 2019

Avv. Vanessa Solimeno, Partner, PLC Studio Legale

Di cosa si parla in questo articolo

Sommario: 1. Introduzione; 2. Excursus: Le cartolarizzazioni immobiliari statali (Operazioni “SCIP”) di cui al D.L. 351/2001; 3. Le prime due ipotesi previste nella Legge 130/1999. L’art. 7.1, comma 4 e comma 5; 3.1. Acquisto di beni immobili concessi a garanzia nel contesto di un’operazione di cartolarizzazione di crediti deteriorati (diversi dai contratti di leasing): art. 7.1, comma 4; 3.2. Acquisto di beni immobili oggetto di contratti di leasing nel contesto di un’operazione di cartolarizzazione di crediti deteriorati relativi a contratti di leasing: art. 7.1, comma 5; 4. La terza ipotesi prevista dalla Legge 130/1999: Art. 7, comma 1, lettera b-bis: le nuove frontiere della “cartolarizzazione dei proventi” non più “dei crediti”. Verso una vera e propria forma di cartolarizzazione immobiliare?

 

1. Introduzione

Le recenti modifiche alla legge del 30 aprile 1999, n. 130, recante disposizioni in materia di cartolarizzazione dei crediti (la “Legge 130”), apportate, prima, dal D.L. del 24 aprile 2017, n. 50 (c.d. “manovrina”, di seguito il “Decreto Legge 50”), convertito con legge 21 giugno 2017, n. 96, e, poi, dalla legge del 30 dicembre 2018, n. 145 (la “Legge di Bilancio 2019”), hanno reso più che mai attuale la necessità di esaminare più approfonditamente alcuni nuovi modelli[1] di operazioni di cartolarizzazione, in particolare nel settore “real estate”, che sembra stiano progressivamente affacciandosi nelle practices del mercato delle securitisations sulla scia delle evoluzioni normative della disciplina di tale istituto.

È pertanto legittimo poter affermare che il legislatore abbia ormai definitivamente riconosciuto la possibilità, per una SPV 130, di poter essere titolare di beni immobili e acquistarli, nel contesto di un’operazione di cartolarizzazione, non tanto (e non solo indirettamente) al fine di gestirli e valorizzarli, ma anche per “cartolarizzarli”. Se già le norme di cui al nuovo articolo 7.1 della Legge 130, in tema di cartolarizzazione di crediti deteriorati, avevano fornito ad una SPV 130 nuovi strumenti giuridici per una gestione più attiva non solo dei crediti deteriorati da essa acquistati, ma anche degli asset immobiliari ad essi sottostanti, la Legge di Bilancio 2019 di recentissima emanazione ha, altresì, esteso l’applicabilità delle disposizioni della Legge 130 alle “operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla titolarità di beni immobili”[2].

La norma introdotta dalla Legge di Bilancio 2019 null’altro dice, però, in merito a questa nuova tipologia di operazione di cartolarizzazione, se non, molto genericamente, che a tali operazioni di cartolarizzazione si applicano, “in quanto compatibili”, le norme contenute nella Legge 130.

Nel silenzio del legislatore circa il concetto di “proventi” (preme rilevare, peraltro, che è la prima occasione in cui, nella Legge 130, si fa riferimento a un tale asset cartolarizzato), sembrerebbe potersi ipotizzare che questo tipo di operazioni sia mirato alla cartolarizzazione dei flussi finanziari che derivano dalla messa a reddito o anche dalla dismissione (vendita) di beni immobili: necessariamente, infatti, l’interprete è portato a distinguere il “provento” dalla categoria più generale del “credito” (o, com’è stato osservato[3], dei flussi monetari da esso derivanti, essendo questi oggetto della specifica disposizione di cui all’articolo 7, comma 1, lett. a) della Legge 130[4]).

Tale innovazione apre le porte a molteplici interpretazioni e altrettanti dubbi: cosa si intende per “proventi”? Come coordinare le nuove tipologie di cartolarizzazione con la disciplina della Legge 130 in tema, in particolare, di separazione patrimoniale? Quale il regime fiscale applicabile alle operazioni in questione?

Scopo del presente lavoro, pertanto, è quello di procedere, innanzitutto, a fotografare l’attuale quadro normativo venutosi a creare in riferimento alle operazioni di cartolarizzazioni nel settore “real estate”, declinando più compiutamente la disciplina dei nuovi istituti previsti dal legislatore, per poi soffermarsi, in maniera più puntuale, sulle nuove frontiere offerte dalla c.d. “cartolarizzazione dei proventi”.

Come notato da gran parte della dottrina, il tenore letterale della norma ha fatto riecheggiare immediatamente l’esperienza (italiana[5]) dei primi anni duemila, delle cartolarizzazioni immobiliari pubbliche, realizzate con finalità di privatizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato (le c.d. “operazioni SCIP”[6]). È per questo motivo che abbiamo ritenuto opportuno partire proprio da un breve excursus delle cartolarizzazioni immobiliari statali; ritornando poi più compiutamente nel paragrafo finale ad affrontare gli ulteriori elementi di interesse e problematicità inerenti all’articolo 7, comma 1, lettera b-bis della Legge 130.

2.Excursus: le cartolarizzazioni immobiliari statali (operazioni “SCIP”) di cui al d.l. 351/2001

Il D.l. 25 settembre 2001, n. 351 (recante “Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare”) (il “Decreto 351”), convertito con legge 23 novembre 2001, n. 410, ha, di fatto, inteso regolare la disciplina delle dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti pubblici mediante l’utilizzo dello strumento delle società veicolo di cartolarizzazione e mediante l’applicabilità (in quanto compatibili) delle norme della Legge 130 (di solo due anni antecedenti), al fine di consentire un immediato “incameramento del valore liquido dei beni immobili da dismettere”[7].

Per mezzo del Decreto 351, pertanto[8], il Ministero dell’Economia e della Finanza veniva autorizzato a costituire o promuovere la costituzione, anche attraverso soggetti terzi, di società a responsabilità limitata, aventi ad oggetto sociale esclusivo la realizzazione di operazioni di cartolarizzazione proprio dei “proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato”.

Da un punto di vista operativo[9], tali cartolarizzazioni pubbliche immobiliari furono strutturate su più fasi, le quali possono essere schematizzate come segue:

  1. all’Agenzia del Demanio, per mezzo di decreti dirigenziali[10] – e sulla base della documentazione già esistente presso archivi e uffici pubblici – venne attribuito il compito di operare una ricognizione dei beni immobili pubblici, classificati in beni demaniali, beni patrimoniali indisponibili, beni patrimoniali disponibili;
  2. i beni così individuati (nella categoria dei beni disponibili) furono successivamente ceduti a titolo oneroso alla S.c.i.p. S.r.l. (“Società cartolarizzazione immobili pubblici S.r.l.”) appositamente costituita, per mezzo di decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, con relativa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
  3. al momento dell’acquisto del bene da parte della S.c.i.p. S.r.l. fu corrisposto da parte di quest’ultima all’ente pubblico proprietario del bene un “prezzo di cessione” parziale (un importo provvisorio qualificabile come “prezzo iniziale”);
  4. la rimanente parte di prezzo (il “prezzo differito“), fu corrisposta dopo la vendita del bene sul mercato. Tale prezzo differito aveva pertanto natura meramente eventuale in riferimento sia al quantum che all’an, dipendendo, infatti, dalla successiva ed eventuale disposizione (gestione o vendita) del bene immobile da parte della SCIP;
  5. la SCIP procedette quindi all’emissione dei titoli ABS ai sensi della Legge 130, i quali, ai sensi del Decreto 351, furono (e sono) equiparati a fini fiscali ai titoli del debito pubblico e il cui rimborso era (ed è) garantito dai proventi derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili dismessi.

Da questo schema si può intuire come l’operazione nel suo complesso intendesse raggiungere un duplice fine: da una parte, assicurare agli enti pubblici proprietari dei beni immobili da dismettere un ritorno economico immediato; dall’altra, fornire alla società veicolo il tempo necessario affinché la cessione si concludesse in modo soddisfacente per tutti i soggetti che avevano partecipato all’operazione: enti pubblici cedenti gli immobili, società di cartolarizzazione e (non da ultimo) investitori.

