1. L’adeguatezza “assicurativa”: ambito di applicazione e sovrapposizione con l’analogo parametro di matrice finanziaria nella distribuzione dei prodotti finanziari assicurativi
L’assetto normativo e regolamentare degli obblighi di comportamento degli intermediari assicurativi è imperniato su una specifica nozione di adeguatezza quale primario obiettivo dell’attività di distribuzione assicurativa. In proposito, l’art. 120, comma 3° del d. lgs. 209/2005 – Codice delle Assicurazioni Private (nel seguito, Cap) impone a tali soggetti di proporre o consigliare al potenziale cliente un prodotto “adeguato alle sue esigenze”, che ovviamente sono quelle di carattere assicurativo o previdenziale nonché, ove rilevanti in relazione allo specifico prodotto legate alla propensione al rischio dell’interessato (art. 52 Reg. Isvap 5/2006, nel seguito il Reg. Isvap).
La declinazione “assicurativa” dell’adeguatezza assume una rilevanza tutt’altro che secondaria nella distribuzione dei “prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione” quali ai sensi dell’art. 1, lett. w-bis del TUF le polizze dei rami vita III e V individuati dall’art. 2, comma 1 Cap (rispettivamente, le polizze unit linked e index linked e le polizze di capitalizzazione). In base al combinato disposto dell’art. 25 bis Tuf e dell’art. 85 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007, il collocamento e la sottoscrizione di tali prodotti rientrano infatti nell’ambito di applicazione della disciplina normativa e regolamentare “finanziaria” solo in quanto esercitate dalle imprese di assicurazione o dagli altri “soggetti abilitati all’intermediazione assicurativa” (vale a dire banche, SIM, intermediari finanziari e Poste Italiane: cfr. art. 83 Reg. Intermediari). Quando a proporre la polizza è un intermediario assicurativo, trova viceversa applicazione la disciplina apprestata dal Cap e dal Reg. Isvap.
L’adozione di un simile “doppio binario” di disciplina per la distribuzione di prodotti assicurativi finanziari desta più di una perplessità dal punto di vista applicativo. Se da una parte, come più volte ribadito dalle stesse Autorità di vigilanza, il contemporaneo rispetto degli obblighi di comportamento previsti dalla disciplina assicurativa e da quella dell’intermediazione finanziaria sarebbe facilitato dal fatto che le medesime “risultano tra loro fortemente omogenee ed ispirate a principi corrispondenti” (cfr. il documento congiunto Consob/Isvap 28 dicembre 2007), è altrettanto vero che tali principi risultano talora declinati in precetti sensibilmente divergenti. In questo contesto, la norma dell’art. 87 comma 3 Reg. Intermediari, che impone alle imprese di assicurazione di vigilare sull’adempimento degli obblighi previsti dal Tuf e dal Reg. Intermediari anche quando operano per il tramite di reti distributive (dunque, degli intermediari assicurativi) non sembra garantire sufficiente “tenuta” al sistema, proprio in considerazione del fatto che le due discipline non sono del tutto sovrapponibili.
2. I contenuti dell’adeguatezza assicurativa. Confronto con i parametri individuati dalla disciplina Mifid recepita da Tuf e Regolamento Emittenti
In funzione dell’obiettivo dell’adeguatezza l’art. 52, comma 2° Reg. Isvap impone agli intermediari assicurativi di assumere dal potenziale cliente ogni informazione utile alla valutazione delle esigenze connesse alla stipulazione del contratto assicurativo “in funzione delle caratteristiche e della complessità del contratto offerto”, conservandone idonea evidenza documentale. Con specifico riferimento ai contratti di assicurazione sulla vita (tra i quali, come si è detto, rientrano anche i prodotti assicurativi a componente finanziaria) il successivo comma 3° precisa che le notizie da assumere ineriscono le “caratteristiche personali del contraente”, tra le quali, la professione, il nucleo familiare, il portafoglio finanziario ed assicurativo, la propensione al rischio e le “aspettative in relazione alla sottoscrizione del contratto in termini di copertura, durata ed eventuali rischi finanziari connessi al contratto da concludere”. Esiste ovviamente l’eventualità che il potenziale cliente si mostri reticente, e rifiuti di rendere le informazioni richieste dall’intermediario: in questo caso il contratto può essere nondimeno stipulato, a patto che il diniego informativo consti da apposita dichiarazione sottoscritta dal contraente, recante una specifica avvertenza dell’intermediario sull’impossibilità di effettuare alcuna valutazione di adeguatezza del prodotto. Anche nel caso in cui la proposta relativa ad un prodotto assicurativo o previdenziale “inadeguato” provenga dal potenziale cliente, l’intermediario potrà dare corso alla stipulazione del contratto, ma solo dopo aver fornito una specifica informativa in merito ai motivi dell’inadeguatezza, anche in questo caso corroborata da una dichiarazione sottoscritta dall’interessato (art. 52, commi 4 e 5, Reg. Isvap).
