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Attualità

Affrancamento delle quote di OICR: nuova opportunità con aspetti da chiarire

21 Dicembre 2022

Fabio Brunelli, Partner, Di Tanno Associati

Sabrina Tronci, Di Tanno Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza la novità del disegno di Legge di Bilancio 2023 in approvazione al Parlamento che, per la prima volta, parallelamente al tradizionale regime di rivalutazione delle partecipazioni, introduce l’affrancamento delle quote di OICR ai fini fiscali.


È ormai questione di ore per la conclusione dell’iter legislativo che dovrebbe (auspicabilmente) condurre all’approvazione da parte del Parlamento della Legge di Bilancio 2023.

Il disegno di legge bollinato dal Consiglio dei Ministri il 28 novembre scorso (di seguito anche “DDL”) prevede tra l’altro, all’art. 27, comma 1, una novità assoluta nell’ordinamento domestico, ossia la possibilità di affrancare ai fini fiscali il maggior valore delle quote di OICR. E’ infatti la prima volta che si consente l’affrancamento delle quote di OICR, al fianco della tradizionale rivalutazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate possedute da persone fisiche e società semplici[1]. Come noto, il regime di rivalutazione delle partecipazioni accorda l’adeguamento del costo o valore di acquisto, agli effetti della determinazione delle plusvalenze imponibili in sede di cessione, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva (ora del 14%) da applicare sull’intero valore corrente risultante da apposita perizia. A differenza di detto regime, l’affrancamento delle quote di OICR di nuova introduzione richiede l’applicazione dell’imposta sostitutiva (nella medesima misura del 14%) solo sul differenziale tra il valore delle quote rilevato dai prospetti periodici alla data del 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione[2]. La nuova disciplina dovrebbe applicarsi indifferentemente alle quote di OICR mobiliari e immobiliari, sia italiani che esteri[3].

In particolare, l’art. 27 citato, nell’attuale formulazione, prevede che “i redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e i redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del medesimo testo unico derivanti dalla cessione o dal rimborso di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio si considerano realizzati a condizione che, su richiesta del contribuente, sia assoggettata ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14 per cento, la differenza tra il valore delle quote o azioni rilevato dai prospetti periodici alla data del 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione”.

La norma fornisce poi i dettagli tecnici per l’esercizio dell’opzione con gli intermediari presso i quali sono intrattenuti rapporti di custodia, amministrazione, gestione di portafogli e per il versamento dell’imposta sostitutiva[4].

Al riguardo vale anzitutto osservare che i redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (“TUIR”), che la norma considera “realizzati” per effetto dell’opzione, sono quelli derivanti “dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti”, e quindi anche dalla partecipazione a OICR italiani ed esteri.

Limitando l’ambito di analisi agli OICR non immobiliari, la tassazione ordinaria dei redditi di capitale derivanti dalla partecipazione a OICR italiani e lussemburghesi c.d. “storici” è disciplinata dall’articolo 26-quinquies del d.P.R. n. 600 del 1973, che prevede l’applicazione di una ritenuta del 26% (a titolo d’acconto o d’imposta a seconda della natura del partecipante) (i) sui proventi distribuiti in costanza di partecipazione e (ii) sui proventi compresi nella differenza tra il valore di riscatto, di liquidazione o di cessione delle quote o azioni e il costo medio ponderato di sottoscrizione o acquisto delle stesse.

Analoga previsione è contenuta nell’art. 10-ter, L. 23 marzo 1983, n. 77, con riferimento ai redditi di capitale ex art. 44, comma 1, let. g), TUIR, derivanti dalla partecipazione a OICR UE/SEE (UCITS o FIA).

I redditi diversi di natura finanziaria che possono originare dalla partecipazione a detti OICR derivano dalla cessione a titolo oneroso ovvero dal rimborso delle quote, ivi incluso il rimborso in sede di conversione da un comparto all’altro del medesimo OICR (c.d. switch) ex articolo 67, comma 1, lettera c-ter), TUIR[5]. Detti redditi diversi sono determinati come differenza tra il valore percepito e il costo o il valore di acquisto. Da tale differenza vanno tuttavia scomputati i redditi di capitale pro tempore maturati ma non riscossi[6].

Dunque, come chiarito dall’Amministrazione finanziaria nella Circ. 21/E/2014, per gli OICR mobiliari, laddove la predetta differenza sia positiva, essa costituirà sempre reddito di capitale. Ciò deriva dalla circostanza che, come detto, si qualificano quali redditi di capitale anche i proventi compresi nella differenza tra il valore di cessione/liquidazione/riscatto e il costo fiscale delle quote. Pertanto, considerata la sovrapposizione tra i criteri di determinazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi, in ipotesi di eventi realizzativi il differenziale positivo, essendo già tassato come reddito di capitale, non rileva ulteriormente come reddito diverso. Qualora, invece, dalle suddette operazioni si determini una differenza negativa, essa costituirà una minusvalenza deducibile.