Benché il Decreto 351 parlasse espressamente di “cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione”, è importante sottolineare come momento essenziale per il perfezionamento di tale operazione sia consistito proprio nell’acquisto (a titolo oneroso) da parte della società veicolo della titolarità degli immobili dismessi.

In primo luogo, non deve stupire che la tecnica normativa utilizzata per disciplinare tale acquisto sia quella del ricorso allo strumento della decretazione amministrativa di natura non regolamentare: tale esigenza, infatti, derivava dalla circostanza che i diritti reali trasferiti (in questo caso, la proprietà) avessero ad oggetto beni (immobili) appartenenti a enti pubblici e che il trasferimento degli stessi  veniva effettuato per ragioni di pubblico interesse legate alla dismissione del patrimonio statale (si tratta , peraltro, una tecnica normativa utilizzata dal legislatore in più occasioni e contesti[11]).

In secondo luogo, si sottolinea come proprio con l’attribuzione in capo alla società veicolo della titolarità del patrimonio immobiliare dello Stato sia stato possibile, per quest’ultima, realizzare operazioni di cartolarizzazione che avessero ad oggetto i “proventi derivanti dalla dismissione”.

È in questa circostanza che si è portati, pertanto, a ravvisare[12] un forte parallelismo tra le operazioni cd. “SCIP” e le “cartolarizzazioni dei proventi derivanti dalla titolarità” introdotte dalla Legge di Bilancio 2019: non è inverosimile immaginare, infatti, che il legislatore, abbia implicitamente inteso che, anche nel contesto di quest’ultime, momento prodromico alla cartolarizzazione dei proventi sia proprio l’acquisto, da parte della SPV 130, della titolarità del bene immobile, o mobile registrato, dalla gestione o vendita del quale deriverebbero i proventi stessi (ovvero, i flussi di cassa ordinariamente oggetto di cartolarizzazione).

Il legislatore del 2001 intese, inoltre, disciplinare un ulteriore aspetto, quello del regime di separazione patrimoniale[13] delle società veicolo costituite per cartolarizzare i proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato. Il Decreto 351, infatti, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, aveva disposto che delle obbligazioni nei confronti dei portatori dei titoli, nonché di ogni altro creditore nell’ambito di ciascuna operazione di cartolarizzazione, rispondeva esclusivamente il patrimonio separato della società veicolo che era formato, per ciascuna operazione, sia dai beni immobili e dai diritti relativi trasferiti dagli enti proprietari alla società veicolo, sia dai flussi monetari traenti origine dalla gestione e vendita di tali beni.

Similmente a ciò che accade per le SPV 130 nel contesto di una classica operazione di cartolarizzazione di crediti ai sensi della Legge 130, sul patrimonio separato della S.C.I.P. S.r.l. non erano ammesse azioni a tutela delle pretese di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi o dai finanziatori: tali immobili costituiscono quindi un vero e proprio patrimonio segregato, che risulta indipendente da quello della società veicolo, nonché da quello (o quelli) anch’esso separato delle altre operazioni di cartolarizzazione da quest’ultima eventualmente realizzate[14]. Come si vedrà sub Paragrafo 5, il legislatore, nell’inserire nell’articolo 7, comma 1, la lettera b-bis e introdurre nell’ordinamento la cartolarizzazione dei proventi, nulla ha detto sul se e come i beni oggetto di tale operazione possano essere o meno oggetto di separazione patrimoniale, lasciando così alcuni profili di dubbio.

3. Le prime due ipotesi previste nella Legge 130/1999. l’art. 7.1, comma 4 e comma 5

Terminato il breve excursus sull’esperienza delle cartolarizzazioni immobiliari statati del 2001, il presente lavoro proseguirà quindi trattando delle ipotesi di cartolarizzazione che il legislatore, dopo ben oltre 15 anni di distanza rispetto alle SCIP, ha introdotto nella stessa Legge 130 e nell’ambito delle quali la SPV 130 può trovarsi ad acquisire (prima indirettamente, e adesso addirittura direttamente) la titolarità di un bene immobile.

L’attuale testo della Legge 130 contempla attualmente tre diverse ipotesi nelle quali, nel contesto di un’operazione di cartolarizzazione, la SPV 130 possa acquisire (direttamente o indirettamente) la titolarità di un bene immobile.

Come si ricordava nelle premesse, il legislatore del 2017 inizia, prima timidamente, con il prevedere il modello di cartolarizzazione “immobiliare” contemplato dal comma 4 dell’articolo 7.1 della Legge 130, introdotto per mezzo dell’articolo 60-sexies, comma 1, lett. b) del Decreto Legge 50.

Tale articolo, rubricato “Cartolarizzazione dei crediti deteriorati da parte di banche e intermediari finanziari” (ed inserito per mezzo dell’articolo 60-sexies, comma 1, lett. b) del Decreto Legge 50 ), disciplina infatti due diverse fattispecie di operazioni di cartolarizzazione, realizzate nell’ambito dell’acquisto di crediti c.d. non performing, nelle quali a poter essere acquistati non sono solo tali portafogli di crediti deteriorati ma altresì i relativi asset (nel caso specifico in esame, immobiliari) ad essi sottostanti e nelle quali si configurerebbe, quindi, una repossession[15] dell’asset immobiliare.

Nello specifico, si tratta delle ipotesi meglio descritte nei due paragrafi che seguono, e la cui disciplina si applica agli acquisti di crediti che, sotto il profilo oggettivo, sono classificati come “deteriorati”[16] e, sotto quello soggettivo, sono ceduti da banche o intermediari finanziari iscritti all’Albo Unico di cui all’articolo 106 TUB.

3.1. Acquisto di beni immobili concessi a garanzia nel contesto di un’operazione di cartolarizzazione di crediti deteriorati (diversi dai contratti di leasing): art. 7.1, comma 4

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 7.1, è riconosciuta la possibilità di costituire una società veicolo, nella forma di società di capitali (una c.d. ReoCo[17]) “avente come oggetto sociale esclusivo il compito di acquisire, gestire e valorizzare, nell’interesse esclusivo dell’operazione di cartolarizzazione, i beni immobili […] concessi […] a garanzia dei crediti oggetto di cartolarizzazione”.

L’ipotesi in esame disciplina il caso in cui una SPV 130, titolare di crediti deteriorati acquistati ai sensi degli articoli, 1, 4 e 7.1 della Legge 130 e garantiti da ipoteca, costituisca appositamente una ReoCo[18] che intervenga in una procedura di esecuzione immobiliare e acquisti la titolarità dell’immobile oggetto di esecuzione. L’immobile acquisito sarà poi (sempre tramite la ReoCo) gestito e valorizzato, nello specifico interesse dell’operazione di cartolarizzazione e dei portatoti dei titoli emessi in tale contesto.

L’intento del legislatore è stato quindi quello di mettere a disposizione della SPV 130 uno strumento giuridico che permettesse alla società emittente i titoli di gestire in maniera più efficace ed efficiente non solo i crediti deteriorati ma anche gli asset immobiliari ad essi sottostanti, al tempo stesso valorizzandoli.

Nell’ipotesi in questione né la ReoCo né (per suo tramite) la SPV 130 hanno in ogni caso rapporti diretti con il titolare o i titolari dell’immobile, che – si noti bene – nel caso di specie sarebbero addirittura i debitori ceduti ovvero i garanti del portafoglio di crediti acquistato dalla SPV 130: la SPV 130, infatti, acquista i crediti da banche o intermediari finanziari, e solo nel corso della gestione degli stessi – e in forza delle garanzia costituite a favore dei crediti – entra (indirettamente, per il tramite della REOCO) nella titolarità degli immobili, a seguito dell’intervento (indiretto) nelle procedure di esecuzione immobiliare al fine di rendersi cessionaria (indirettamente[19]) dell’immobile oggetto di esecuzione.

È stato giustamente osservato[20] che il ricorso allo strumento giuridico della ReoCo, e quindi ad un veicolo societario distinto dalla SPV 130 emittente titoli, permette una detenzione/gestione indiretta di tali asset da parte della SPV 130[21]. Tale circostanza garantirebbe, pertanto, che la SPV 130 sia isolata dai rischi e dalle responsabilità derivanti dalla gestione o dalla detenzione di asset immobiliari, le quali rimarrebbero in capo al perimetro patrimoniale della ReoCo a conferma (e tutela) della natura c.d. insolvency remote della SPV 130[22].

