La Corte di Cassazione con ordinanza n. 17584 del 26 giugno 2024 (Pres. Marulli, Rel. Campese) è tornata a pronunciarsi in materia di oneri probatori gravanti sul correntista che voglia dimostrare l’indebita percezione di somme da parte dell’ente creditizio.
In tale sede ha in particolare ribadito i propri recenti approdi giurisprudenziali, stabilendo che:
- il correntista che non abbia a disposizione gli estratti conto o la documentazione relativa alle singole operazioni ha l’onere di azionare lo strumento di cui all’art 119, quarto comma, T.U.B., conseguentemente chiedendo la collaborazione della banca per ottenerne copia, e solamente nel caso di ingiustificato diniego o inadempienza di questo può fare istanza ex art 210 c.p.c. a che il giudice ordini l’esibizione dei documenti;
- che il giudice di appello potrà valutare utilmente tanto l’estratto conto quanto mezzi istruttori diversi, che, nel caso in cui si tratti di prova documentale, potranno anche essere stati depositati in primo grado e non riprodotti in appello.
Il correntista esperiva azione di accertamento negativo, affinché il giudice dichiarasse la non debenza di alcune somme pagate da questi all’ente creditizio, e in particolare, i tassi concretamente applicati, di cui si contestava l’usurarietà, e la commissione di massimo scoperto, applicata ma non prevista dal contratto.
La Corte d’appello aveva ritenuto non provato da parte del correntista l’assenza del titolo a giustificazione del pagamento, e, in ogni caso, le ragioni a giustificazione dell’allegazione di usurarietà.
È proprio l’adempimento agli oneri probatori l’oggetto dei motivi di ricorso in Cassazione.
Come detto in apertura, il primo tema che viene toccato è quello del rapporto tra l’art 119, quarto comma, T.U.B. e l’art 210 c.p.c., che tutelano il correntista che voglia dare conto di come si sia svolto il rapporto contrattuale, consentendogli, il primo, di richiedere in via stragiudiziale all’istituto di credito la copia degli estratti conto, e il secondo, di ottenere dal giudice un ordine di esibizione dei documenti.
La Corte ritiene non decisive le argomentazioni del ricorrente, che assumevano che la ratio di trasparenza e tutela del cliente bancario non fosse coerente con un’interpretazione dell’art 119, quarto comma, che, qualora non previamente esperito, precludesse l’utilizzo degli altri strumenti processuali predisposti a suo favore (e in particolare dell’art 210 c.p.c.).
Ribadisce pertanto la propria precedente giurisprudenza, individuando un rapporto di antecedenza tra i due strumenti.
Il correntista, dunque, che voglia procurarsi gli estratti conto o altra documentazione inerente alle singole operazioni da usare ai fini istruttori in giudizio deve chiedere dapprima all’ente creditizio, e solo subordinatamente può proporre istanza di ordine di esibizione ex art 210 c.p.c. qualora l’ente creditizio non abbia adempiuto senza giustificazione (richiama: Cass n. 2641/2021; Cass. nn. 12993 e 35862 del 2023; Cass. n. 9807/2024) o che in ogni caso sia decorso il termine previsto dall’art 119, quarto comma, del T.U.B.
Con il secondo motivo di ricorso il correntista aveva lamentato che il giudice di appello aveva ritenuto di non disporre dei documenti necessari a dare prova del contratto di conto corrente, per cui, tuttavia, in sede di primo grado erano stati prodotti più di 50 documenti.
La Corte Suprema detta quindi alcune coordinate per la prova documentale di pagamenti non dovuti nel conto corrente.
Questi non sono sottoposti ai limiti previsti per i contratti, poiché si tratta di pagamenti che, essendo da allegazione di parte, senza titolo, non pongono la questione di provare il rapporto contrattuale sottostante (richiama: Cass. nn. 9213 e 12993 del 2023, Cass. nn. 4043, 11270 e 3310 del 2024).
Nemmeno alcun limite sarà posto dalla specifica natura del rapporto contrattuale in esame, poiché è ormai consolidato che il saldo potrà essere rideterminato, dando prova dei pagamenti indebiti, tanto mediante estratto conto quanto con altri strumenti di prova, quali consentiti dal codice (Cass. nn. 1763, 4043, 4067, 5387, 11270 e 11577 del 2024).
La Corte tocca infine il tema della rilevanza dei documenti prodotti in primo grado per i successivi gradi di giudizio.
È discretivo qui il principio di non dispersione della prova, che impone al giudice di secondo grado di considerarli per la prova dei fatti allegati: ne deriva che il giudice ha il potere dovere di esaminare il documento prodotto in primo grado, qualora la parte interessata ne faccia istanza mediante riferimento in sede di motivazione.
Tale documento, ove non più disponibile nel fascicolo, può essere reso accessibile al giudice mediante deposito della copia delle altre parti, ma la conoscenza del giudice può derivare anche dalla lettura delle parti trascritte nell’atto di appello.
In tale caso, graverà su controparte, che contesti i fatti asseritamente provati dal documento, produrlo e dare diversa ricostruzione (Cass. n. 835 del 2023).
Ritenuto che in sede di Appello tali principi non siano stati rispettati, la Corte cassa con rinvio.