Così richiamato il quadro normativo, la nuova disciplina dell’affrancamento delle quote di OICR – secondo quanto si legge nella versione attuale della relazione illustrativa – “prevede la facoltà, ai fini della determinazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria (…) di sostituire, previo pagamento di un’imposta sostitutiva, il costo di acquisto delle quote o azioni di partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), con il valore rideterminato secondo i criteri stabiliti nel medesimo comma 1, ovvero con la differenza tra il valore delle quote o azioni rilevato dai prospetti periodici alla data del 31 dicembre 2022 e il costo o valore di acquisto o di sottoscrizione”.

Ebbene, va in primo luogo osservato come la relazione illustrativa appaia in realtà imprecisa allorché prevede la sostituzione del costo di acquisto (o sottoscrizione), ossia del “costo fiscale” delle quote, con la differenza tra il valore rilevato dal prospetto al 31 dicembre 2022 e il suddetto costo. Poiché l’affrancamento opera solo su tale differenziale (diversamente dalla rivalutazione delle partecipazioni), questo dovrebbe infatti aggiungersi al costo fiscale originario delle quote e non sostituirsi ad esso.

Ne deriva che, nel caso in cui successivamente all’esercizio dell’opzione intervenga la cessione o il rimborso (nonché il riscatto o lo switch, come suggerisce un’interpretazione sistematica[7]) delle quote affrancate, al fine di determinare il differenziale imponibile dovrà confrontarsi il corrispettivo di cessione o il valore di rimborso con il costo di acquisto o sottoscrizione aumentato del valore affrancato.

Un ulteriore aspetto da osservare riguarda la sorte dei “proventi distribuiti in costanza di partecipazione”, i quali come sopra detto rientrano tra i redditi di capitale ex art. 44, comma 1, lettera g), TUIR, che la norma considera “realizzati” per effetto dell’affrancamento e che, ordinariamente, sono tassati ai sensi dell’art. 26-quinquies del d.P.R. 600/1973 (o del citato art. 10-ter, L 23 marzo 1983, n. 77, in caso di FIA esteri) con l’applicazione della ritenuta del 26%.

Questa fattispecie rileva tipicamente per i fondi chiusi, laddove la società di gestione può procedere – durante la vita del fondo – a rimborsi parziali di capitale (che riducono il costo fiscale delle quote) e a distribuzioni di proventi (tassabili come indicato).

Orbene, la nuova norma sull’affrancamento delle quote di OICR, per come scritta, considera come “realizzati” i proventi (i.e. i redditi di capitale) rilevati dai prospetti periodici al 31 dicembre 2022, a fronte del pagamento dell’imposta sostitutiva. I proventi così realizzati e affrancati, dunque, essendo già tassati, non dovrebbero esserlo nuovamente (nemmeno) in sede di distribuzione.

In altri termini, l’affrancamento delle quote di OICR dovrebbe ritenersi efficace oltreché per i redditi di capitale realizzati in sede di riscatto, di liquidazione e di cessione, anche per i proventi (redditi di capitale) percepiti in costanza di partecipazione successivamente all’esercizio dell’opzione.

Ciò comporta, in concreto, che:

  • il valore affrancato mediante l’esercizio dell’opzione e il pagamento dell’imposta sostitutiva anzitutto si aggiunge al costo di acquisto o sottoscrizione delle quote oggetto di opzione (aumentandone corrispondentemente il costo fiscale);
  • per l’effetto, in caso di cessione o rimborso delle quote, in assenza di incremento di valore delle stesse, non dovrebbe realizzarsi alcun reddito ulteriormente tassabile;
  • nel caso invece in cui, prima della cessione o del rimborso delle quote affrancate, la SGR proceda ad una distribuzione di proventi, fino a concorrenza del valore affrancato detti proventi non dovrebbero essere nuovamente tassati; al contempo però – per evitare un doppio beneficio – essi dovrebbero ridurre corrispondentemente il costo fiscale della quota (già incrementato, come detto, per effetto dell’affrancamento)[8].

Diversamente ragionando (ossia ipotizzando che l’affrancamento valga solo ad aumentare il costo fiscale delle quote in sede di cessione o di rimborso) potrebbe aversi l’effetto – a nostro avviso non voluto dal legislatore – che, a fronte della tassazione dei proventi distribuiti in costanza di partecipazione possa emergere in sede di rimborso/liquidazione una minusvalenza, la quale potrebbe in molti casi non essere in concreto utilizzabile[9]. Ne deriverebbe evidentemente una frustrazione dell’obiettivo della norma “agevolativa” che limiterebbe non poco la sua attrattività.