La norma, peraltro, prosegue prevedendo che le somme, in qualsiasi modo rinvenienti dalla detenzione, gestione o dismissione dei beni immobili, dovute dalla ReoCo alla SPV 130, sono assimilate ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti (nel quadro delle “classiche” operazioni di cartolarizzazioni dei crediti) e sono destinate in via esclusiva al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi e al pagamento dei costi dell’operazione.

Proprio in tema di separazione patrimoniale è opportuno ricordare come l’Agenzia delle Entrate, con le recenti risposte del 30 gennaio 2019, n. 18, e del 15 febbraio 2019, n. 56[23], ha, peraltro, chiarito alcuni dubbi, sorti proprio in merito al regime fiscale applicabile alle ReoCo.

In particolare, è stato chiarito che non si configurerebbe, nell’ipotesi di cui all’articolo 7.1, comma 4, sui beni acquistati dalla ReoCo, un vincolo di destinazione analogo a quello previsto dall’art. 3, comma 2 della Legge 130 e, pertanto, non troverebbe applicazione alle ReoCo il principio espresso, sempre dall’Agenzia dell’Entrate, nella Circolare n. 8/E del 2003. In tale sede, l’amministrazione tributaria aveva affermato che il vincolo di destinazione dei patrimoni separati, sancito dal succitato articolo 3 della Legge 130, “esclude a priori un profilo di possesso del reddito rilevanti a fini tributari” in capo ad una SPV 130[24]. Non avendo ravvisato nelle norme di cui all’articolo 7.1 comma 4 della Legge 130 un analogo vincolo di destinazione patrimoniale, l’Agenzia delle Entrate ha, quindi, affermato che “i risultati economici dell’attività svolta dalla ReoCo dovranno essere ordinariamente assoggettati ad imposizione IRES e IRAP”, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano da destinarsi o meno all’operazione di cartolarizzazione.

Si noti, d’altronde come la ReoCo ex comma 4 dell’articolo 7.1. è stata, ad onor del vero, doppiamente penalizzata, non tanto e non solo in tema di regime fiscale alla stessa applicabile in quanto “società veicolo” che opera nel contesto di una operazione di cartolarizzazione; quanto piuttosto anche in tema di regime fiscale applicabile in sede di acquisto dell’immobile: a tal riguardo, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha, sempre nelle succitate risposte, altresì ribadito come non sia possibile applicare alle ReoCo costituite ai sensi dell’articolo 7.1, comma 4, il regime di tassazione agevolata in sede di trasferimento dell’immobile previsto, invece, per le ReoCo costituite ai sensi dell’articolo 7.1, comma 5, e di cui si dirà nel prossimo paragrafo, creando così una notevole disparità di trattamento (costituzionalmente illegittima ex art. 3 Cost.?) tra gli investitori che decidono di investire in portafogli di crediti “deteriorati” diversi dai leasing, e gli investitori che invece orientano le loro scelte sui portafogli di crediti deteriorati.

Trattasi di un atteggiamento sia del Legislatore, sia della Agenzia delle Entrate, in notevole controtendenza, dal momento che fino a qualche anno fa era stata introdotto una norma, seppure temporalmente limitata, che permetteva di beneficiare di un regime di tassazione agevolata per gli acquisti di immobili all’asta nell’ambito delle procedure fallimentari[25].

3.2. Acquisto di beni immobili oggetto di contratti di leasing nel contesto di un’operazione di cartolarizzazione di crediti deteriorati relativi a contratti di leasing: art. 7.1, comma 5

Ai sensi del comma 5 dell’articolo 7.1, è previsto che, nel caso in cui “la cessione abbia ad oggetto, unitamente ai beni oggetto di locazione finanziaria, i relativi contratti di locazione finanziaria ovvero i rapporti giuridici derivanti dalla risoluzione di tali contratti, la società veicolo di cui al comma 4 [i.e. la ReoCo]deve essere consolidata nel bilancio di una banca, anche se non facente parte di un gruppo bancario, e deve essere costituita per specifiche operazioni di cartolarizzazione e destinata a essere liquidata una volta conclusa l’operazione.

Tale norma, che contempla anch’essa l’eventualità che si realizzi l’acquisto di beni immobili per tramite di una ReoCo (in questo caso consolidata cioè nel bilancio di una banca), benché possa di fatto intendersi come una specificazione dell’ipotesi prevista dal precedente comma 4 del medesimo articolo, con specifico riferimento alle cessioni di crediti non performing che derivano da contratti di leasing, presentando tuttavia rispetto alla precedente ipotesi, alcuni profili di differenza.

Ai sensi della stessa è previsto, infatti, che, sempre nel contesto di una operazione di cartolarizzazione avente ad oggetto crediti deteriorati ceduti da banche o intermediari finanziari, l’SPV possa sia acquistare il bene oggetto dei contratti di locazione finanziaria, sia subentrare nei rapporti derivanti da tali contratti (una vera e propria cessione del contratto, quindi).

In questa circostanza, a differenza dell’ipotesi di cui al comma 4, il legislatore ha, innanzitutto, preso posizione circa il tema (foriero di non poche problematicità) della titolarità del capitale della ReoCo (si veda, a tal proposito, la nota 18), e ha, altresì, previsto, in capo alla stessa, ulteriori specifici requisiti. La ReoCo, in particolare, deve essere:

  1. integralmente consolidata nel bilancio di una banca: la ratio di tale previsione risiede nella natura finanziaria della attività di leasing che, qualora la ReoCo non fosse consolidata in una banca, rischierebbe, altrimenti, di essere svolta da soggetti non sottoposti a regolamentazione o vigilanza;
  2. costituita esclusivamente per la conclusione di questo specifico tipo di operazione; e
  3. liquidata al momento della conclusione delle operazioni di cartolarizzazione.

La diversità di tale ipotesi trova la sua ratio nella diversità del rapporto iniziale che si instaura, ab origine, tra banca finanziatrice/concedente, e soggetto finanziato/debitore ceduto: mentre nell’ipotesi di cui al comma 4, come accennato, il titolare dell’immobile è il debitore ceduto (salvo le ipotesi che si tratti dei garanti) che aveva presumibilmente richiesto un mutuo/finanziamento concedendo l’immobile a garanzia, e di conseguenza, la ReoCo si trova ad acquistare l’immobile nel contesto delle procedure esecutive azionate nei confronti del debitore o dei garanti; nella fattispecie de quo, invece, è la stessa banca concedente il leasing ad aver conservato la titolarità dell’immobile; e pertanto la ReoCo si trova ad acquisire i rapporti di leasing, e di conseguenza gli immobili, direttamente dalla banca concedente.

In tale logica, è stato infatti altresì dettato un diverso regime fiscale per la ReoCo: l’ultimo paragrafo dello stesso comma 5 dell’articolo 7.1, infatti, richiama il regime fiscale agevolato che si applica alle società di leasing, prevedendo espressamente, che “alle cessioni di immobili effettuate dalla medesima società si applicano integralmente le agevolazioni originariamente previste dall’articolo 35, comma 10-ter.1, del decreto legge del 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248”.

In pratica, mentre ai trasferimenti degli immobili acquistati nel contesto dei fallimenti dalla ReoCo ex Comma 4 si applicano imposte di registro ed ipocatastali in misura proporzionale (con percentuali variabili a seconda della categoria dell’immobile e della società cedente), ai trasferimenti degli immobili sottostanti ai contratti di leasing effettuati da parte delle Banche cedenti (titolari sia dei crediti deteriorati sia degli immobili sui quali gravano i leasing) a favore delle ReoCo ex Comma 5 (quest’ultima consolidata peraltro nel bilancio di una banca) vengono, pertanto, applicate imposte di registro ipotecarie e catastali nella misura fissa (irrisoria) di soli 200 Euro ciascuna.

È poi la stessa Agenzia delle Entrate a chiarire ulteriormente il punto, con la già citata risposta n. 18 del 30 gennaio 2019: tale agevolazione, afferma l’amministrazione tributaria, è finalizzata ad agevolare la monetizzazione, da parte della ReoCo, dei soli beni immobili oggetto dei contratti di locazione finanziaria ceduti, equiparandone il trattamento fiscale a quello che avrebbe trovato applicazione per le società di leasing, non consentendo tale norma, così come formulata, una interpretazione estensiva del regime agevolativo ivi previsto.

