Perché si possa parlare di contratto in frode alla legge, sanzionato con la nullità dell’accordo, è necessario che il negozio posto in essere non realizzi quella che è una causa tipica – o comunque meritevole di tutela ex art. 1322, secondo comma, c.c. -, bensì una causa illecita in quanto appunto finalizzata alla violazione della legge.
Nel caso di specie, i ricorrenti eccepivano la nullità del contratto di affitto d’azienda ritenuto in fronde alla legge, essendo stato stipulato al fine di eludere l’applicazione della disciplina sui finanziamenti agevolati alle imprese erogati dal Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi della legge n. 488 del 1992.
In particolare, rilevavano la violazione della norma attuativa di cui all’art. 8, comma 1, lett. b), del d.m. 20 ottobre 1995, n. 527, il quale prevedeva che le agevolazioni concesse venissero revocate quando fossero distolte dall’uso previsto le immobilizzazioni materiali o immateriali, la cui realizzazione od acquisizione è stata oggetto dell’agevolazione, prima di cinque anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto.
Nel rigettare l’eccezione dei ricorrenti, la Cassazione ha evidenziato come, nel caso di specie, il contratto di affitto d’azienda non potesse dirsi nullo perché in frode alla legge, posto che era certamente riconducibile nello schema del contratto tipico di affitto di azienda di cui all’art. 2562 c.c..
Dunque, lungi dal volere realizzare una causa diversa da quella prevista dal detto tipo negoziale, i contraenti volevano effettivamente affittare l’azienda, concludendo un contratto che, eventualmente, poteva dirsi in frode al terzo Ministero dello Sviluppo Economico, che in precedenza aveva erogato il finanziamento, e che per legge poteva anche revocarlo.