Questo aspetto assume ulteriore rilevanza con riferimento alle quote dotate di “diritti patrimoniali rafforzati” (i.e. carried interest), rispetto alle quali l’utilizzabilità della ipotetica minusvalenza finale si presenta ancora più remota. Al riguardo, si ritiene comunque ipotizzabile che le quote di OICR aventi diritti patrimoniali rafforzati, laddove il carried interest sia “in the money” alla data del 31 dicembre 2022, possano accedere all’affrancamento al pari delle altre quote di OICR, dando esse origine alle medesime categorie di reddito in principio rientranti nell’ambito di applicazione dell’affrancamento. Sul punto – come sugli aspetti precedentemente affrontati – è auspicabile venga fatta chiarezza dagli organi competenti in sede interpretativa.

 

[1] L’opzione per la rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, originariamente prevista dall’articolo 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, viene riproposta nel DDL Bilancio (cfr. art. 26) con riferimento alle partecipazioni possedute alla data del 1° gennaio 2023; per la prima volta la bozza di DDL Bilancio prevede altresì la possibilità di effettuare l’opzione per la rivalutazione anche per i titoli, le quote o i diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione posseduti alla medesima data. Il DDL inoltre prevede: (i) al medesimo art. 26, la facoltà di rivalutare ai fini fiscali – sempre mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva del 14% – il maggior valore dei terreni, sia agricoli sia edificabili, posseduti alla data del 1° gennaio 2023, riproponendo la disciplina di cui all’art. 7 della citata legge 28 dicembre 2001, n. 448; (ii) all’art. 27, secondo comma, la possibilità di considerare come corrisposti, e quindi assoggettati a tassazione, i redditi dei contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione di cui all’art. 44, comma 1, lett. g-quater), del D.P.R. 917/1986 (TUIR), costituiti dalla differenza tra il valore della riserva matematica alla data del 31 dicembre 2022 e i premi versati, mediante pagamento – su detta differenza – di un’imposta sostitutiva con aliquota del 14 % da versare da parte dell’impresa di assicurazioni entro il 16 settembre 2023; (iii) all’art. 23, un regime facoltativo di affrancamento o di rimpatrio degli utili c.d. “black-list” e delle riserve di utile risultanti dal bilancio delle partecipate estere, detenute in regime d’impresa, relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (con aliquote dell’imposta sostitutiva differenziate a seconda del soggetto partecipante e del tipo di affrancamento prescelto), avente l’effetto di escludere da imposizione, in capo al soggetto fiscalmente residente o localizzato in Italia, tali utili affrancati provenienti dalle suddette partecipate estere; (iv) all’art. 33, la facoltà di rideterminare ai fini fiscali anche il valore delle cripto-attività.

[2] Qualora fossero approvati gli ultimi emendamenti presentati (sabato 17 dicembre) dal Governo in sede referente – C. 643-bis – sarebbe eliminato il riferimento ai “prospetti periodici” per individuare il valore delle quote alla data del 31 dicembre 2022. Nella nuova formulazione, l’art. 27 del DDL, a differenza dell’art. 26 concernente la rivalutazione delle partecipazioni, non richiederebbe peraltro di determinare detto valore in base ad una perizia giurata di stima (come è previsto per le partecipazioni non quotate), né farebbe riferimento al “valore normale” determinato ai sensi dell’art. 9, TUIR (come è previsto per la rivalutazione dei titoli quotati). Dunque, di fatto, il legislatore non offrirebbe (né prescriverebbe) alcun parametro valutativo per l’affrancamento del valore delle quote di OICR. L’abbandono del riferimento ai prospetti periodici potrebbe essere motivato dal fatto che i criteri di valutazione dettati da Banca d’Italia sono ispirati al criterio prudenziale del costo.

[3] Ciò sarebbe esplicitamente previsto in caso di approvazione degli emendamenti presentati dal Governo in sede referente – C. 643-bis.

[4] In base agli emendamenti presentati dal Governo in sede referente – C. 643-bis, l’opzione sarebbe esercitabile anche con un intermediario con cui fosse intrattenuto un “altro stabile rapporto” ovvero in dichiarazione ad opera del contribuente.

[5] Ai sensi del comma 1-quater del medesimo articolo 67 del TUIR, infatti, tra le plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del medesimo articolo “si comprendono anche quelle di rimborso delle quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio realizzate mediante conversione di quote o azioni da un comparto ad altro comparto del medesimo organismo di investimento collettivo”.