4. La terza ipotesi prevista dalla Legge 130/1999: art. 7, comma 1, lettera b-bis: le nuove frontiere della “cartolarizzazione dei proventi” non più “dei crediti”. Verso una vera e propria forma di cartolarizzazione immobiliare?

Una terza ed ulteriore possibilità, infine, a favore di una SPV 130, di essere titolare di un bene immobile, sembra essere stata prevista proprio a seguito degli interventi di modifica (molto significativi) contenuti nella legge di Bilancio 2019[26]. L’articolo 7 della Legge 130, alla nuova lettera b-bis del comma 1, prevede, infatti, un nuovo modello di operazione di cartolarizzazione che ha per oggetto i “proventi” (così nel testo della legge) che derivano dalla titolarità di beni immobili o mobili registrati, ovvero da altri diritti reali o personali riguardanti tali beni.

La Legge di Bilancio 2019 sembra pertanto aver finalmente introdotto una norma di portata generale che dia spazio alla vera e propria “cartolarizzazione immobiliare”, sul modello delle SCIP analizzate supra.

Il Legislatore del 2019, infatti, seppure da un punto di vista cronologico è intervenuto successivamente al Decreto Legge 50 che aveva timidamente aperto le porte all’acquisto degli immobili nel contesto delle operazioni di cartolarizzazione, limitando peraltro la portata dalla norma solo alle ipotesi di “lex specialis” di cui all’articolo 7.1. (che richiede un ambito oggettivo e soggettivo di applicazione limitato); da un punto di vista “topografico”, ha tuttavia collocato la nuova ipotesi di “cartolarizzazione dei proventi” all’articolo 7 della Legge 130, conferendogli così una portata generale (parificata alle “altre operazioni” – così la rubrica dell’articolo 7 – di cartolarizzazione), immediatamente precedente alla lex specialis di cui all’articolo 7.1.

Come ormai più volte affermato, il tenore letterale della norma di cui alla nuova lettera b-bis) dell’articolo 7, che parla di “cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla titolarità di beni immobili” riecheggia significativamente la “cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio pubblico statale” di cui all’articolo 3, comma 1, del Decreto Legge 351.

A tal riguardo, in mancanza di ulteriori elementi interpretativi (non forniti dal Legislatore), non ci sembra azzardato voler interpretare tale assonanza nel senso più “naturale”: ovvero che il legislatore abbia (neppure tanto implicitamente) inteso semplicemente voler replicare l’esperienza delle cartolarizzazioni immobiliari statali, e pertanto prevedere, quale momento prodromico e/o contestuale alla realizzazione di un’operazione di cartolarizzazione dei proventi, la possibilità da parte della stessa SPV 130 cessionaria ed emittente i titoli, di acquisire la titolarità del bene immobile, dalla gestione o vendita del quale deriverebbero, per l’appunto, i proventi da cartolarizzare[27].

In assenza, però, di specifiche previsioni normative che definiscano meglio il punto (e nella speranza di chiarificatori interventi futuri), nell’intento di voler immaginare, da un punto di vista operativo, la realizzazione di un’operazione di tal guisa, si vuole prendere spunto da esperienze presenti (e passate, si veda quanto detto sulle cartolarizzazioni immobiliari statali) per offrire possibili soluzioni ai vuoti normativi lasciati dal legislatore e immaginare come, nell’autonomia negoziale, si possano prevedere presidi a tutela degli investitori e a superamento dei silenzi legislativi.

Per voler procedere alla realizzazione di una vera a propria cartolarizzazione immobiliare ai sensi del nuovo art. 7, b-bis, a nostro avviso, i passaggi dovrebbero essere i seguenti.

Anzitutto, partendo dalle basi, riterremmo opportuno, già in sede di costituzione della SPV 130 da utilizzarsi per tale scopo, fare tesoro dell’esperienza delle cartolarizzazioni SCIP; e pertanto, così come, ai sensi dello statuto della S.C.I.P. S.r.l., l’oggetto sociale della stessa era “la realizzazione di operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione di beni pubblici”; allo stesso modo la nostra SPV 130 immobiliare dovrebbe essere costituita, ab origine, da atto costitutivo e statuto, come “società veicolo avente come oggetto sociale esclusivo la realizzazione di operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla titolarità di beni immobili”.

Inoltre, mentre oggetto sociale principale della SPV 130 rimarrebbe la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione (immobiliari; id est, dei proventi derivanti dalla titolarità di beni immobili), a nostro avviso, nello stesso statuto della SPV 130, andrebbe aggiunto allo stesso, a scanso di equivoci, quale mero “fine strumentale per il raggiungimento dell’oggetto sociale principale” (e quindi per il fine della realizzazione di operazioni di cartolarizzazione dei “proventi”), la possibilità specifica per la SPV 130 di acquistare immobili[28].

In tal modo, l’acquisto degli immobili da parte della SPV rientrerebbe, anche da statuto, negli atti collegati e connessi al raggiungimento del suo scopo (quello di realizzare la cartolarizzazione dei proventi), senza quindi che possano esserci dubbi riguardo ad un utilizzo distorto dello strumento della SPV 130 per realizzare operazioni meramente immobiliari.

Da un punto di vista pratico, una volta costituita la SPV 130 immobiliare, la cartolarizzazione dei proventi verrebbe strutturata come qualsiasi altra cartolarizzazione, e pertanto con un “blocco cessione” cui seguirebbe un “blocco emissione”.

Tralasciando il blocco emissione, che non dovrebbe presentare profili di particolare diversità rispetto alle cartolarizzazioni classiche, il cuore di tali nuove cartolarizzazioni è tutto nella fase della cessione: oggetto di cessione, infatti, sarebbero in questo caso sia i “proventi” (e quindi, immaginiamo, ad esempio, eventuali canoni di locazione di immobili a reddito, prezzi di vendita futuri degli immobili stessi, eccetera), ma altresì – con atto contestuale ovvero separato – gli “immobili” stessi.

La SPV 130 immobiliare acquisterebbe l’intero asset di “proventi/immobile” dallo stesso (unico) soggetto cedente (riguardo al quale la norma non richiede requisiti particolari: potrebbe essere sia una persona fisica, sia una società, una banca, una intermediario, un fondo, eccetera), titolare dell’intero asset; e potrebbe procedere con unico atto di cessione cumulativo, ovvero con due atti distinti, uno per la cessione dei proventi, ed uno per la cessione dell’immobile (quest’ultimo sicuramente per mezzo di atto pubblico notarile, registrato e trascritto nei registri immobiliari, stante la natura dell’immobile).

A nostro avviso, a tal riguardo, non deve stupire che la Legge 130, a differenza del Decreto Legge 351 che aveva disciplinato le SCIP, nulla dica con riferimento al momento prodromico della cessione dell’immobile: il Decreto Legge 351 aveva dovuto necessariamente prevedere che la cessione del patrimonio immobiliare statale avvenisse a mezzo di decreti ministeriali in considerazione della natura (in gran parte demaniale) degli immobili ceduti, il cui trasferimento doveva necessariamente trovare una fonte normativa in una norma di rango primario (quantomeno pari-ordinata alla norma codicistica che ne sancisca l’inalienabilità).

Tale esigenza non è invece richiesta per gli immobili privati, che possono liberamente essere trasferiti per mezzo di atto notarile, purché – secondo l’interpretazione che qui vogliamo sostenere – l’oggetto sociale della SPV 130 cessionaria preveda espressamente come oggetto sociale esclusivo “la cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla titolarità dei beni immobili”, ed il connesso fine strumentale dell’acquisto della proprietà di beni immobili.

Sarebbe proprio con l’attribuzione in capo alla SPV 130 della titolarità del bene immobile che diverrebbe possibile, per quest’ultima, realizzare operazioni di cartolarizzazione che abbiano ad oggetto i “proventi derivanti dalla titolarità” degli immobili stessi: diversamente – se con tale norma non si fosse voluto prevedere la possibilità di acquistare gli immobili, non si spiegherebbe a nostro avviso (a) perché si stato utilizzato un wording identico al Decreto Legge 351; (b) in cosa differirebbe tale cartolarizzazione dei proventi rispetto ad una classica operazione di cartolarizzazione avente ad oggetto crediti (futuri e/o meramente eventuali, anche già ammessa dalla Legge 130).