Quanto sopra consente di evidenziare come i parametri di adeguatezza individuati dal legislatore in ambito assicurativo e finanziario, seppur concettualmente affini e rispondenti alle medesime esigenze di tutela del cliente finale, non siano del tutto sovrapponibili quanto alla concreta determinazione degli obblighi imposti agli operatori dei rispettivi mercati. A parte l’ovvia considerazione per cui il set di informazioni da richiedere al potenziale cliente in ambito assicurativo contempla anche i dati specificamente riferiti al rischio dedotto nella polizza, la distonia più evidente si rinviene nelle conseguenze del diniego informativo dell’interessato: come si è detto, nella disciplina Isvap l’intermediario può dar corso alla proposta contrattuale anche in difetto di notizie dal potenziale cliente, là dove nel caso dell’intermediazione finanziaria l’intermediario ha un vero e proprio dovere di astensione (cfr. art. 40 Reg. Intermediari). In questo senso, l’adeguatezza assicurativa assume i connotati dell’appropriatezza prevista dagli artt. 41-42 del Regolamento Intermediari per i servizi diversi dalla consulenza e dalla gestione di portafogli.
3. Individuazione dei criteri di valutazione delle condotte degli intermediari assicurativi in funzione del parametro di adeguatezza. I principi desumibili dalla giurisprudenza in materia di intermediazione finanziaria
Ma quali sono, in concreto, i criteri di valutazione dell’adempimento degli obblighi connessi all’adeguatezza “assicurativa”? Il tema non è stato oggetto sinora di una significativa evoluzione giurisprudenziale, anche in considerazione dei relativi volumi del contenzioso relativo all’inosservanza degli obblighi di comportamento di imprese e intermediari assicurativi. Peraltro, tenuto conto dell’indubbia affinità concettuale con il corrispondente parametro finanziario, ben potrà farsi riferimento, in via analogica, ai principi elaborati dalle Corti di merito e legittimità sul presupposto della disciplina dettata nell’abrogato Regolamento Intermediari n. 11522/1998. Questi, in estrema sintesi, gli orientamenti che a parere degli scriventi possono fornire un utile riferimento al fine di individuare in concreto le condotte conformi alla disciplina dell’adeguatezza di fonte Cap/Isvap:
- quanto all’individuazione degli elementi da prendersi in considerazione ai fini della valutazione di adeguatezza ben potrà aversi riguardo al principio per cui l’intermediario deve tenere in considerazione tutte le informazioni in suo possesso, anche diverse da quelle rese dal potenziale cliente. Simili acquisizioni, del resto, appaiono del tutto coerenti con il disposto dell’art. 120, comma 3° del codice, che impone agli intermediari assicurativi di proporre polizze adeguate “anche in base alle informazioni fornite al (rectius, dal) contraente”;
- per quel concerne, in secondo luogo, le modalità di comunicazione del giudizio di inadeguatezza, può qui richiamarsi il prevalente orientamento della giurisprudenza di merito per cui spetta all’intermediario l’onere di dimostrare di aver specificamente rappresentato al cliente le ragioni dell’inadeguatezza in relazione alle specifiche caratteristiche del prodotto. Dovranno dunque ritenersi inidonee le dichiarazioni rese dagli interessati ai sensi dell’art. 52, comma 5 del Regolamento, là dove accompagnate da un avvertimento dell’intermediario assicurativo formulato mediante un richiamo “di stile” alle informazioni ricevute e alle caratteristiche dell’operazione previdenziale consigliata nella modulistica sottoscritta dal Cliente;
- quanto agli obblighi di diligenza funzionali alla valutazione di adeguatezza del prodotto un utile parametro può rinvenirsi nelle pronunce di merito che impongono all’intermediario finanziario di acquisire tutte le informazioni necessarie sugli strumenti proposti alla clientela, non solo in adempimento dei doveri di diligenza, ma anche al fine di verificarne la compatibilità con il profilo di rischio dell’investitore (c.d. know your merchandise rule). Anche in questo caso, si tratta di principi pacificamente riferibili all’adeguatezza “assicurativa”, per valutare la quale devono assumersi tutte le informazioni ritenute utili dall’intermediario, appunto, “in funzione delle caratteristiche e della complessità del servizio offerto” (cfr. art. 52, comma 2° Regolamento);
4. Le conseguenze della stipulazione di contratti assicurativi inadeguati.
La disciplina desumibile dal Cap e dal Reg. Isvap non esplicita quali siano le conseguenze della stipulazione di un contratto assicurativo “inadeguato”, là dove non consapevolmente richiesto dal cliente. Sul punto, in accordo con la più autorevole dottrina ben può ritenersi che l’art. 120 comma 3 Cap, nel prevedere che l’intermediario “in ogni caso” deve proporre al potenziale cliente solo prodotti adeguati alle sue esigenze, integra una norma imperativa la cui violazione comporta la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto ai sensi dell’art. 1418 cod. civ. Peraltro, tenuto conto che tale obbligo è imposto al solo intermediario e che per quanto sopra osservato il cliente, purché adeguatamente informato, ha il “diritto” di comprare un prodotto assicurativo inadeguato, non può che concludersi per la natura relativa di tale nullità, che potrà essere invocata solo dal contraente.