[6] Ai sensi dell’art. 68, comma 6, TUIR, le plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del comma 1 dell’articolo 67 “sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa l’imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi”. Ai sensi del successivo comma 7, “dal corrispettivo percepito o dalla somma rimborsata, nonché dal costo o valore di acquisto si scomputano i redditi di capitale maturati ma non riscossi”.

[7] Peraltro dovrebbe esservi inclusa anche l’ipotesi di “cessione” rappresentata dal trasferimento delle quote o azioni a rapporti di custodia, amministrazione o gestione intestati a soggetti diversi dagli intestatari dei rapporti di provenienza (ad esempio a causa di successione o donazione).

[8] Per fare un esempio numerico, si ipotizzi il caso di una quota avente costo di sottoscrizione (i.e. costo fiscale) pari a 100 e che il relativo valore, alla data del 31 dicembre 2022, sia pari a 120. La differenza di 20 è oggetto di affrancamento, mediante il versamento di un’imposta sostitutiva pari a 2,8. L’effetto immediato (sub (i)) è l’aumento del costo fiscale della quota di 20 (100+20=120). Si ipotizzi inoltre che, in seguito all’esercizio dell’opzione per l’affrancamento, la stessa quota sia oggetto di cessione e il relativo valore sia nel frattempo aumentato di 10 rispetto a quanto rilevato al 31 dicembre 2022. In tal caso, il provento (i.e. reddito di capitale) ordinariamente imponibile (con la ritenuta del 26%) sarebbe pari a 10 (130-120=10*26%=2,6). L’imposta complessiva sarebbe pari a 5,4 (invece che 7,8). Qualora invece, dopo l’affrancamento e prima della cessione, intervenga una distribuzione di proventi pari a 10, detti proventi non dovrebbero essere ulteriormente tassati ma dovrebbero corrispondentemente ridurre il costo fiscale della quota, che scenderebbe a 110 (120-10=110). In sede di successiva cessione o rimborso della quota, il cui corrispettivo – considerata la previa distribuzione di proventi di 10 – scenderebbe in ipotesi da 130 a 120, si determinerebbe un provento (i.e. reddito di capitale) ordinariamente imponibile (con la ritenuta del 26%) pari a 10 (120-110=10*26%=2,6).

La circostanza che l’affrancamento sia limitato al maggior valore della quota al 31 dicembre 2022 rispetto al costo fiscale e non si estenda a eventuali incrementi di valore della quota successivi a tale data (non trattandosi dunque di un affrancamento “tombale” come da taluni ipotizzato), oltreché dalla lettera della norma, si ricava anche dalla relazione tecnica all’art. 27 del DDL, ove la perdita di gettito (derivante dalla differenza tra l’imposta sostitutiva al 14% e la ritenuta ordinaria al 26%) è calcolata su una base imponibile fissa (perché determinata ad una data fissa) e ripartita sulla ipotetica durata residua dei fondi (4 anni). In particolare, sulla base di dati di fonte Assogestioni e Banca d’Italia, nella relazione tecnica si stima un ammontare di fondi chiusi detenuto da investitori persone fisiche di circa 7 miliardi di euro. È ritenuto plausibile che il 50% di tali fondi di investimento sia in attivo e generi un rendimento del 5%. In via prudenziale, è ritenuto che solo una parte degli investitori (corrispondente al 50% della base imponibile) aderisca al versamento dell’imposta sostitutiva. Si stima quindi un gettito dell’imposta sostitutiva per il 2023 di 12,25 milioni di euro (7 miliardi*50%(fondi attivi)*5%(rendimento)*50%(aderenti)*14%(imposta sostitutiva)). Prendendo in considerazione la stessa base imponibile sopra individuata, si stima che a legislazione vigente, applicando un’aliquota del 26%, il gettito derivante dai rendimenti dei fondi chiusi sarebbe stato di circa 22,7 milioni di euro (7 miliardi*50%(fondi attivi)*5%(rendimento)*50%(aderenti)*26%(ritenuta ordinaria)). Ipotizzando una durata media residua di tali fondi di circa 4 anni, a fronte dell’incasso di 12,25 milioni nel 2023, si stima una perdita di 5,7 milioni annui dal 2024 al 2027 (per un totale pari a 22,7).

[9] A titolo di esempio, si ipotizzi che, in seguito all’affrancamento della quota di 20 (mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva di 2,8, a seguito della quale il costo fiscale aumenta da 100 a 120), vengano distribuiti proventi pari a 20 tassati al 26% e che successivamente la quota sia ceduta o rimborsata per un corrispettivo pari al costo di sottoscrizione (100); in tal caso si genererebbe una minusvalenza di 20 (100-120=-20) che potrebbe non essere utilizzabile in concreto dall’investitore.

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