Nella fase di strutturazione e realizzazione della cartolarizzazione immobiliare, sempre in relazione al “blocco cessione” assumerà particolare importanza il ruolo del sub-servicer, che si troverà a dover gestire non solo un portafoglio di crediti (o meglio, proventi), ma altresì l’immobile stesso (e tutte le tematiche allo stesso relative, quali ad esempio eventuali miglioramenti, capital expenditure, vendita a terzi, ecc.ecc.): in tal caso il sub-servicer agirà quale sub-mandatario del master servicer e della SPV 130, e dovrà svolgere, nell’interesse della SPV 130 titolare dell’immobile, lo stesso compito di gestione e valorizzazione che svolge la ReoCO ex comma 4, art. 7.1. (la quale però è altresì, essa stessa, titolare diretta dell’immobile come società separata dalla SPV 130)

Assodata pertanto la possibilità per la SPV 130 di poter acquistare, assieme ai proventi, altresì gli immobili agli stessi collegati, tema altrettanto (e, forse, ancor più) importante è quello relativo alla possibilità o meno di estendere, anche alle operazioni di cartolarizzazione dei proventi immobiliari, lo specifico regime legale di segregazione patrimoniale offerto dalla Legge 130; la previsione del primo periodo del comma 1 dell’articolo 7, che dispone che le norme della Legge 130 si applicherebbero, “in quanto compatibili”, non sembrerebbe, infatti, sufficientemente chiara per superare tale dubbio.

È stato osservato, peraltro, che si potrebbe ravvisare, proprio in tale inciso, l’implicita volontà del legislatore di consentire l’applicazione di una disciplina di segregazione dei “proventi derivanti dalla titolarità” analoga a quella prevista dall’art. 3 della Legge 130 genericamente per i “crediti”[29]. A tale conclusione si potrebbe giungere esaminando, da un lato, la collocazione e la lettera delle norme che hanno introdotto nell’ordinamento la cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla titolarità, e, dall’altro, quanto affermato dalla stessa Agenzia delle Entrate nelle succitate Risposte 18 e 56.

Innanzitutto, come si ricordava, il legislatore ha scelto di collocare la nuova ipotesi di “cartolarizzazione dei proventisub articolo 7 della Legge 130 (rubricato, emblematicamente “altre operazioni”).

In primis, come più volte ripetuto, tale scelta ha, di fatto, avuto come conseguenza quella di conferire a questa nuova operazione di cartolarizzazione una portata generale (parificata alle altre operazioni di cartolarizzazione) e distinta rispetto alla disciplina (volutamente) speciale di cui all’articolo 7.1. In secondo luogo, tale scelta ha determinato che – similmente a quanto accade per le operazioni di cartolarizzazione dei crediti realizzate mediante l’erogazione di finanziamento (ex articolo 7, comma 1, lett. a) o realizzate mediante sottoscrizione o acquisto di obbligazioni o titoli (ex articolo 7, comma 1-bis) – vengano estese alle operazioni di cartolarizzazione dei proventi le disposizione della Legge 130, e, quindi (nel silenzio del legislatore) anche quelle – si ritiene – in tema di separazione patrimoniale contenute nell’articolo 3 della Legge 130.

Inoltre, giova sottolineare quanto segue: l’Agenzia delle Entrate (chiamata a rispondere circa le tematiche fiscali inerenti la ReoCo, di cui si diceva in precedenza) ha affermato che, nel caso delle ReoCo, “non si configura ex lege un effetto segregativo tale per cui, in costanza della operazione di cartolarizzazione e fintanto che questa non venga portata a termine, i proventi dell’attività di gestione e dismissione dei beni immobili vanno a costituire e alimentare un patrimonio autonomo rispetto a quello della medesima società, indisponible per la stessa”[30]. L’Agenzia delle Entrate, infatti, nell’interpretare il periodo finale del comma 4 dell’articolo 7.1, il quale dispone che “le somme in qualsiasi modo rivenienti dalla detenzione, gestione o dismissione di tali beni e diritti, dovute dalla società veicolo alla società di cartolarizzazione di cui all’articolo 3, sono assimilate, agli effetti della presente legge, ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti e sono destinate in via esclusiva al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi e al pagamento dei costi dell’operazione”, non ha ravvisato un vincolo di destinazione patrimonialeanalogo a quello previsto ai sensi dell’articolo 3 della Legge 130: destinazione delle somme incassate per l’esclusivo soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli, sì; separazione patrimoniale, no.

Evocando un brocardo latino in tema di interpretazione della legge, si potrebbe affermare che “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” e ritenere che la scelta del legislatore di nulla specificare sulla applicabilità o meno del regime di separazione patrimoniale alle cartolarizzazioni dei proventi sia giustificata proprio dal fatto che, se avesse voluto escluderla, lo avrebbe espressamente specificato (così come avvenuto nel caso dell’articolo 7.1, comma 4).

In ogni caso, basti pensare che la differenza con le ReoCo di cui all’articolo 7.1. è lapalissiana. Nell’articolo 7.1. abbiamo due società distinte: una SPV 130 che compra i crediti ed una ReoCo che compra l’immobile; la segregazione patrimoniale si applica solo alla SPV 130 e non anche alla ReoCo (fermo restando la destinazione delle somme incassate dalla ReoCo per il soddisfacimento dei diritti incorporate nei titoli). Nel caso di cui alla cartolarizzazione dei proventi, abbiamo una sola SPV 130 immobiliare, che acquista sia i proventi, sia l’immobile, i cui proventi sarebbero “segregati” ex lege. La domanda è: anche l’immobile deve considerarsi “patrimonio segregato” ex lege (come si suol dire in gergo, da un punto di vista bilancistico, andrà pertanto indicato “sotto la riga”), e quindi inattaccabile da eventuali terzi creditori estranei all’operazione; oppure eventuali terzi soggetti potranno aggredire l’immobile, ferma restando l’inattaccabilità dei proventi allo stesso collegati?

A tal riguardo, altro punto problematico che possa permettere l’applicazione, sic et simpliciter, anche alle cartolarizzazioni di proventi del regime di separazione patrimoniale di cui all’articolo 3 della Legge 130, come evidenziato dalla dottrina e sul quale si ravvisa un vero e proprio silenzio del legislatore, consiste proprio nel regime di pubblicità immobiliare applicabile al trasferimento in capo alla SPV 130 di diritti reali su beni immobili.

In assenza di specifiche risposte normative,si deve naturalmente immaginare che l’atto di trasferimento in capo alla SPV 130 della titolarità di un bene immobile dovrà seguire il regime civilistico ordinario ivi previsto, ovvero essere stipulato per atto pubblico, con conseguente registrazione dell’atto di compravendita e pagamento delle normali imposte previste[31], non potendo pertanto bastare la mera pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e l’iscrizione nel registro delle imprese di cui all’articolo 4 della Legge 130.

Probabilmente, nell’attesa di qualche intervento chiarificatore al riguardo, gli attori delle nuove cartolarizzazioni immobiliari potranno colmare i vuoti normativi ricorrendo all’autonomia contrattuale, introducendo nell’operazione, opportunamente, garanzie e strumenti giuridici ad hoc volti a tutelare gli investitori da eventuali aggressioni sull’immobile da parte di terzi estranei all’operazione, qualora si intenda implementare queste “nuova” operazione di cartolarizzazione ex articolo 7, comma 1, lett. b-bis.

Ad esempio, si potrebbe ravvisare nella costituzione di un’ipoteca volontaria[32] sull’immobile acquisito (a garanzia del soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli e degli altri creditori della SPV 130 nel contesto dell’operazione) lo strumento civilistico adeguato (seppur costoso) a fornire quanto più possibile una forma di maggior tutela essendo l’iscrizione ipotecaria in conservatoria una forma di pubblicità opponibile “erga omnes”.

Terminiamo, da ultimo, con brevissime considerazioni circa il regime fiscale applicabile in questo tipo di operazioni. Come è stato giustamente osservato[33], il regime tributario applicabile ad una SPV 130 che realizzi un’operazione di cartolarizzazione dei “proventi”, dipende, proprio dalla sussistenza o meno anche sugli immobili di un vincolo giuridico analogo a quello previsto dall’art. 3, della Legge 130, sui beni (e sui proventi) oggetto di cartolarizzazione. Se, infatti, si ritenesse che tale vincolo possa sussistere ex lege, è ragionevole ritenere che i summenzionati principi espressi nella Circolare n. 8/E del 2003 possano trovare applicazione e, quindi, che i proventi e oneri rivenienti dai beni cartolarizzati non assumano, in linea di principio, rilevanza ai fini IRES ed IRAP. Diversamente, si dovrebbe pensare di applicarsi anche alla SPV 130 quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nelle Risposte n. 18 e 56 del 2019 in materia di ReoCo costituite ai sensi dell’articolo 7.1, comma 4 della Legge 130, e che pertanto anche le SPV 130 dovrebbe essere “ordinariamente assoggettati ad imposizione IRES ed IRAP”. Ma in tal caso ci chiederemmo: cosa verrebbe assoggettato ad IRES ed IRAP? Se infatti l’oggetto di queste nuove cartolarizzazioni, al posto dei crediti, sono i “proventi”, ovvero tutti i flussi di classa derivanti dall’immobile, tali proventi dovrebbero essere segregati ex-lege, relativamente agli stessi la SPV 130 dovrebbe godere dello stesso regime fiscale agevolato di cui gode relativamente ai “crediti”, ai sensi della Circolare 8/E 2003, e verrebbe allora da chiedersi cosa rimarrebbe quindi da assoggettare ad IRES ed IRAP, considerando chel’immobile, al netto di tutti i proventi cartolarizzati, verrà di fatto svuotato di tutto il suo “contenuto economico”.

 

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[1] Tra le diverse tipologie di operazioni di cartolarizzazione si possono far rientrare: i) la cartolarizzazione “classica” che si realizza mediante cessione dei crediti ad una società veicolo di cartolarizzazione; ii); la cartolarizzazione con “finanziamento” ex art. 7, comma 1, lett. a) della Legge 130; iii) la cartolarizzazione mediante cessione a fondi comuni di investimento, ex art. 7, comma 1, lett. b) della Legge 130; iv) la cartolarizzazione realizzata mediante sottoscrizione o acquisto di obbligazioni o titoli, ex art. 7, comma 1-bis della Legge 130 (introdotta anch’essa dalla Legge di Bilancio 2019); v) la cartolarizzazione dei crediti che sono sorti dalla concessione di finanziamenti da parte della società veicolo di cartolarizzazione, ex art. 7, comma 2-quater della Legge 130; vi) la cartolarizzazione relativa a obbligazioni bancarie garantite (GACS), ex art. 7-bis, 7-ter e 7-quater della Legge 130; vii) la cartolarizzazione finalizzata alla ristrutturazione, ex art.  7.1, commi 3 e 8. (P. Messina, Le operazioni finanziarie nel diritto dell’economia, in Finanza pubblica e d’impresa, in E. Picozza e E. Gabrielli (a cura di/ diretto da), Trattato di diritto dell’economia, Padova 2011, p. 241 ss. e a D. Galletti, G. Guerrieri, La cartolarizzazione dei crediti, Bologna, 2002 e V. Trombetti, Le operazioni di cartolarizzazione di crediti commerciali e le recenti modifiche dei decreti Destinazione Italia e Competitività, in Banc., 2014, 61.)

[2] Così l’articolo 7, comma 1 della Legge 130: “Le disposizioni della presente legge si applicano, in quanto compatibili […] alle operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla titolarità di beni immobili, beni mobili registrati e diritti reali o personali aventi ad oggetto i medesimi beni”.

[3] P. Carrière, Le frontiere della “cartolarizzazione” si spingono ancora oltre. Un primo commento all’ultimo intervento di modifica della Legge n. 130 del 1999, in Rivista di Diritto Bancario, 15 gennaio 2019.

[4] Articolo 7, comma 1, lett. a), Legge 130: “Le disposizioni della presente legge si applicano, in quanto compatibili: a) alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti realizzate mediante l’erogazione di un finanziamento al soggetto cedente da parte della società per la cartolarizzazione dei crediti emittente i titoli, avente per effetto il trasferimento del rischio inerente ai crediti nella misura e alle condizioni concordate”.

[5] Altra parte della dottrina ha sottolineato anche il parallelismo tra questa nuova tipologia di operazione di cartolarizzazione e una tipologia di operazioni ben nota nel mondo anglosassone e definita, emblematicamente, “whole business securitisation” (con riferimento alle quali, grazie all’autonomia negoziale lasciata agli operatori del settore, si sono già viste alcune applicazioni anche nel mercato italiano): originariamente sviluppata nel Regno Unito, nell’ottica di favorire le aziende nella raccolta dei fondi necessari per lo svolgimento della propria attività d’impresa in modo più competitivo rispetto alla raccolta sul mercato di capitali e parallelo rispetto al settore bancario, ampliando al tempo stesso la platea di potenziale investitori, tali operazioni hanno lo scopo, per l’appunto, di cartolarizzare non tanto un pool specifico o generico di crediti, quanto piuttosto i flussi di cassa (futuri) di un’intera azienda, generati nel corso dello svolgimento della sua specifica attività di impresa. Sul punto, si veda Black, Dawson, Waldron, Whole Business Securitisation, November 2004, o, ancora, Hill Claire, Whole Business securitisations in Emerging Markets, Duke Journal of Comparative Law. Vol. 12:521. 2002. Pag 526, o ancora, S. Moreno, Secured transactions in securitisations: the asset backed, whole business and synthetic structures – A comparative study between the UK and Colombia, 2007.

A tal proposito è stato tuttavia osservato che “l’intervento normativo in esame potrebbe allora rivelarsi improvvido – in una evidente eterogenesi dei fini – ove finisse per mettere in discussione definitivamente queste innovative esperienze di mercato (alcune magari in essere!), sancendosi ora chiaramente che tali operazioni di cartolarizzazione di ‘proventi’ sono (semmai) esclusivamente concepibili (in quanto appunto, operazioni di “cartolarizzazione” a cui possa quindi conseguire, in primis, lo specifico apparato protettivo per esse disegnato nella L. n. 130 del 1999, in deroga a numerosi “principi generali” di varia natura) solo in relazione a proventi derivanti dalla ‘titolarità di beni immobili….’” (P. Carrière, Le frontiere della “cartolarizzazione” si spingono ancora oltre. Un primo commento all’ultimo intervento di modifica della Legge n. 130 del 1999, in Rivista di Diritto Bancario, 15 gennaio 2019, p. 3 e ss.).

[6] Tale nome deriva da S.C.I.P. S.r.l., acronimo di “Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l.”, la società, di cui si dirà in seguito, istituita dal MEF per il perseguimento degli obbiettivi di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico di cui al D.l. 25 settembre 2001, n. 351.

[7] Così Busani, Alcuni aspetti civilistici delle operazioni di cartolarizzazione immobiliare; Tondo, Impianto della procedura per la dismissione del patrimonio immobiliare di Enti Pubblici.

[8] Si tratta di un framework autonomo rispetto a quello della Legge 130 che però richiamava, in quanto compatibili, le norme in essa contenute.

[9] Busani, op.cit; Tondo, Impianto della procedura per la dismissione del patrimonio immobiliare di Enti Pubblici, in Morbidelli, La cartolarizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, Torino, 2004, 16 e ss.; Trapani, La dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli Enti Pubblici tra evidenzia pubblica e diritto privato, in Morbidelli, La cartolarizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, Torino, 2004, 53 e ss.; Consiglio Nazionale del Notariato, Il trasferimento dei beni degli enti pubblici non territoriali alle società di cartolarizzazione, Studio n. 3885 del 25 ottobre 2002.

[10] Si vedano ad esempio i seguenti decreti dell’Agenzia del Demanio, finalizzati ad individuare: immobili di proprietà dello Stato (decreto 19 luglio 2002, decreto 5 novembre 2002, decreto 23 dicembre 2002), immobili di proprietà Inail (decreto 28 novembre 2001, decreto 30 novembre 2001, decreto 25 febbraio 2002 , decreto 23 aprile 2002, decreto 31 maggio 2002, decreto 5 luglio 2002, decreto 8 novembre 2002, decreto 4 novembre 2002, decreto 18 novembre 2002), immobili di proprietà Inps (decreto 27 novembre 2001, decreto 30 novembre 2001, decreto 31 maggio 2002, decreto 2 ottobre 2002, decreto 4 novembre 2002, decreto 8 novembre 2002, decreto 18 novembre 2002), immobili di proprietà Ipsema (decreto 27 novembre 2001, decreto 30 novembre 2001, decreto 31 maggio 2002, decreto 4 novembre 2002), immobili di proprietà Ipost (decreto 27 novembre 2001, decreto 30 novembre 2001, decreto 31 maggio 2002, decreto 5 luglio 2002), immobili di proprietà Enpals (decreto 28 novembre 2001, decreto 30 novembre 2001), immobili di proprietà Inpdai (decreto 30 novembre 2001, decreto 30 novembre 2001, decreto 31 maggio 2002, decreto 5 luglio 2002, decreto 2 ottobre 2002, decreto 4 novembre 2002, decreto 8 novembre 2002), immobili di proprietà Inpdap (decreto 30 novembre 2001, decreto 30 novembre 2001, decreto 1° luglio 2002, decreto 4 novembre 2002, decreto 6 febbraio 2003), immobili di proprietà Enac (decreto 31 maggio 2002), immobili di proprietà della amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (decreto 31 maggio 2002), immobili di proprietà Enpals (decreto 2 ottobre 2002, decreto 5 novembre 2002).

[11] Interessante, sul punto, quanto affermato da Busani, op. cit., in riferimento ad esperienze analoghe: “Il decreto legge 15 aprile 2002 n. 63 (recante “Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture”), convertito in legge 15 giugno 2002, n. 112, ha istituito, con l’art. 7, ai fini della <<valorizzazione, gestione ed alienazione del patrimonio dello Stato>> una <<società per azioni che assume la denominazione di “Patrimonio dello Stato s.p.a.”>>. A quest’ultima società possono essere infatti trasferiti a norma del comma 10 della medesima norma <<diritti pieni o parziali sui beni immobili facenti parte del patrimonio disponibile ed indisponibile dello Stato, sui beni immobili facenti parte del demanio dello Stato e comunque sugli altri beni compresi nel conto generale del patrimonio dello Stato>>, ovvero <<ogni altro diritto costituito per legge a favore dello Stato>>, trasferimento da realizzarsi con le <<modalità e per gli effetti previsti dall’art. 3, comma 1>> della legge 410/2001. Lo stesso legislatore ha poi autorizzato la “Cassa depositi e prestiti” a costituire un società finanziaria denominata “Infrastrutture s.p.a.” e ha consentito che i beni della suddetta società “Patrimonio s.p.a.” possano esser trasferiti a quest’ultima società con le modalità di cui alla medesima legge 410/2001. L’espresso richiamo alla procedura di cui all’art. 3, comma 1, della legge 410/2001, ivi compresa la determinazione del prezzo dell’alienazione scomposto in una componente fissa predeterminata e in una eventuale, reitera anche in siffatti ambiti il problema dell’ipoteca legale da iscriversi a garanzia della quota parte residua. Deve tuttavia concludersi al riguardo che è proprio tale richiamo a far ritenere definitivamente esclusa l’esistenza di un obbligo di tal natura in capo al Conservatore dei Registri Immobiliari. Il carattere squisitamente pubblico delle “alienazioni” in questione – ancor più marcato se possibile delle fattispecie già esaminate – impone, dunque, una lettura della normativa in esame tale da tenere in primo piano il rilievo che tutti i soggetti coinvolti appartengono alla sfera della pubblica amministrazione”.

[12] Si veda, inter alia, P. Carriére, op. cit.; Newsletter GOP, Le recenti modifiche alla Legge 130/1999 introdotte dalla Legge di Bilancio 2019; Newsletter Chiomenti, Cartolarizzazione dei crediti, Le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2019.

[13] Per un approfondimento sul concetto di patrimonio separato in relazione ad operazioni di cartolarizzazione si veda Messinetti, Il concetto di patrimonio separato e la cd. “cartolarizzazione dei crediti”, in Riv. Dir. Civ., 2002, 1, 102.

[14] Nei fatti, le operazioni di cartolarizzazione immobiliare furono due, la prima (“SCIP 1”) partita con il Decreto 351, e la seconda nel 2002, riguardante esclusivamente gli immobili di proprietà degli enti previdenziali (“SCIP 2”). La scadenza dei titoli emessi in tale contesto, inizialmente, venne fissata per le varie tranche tra aprile 2006 e ottobre 2008, mentre la scadenza attesa venne fissata (dalle agenzie di rating coinvolte nell’operazione) tra aprile 2004 e ottobre 2006. In ragione delle difficoltà riscontrate dalla società veicolo nel rimborsare i titoli in scadenza (dovute, in gran parte, alle difficoltà del mercato immobiliare), la SCIP S.r.l. venne autorizzata a ristrutturare il proprio debito mediante l’emissione di tre nuove serie di titoli ma le crescenti difficoltà portarono, infine, il legislatore a prevedere la liquidazione dei patrimoni separati delle società veicolo. In particolare, con l’articolo43-bis del decreto-legge 207/2008 (cd. “milleproroghe”) venne disciplinato tale processo di liquidazione, in primis trasferendo la proprietà degli immobili della società veicolo ai soggetti originariamente proprietari degli stessi. Il trasferimento degli immobili venne effettuato per un corrispettivo pari al valore degli immobili stessi determinato ai sensi delle norme relative, e tale corrispettivo è versato alla società veicolo al netto delle passività derivanti da tale operazione. Gli enti, quindi, poterono procedere alla vendita diretta degli immobili, in modo da massimizzare gli incassi in relazione.

[15] P. Carrière, Le nuove frontiere della cartolarizzazione: tra profili sistematici e incertezze di disciplina, in Rivista di Diritto Bancario, n. 11/2017.

[16] Il termine non performing loans, NPLs (o crediti deteriorati) individua una classe ampia di attività. All’interno di essa si trovano, infatti, crediti con un diverso grado di deterioramento. In applicazione del regolamento UE  27/2015 la Banca d’Italia ha previsto una classificazione degli attivi deteriorati. In particolare, si trovano: a) esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate; b) inadempienze probabili; e c) sofferenze

[17] Acronimo di Real Estate Owned Company.

[18] Il legislatore, peraltro, non ha fornito nessuna chiara indicazione su quali debbano essere i soggetti che costituiscono la ReoCo. Carrière, op. cit., giustamente osserva che possono “almeno in teoria, ipotizzarsi tre opzioni: (i) che la totalità delle partecipazioni nella società veicolo immobiliare debba far capo agli investitori, portatori dei titoli emessi dalla Società di Cartolarizzazione; (ii) che la partecipazione totalitaria nella società veicolo immobiliare debba far capo alla stessa Società di Cartolarizzazione che quindi verrebbe a detenere il controllo totalitario sulla stessa; (iii) che la partecipazione nella società veicolo faccia capo a terzi soggetti esterni al perimetro dell’operazione.”.

[19] Giova ricordare, peraltro, che ai sensi dell’articolo 2744 del codice civile è nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore (c.d. “divieto di patto commissorio”): ratio del divieto è dalla dottrina ricondotta all’esigenza di tutelare la posizione del debitore contro un accordo capestro, alla necessità di rispettare la par condicio creditorum senza creare cause di prelazione non previste dall’ordinamento, all’applicazione del principio costituzionale di solidarietà, ovvero al mancato riconoscimento di forme convenzionali di soddisfacimento delle obbligazioni contrarie all’ordine pubblico economico. Il Dl 3 maggio 2016 n. 59 (c.d. “Decreto Banche”) ha invece introdotto nel nostro ordinamento il patto marciano, per tale intendendosi qualsiasi contratto con cui creditore e debitore si accordano nel senso che, in caso di inadempimento del debitore, il creditore acquista la proprietà del bene di proprietà del debitore e da quest’ultimo offerto precedentemente in garanzia, con l’obbligo però del creditore (qui la differenza rispetto al patto commissorio) di versare al debitore la differenza tra l’importo del proprio credito e il valore del bene oggetto di garanzia.

[20] P. Carrière, Le nuove frontiere della cartolarizzazione: tra profili sistematici e incertezze di disciplina, in Rivista di Diritto Bancario, n. 11/2017.

[21] Una soluzione quindi diversa dalle partecipazioni in equity di cui al comma 3, articolo 7.1 legge 130. Per un parere diverso sulla questione, in particolare di chi ritiene che tali norme consentano alle SPV 130 di acquistare e gestire direttamente immobili, si veda D. Albamonte, Le nuove norme sulla cartolarizzazione dei crediti, in Note di stabilità finanziaria e vigilanza n. 10, Banca d’Italia, luglio 2017.

[22] Sul punto, si veda P. Carrière, Le nuove frontiere della cartolarizzazione: tra profili sistematici e incertezze di disciplina, in Rivista di Diritto Bancario, n. 11/2017 il quale, in maniera condivisibile, sottolinea quanto segue: “Questa opzione ermeneutica parrebbe poi  ulteriormente supportata dal dato letterale del comma 4 in commento, laddove nella sua seconda parte – tracciando il regime di separazione patrimoniale applicabile alla fattispecie e su cui ci soffermeremo infra nel testo – si parla di “somme in qualsiasi modo rivenienti dalla detenzione, gestione e dismissione di tali beni e diritti, dovute dalla società veicolo alla società di cartolarizzazione” (enfasi aggiunta), lasciandosi forse intuire che l’unico altro “titolo” per cui tali somme debbano essere “dovute” dalla Società Veicolo alla Società di Cartolarizzazione – in aggiunta a quelle dovute in virtù del credito vantato da quest’ultima verso la prima in relazione al finanziamento dell’acquisto dei beni immobili (v. sopra nota 48) – non possa che essere quello di natura partecipativa, riferendosi quindi a ogni somma “dovuta” alla Società di Cartolarizzazione a titolo di dividendi o distribuzioni. In tal senso la Società Veicolo sarebbe allora pacificamente riconducibile al novero delle normali società con scopo di lucro come invece dovrebbe venire nell’ipotesi – di cui ora ci occuperemo infra nel testo – in cui la Società Veicolo facesse capo a terzi.

[23] Per il testo integrale delle Risposte dell’Agenzia delle Entrate vedasi http://www.dirittobancario.it/news/fiscalita-finanziaria/cartolarizzazioni-i-chiarimenti-ae-sul-trattamento-fiscale-delle-reoco.

[24] Un principio, prosegue l’Agenzia delle Entrate, in linea con quanto disposto dalla Banca d’Italia nel provvedimento del 29 marzo 2000, in base al quale il conto economico della SPV 130 non risulta influenzato dai flussi attivi e passivi afferenti ai crediti collegati al patrimonio cartolarizzato, sia per sorte capitale che per interessi attivi, né dalle spese sostenute dalla società per la gestione di ciascuna operazione.

[25] L’art. 16, D.L. 14 febbraio 2016, n. 18, così modificato dalla Legge di Bilancio 2017, n. 232 prevede che: “1. Gli atti e i provvedimenti recanti il trasferimento della proprietà o di diritti reali su beni immobili emessi nell’ambito di una procedura giudiziaria di espropriazione immobiliare di cui al libro III, titolo II, capo IV, del codice di procedura civile, ovvero di una procedura di vendita di cui all’articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna a condizione che l’acquirente dichiari che intende trasferirli entro cinque anni. 2.Ove non si realizzi la condizione del ritrasferimento entro il quinquennio, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria e si applica una sanzione amministrativa del 30 per cento oltre agli interessi di mora di cui all’articolo 55, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. Dalla scadenza del quinquennio, decorre il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell’amministrazione finanziaria. 2-bis. Gli atti e i provvedimenti di cui al comma 1 emessi a favore di soggetti che non svolgono attività d’impresa sono assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna sempre che in capo all’acquirente ricorrano le condizioni previste alla nota II-bis) all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. In caso di dichiarazione mendace nell’atto di acquisto, ovvero di rivendita nel quinquennio dalla data dell’atto, si applicano le disposizioni indicate nella predetta nota. 3. Le disposizioni del presente articolo hanno effetto per gli atti emessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 30 giugno 2017”.

[26] Per dovere di completezza ermeneutica, si segnala che la Legge 30 dicembre 2018, n. 145 – Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 ha altresì apportato ulteriori modifiche alla Legge 130. In particolare:

a) Art. 1, comma 1-bis, che prevede una deroga ai limiti all’emissione di titoli di debito previsti dall’articolo 2384 c.c., in caso di sottoscrizione dei titoli da parte della società di cartolarizzazione;

b) Art. 1, comma 1-ter, che, da un lato, amplia le categorie di soggetti che possano beneficiare di finanziamenti concessi dalla SOV 130, nell’ottica di semplificazione dell’accesso al credito (le c.d. “microimprese”), e, dall’altro, chiarisce che nell’ambito della stessa operazione di cartolarizzazione e in riferimento al medesimo patrimonio separato si possano, contestualmente, concedere finanziamenti (ai sensi dell’articolo 1, comma 1-ter della Legge 130) e acquistare crediti (c.d. “cartolarizzazioni miste”);

c) Art. 7, comma 1, lett. a), commi 2-octies e 2-novies che chiarisce alcuni aspetti delle cosiddette operazioni di subparticipation.

[27] Così, inter alia, M. Lantelme, in Cartolarizzazioni, novità della Legge di Bilancio. In sordina sono arrivate modifiche alla legge 130/1999 che piacciono al mercato, BeBeez, 21.01.2019: “le nuove norme prevedono che l’spv possa effettuare l’intera operazione, senza dover costituire un altro veicolo, con grande risparmio di tempi e di costi”. E, ancora, “non stiamo parlando necessariamente di immobili, ma anche di beni mobili registrati e diritti reali o personali aventi a oggetto i medesimi beni, quindi per esempio anche di aerei o navi. Inoltre il provvedimento contiene anche norme di raccordo e interviene in modo mirato su aspetti puntuali su cui c’era stata in precedenza incertezza, come ad esempio sulla costituzione in pegno dei beni e diritti a garanzia dei crediti o quelli a garanzia del finanziamento concesso dalla società di cartolarizzazione, in alternativa alla cessione dei crediti”.

[28] Sulla scia di quanto visto con riguardo all’esperienza della S.c.i.p. S.r.l. e al suo oggetto sociale.

[29] P. Carrière, Le frontiere della “cartolarizzazione” si spingono ancora oltre. Un primo commento all’ultimo intervento di modifica della Legge n. 130 del 1999, in Rivista di Diritto Bancario, 2019.

[30] Agenzie delle Entrate, Risposta del 30 gennaio 2019, n. 18.

[31] L’operazione di cartolarizzazione di proventi sembra quindi avere costi, operativi (inter alia, le spese per la gestione del patrimonio immobiliare di cui la SPV 130 diverrebbe titolare) e di realizzazione (si vedano, per l’appunto, i costi relativi al regime di pubblicità degli atti di compravendita immobiliari) dei quali, senza dubbio, bisognerebbe rendere edotti gli investitori e futuri sottoscrittori dei titoli emessi dalla SPV 130. Il prospetto informativo dovrebbe, ad avviso di chi scrive, contenere pertanto una descrizione più accurata possibile dell’asset sottostante nonché degli altri elementi salienti dell’operazione.

[32] B. Cirillo, L’ipoteca, 2013, Maggioli Editore.

[33] G. Ficai, Operazioni di cartolarizzazione dei proventi da beni immobili e mobili registrati: prime considerazioni in merito alla fiscalità diretta, in Rivista di Diritto Bancario, 1.3.2019, che osserva altresì che “si ritiene opportuno evidenziare che, in tale ipotesi, anche con riferimento alle SPV potrebbero sussistere le medesime criticità interpretative sopra rappresentate relativamente alle Reoco: infatti, come osservato da Autorevole Dottrina, i principi di redazione del bilancio da parte delle società di cartolarizzazione emanati dalla Banca d’Italia e richiamati nella Circolare n. 8/E del 2003 sono stati nel frattempo oggetto di abrogazione e, quindi, sussistono profili di incertezza circa le modalità di redazione del bilancio da parte di tali entità”.

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