Con sentenza n. 4324 del 29 dicembre 2013 la VI sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha analizzato il reato di aggiotaggio operativo o manipolativo in strumenti finanziari commesso, nel caso prospetto, con artifici consistiti in acquisti ripetuti in giorni ravvicinati di azioni privilegiate, tali da produrre un anomalo rialzo della valutazione dei titoli, alterandone il normale andamento sul mercato.
Preliminarmente, la Corte ricorda come il reato di aggiotaggio debba qualificarsi come un reato di pericolo, essendo necessario, oltre alla condotta materiale, che la stessa sia realizzata con modalità tali da rendere concreta la possibilità del verificarsi di una sensibile alterazione del valore degli strumenti finanziari.
Ovvero, più nello specifico, il reato di aggiotaggio è riconducibile fra quei reati in cui il pericolo, oggetto di accertamento in concreto, non va qualificato come risultato causale della condotta, bensì come modalità pericolosa della stessa nei confronti dell’interesse tutelato, e che sono stati definiti dalla dottrina come reati di pericolo astratto o di pericolo astratto-concreto.
Il reato, dunque, si perfeziona nel momento in cui la condotta acquisisce connotati di concreta lesività, nel senso del pericolo di alterazione del normale corso dei titoli.
Ed in tal senso l’offensività della condotta, ai fini del rilievo penalistico, diviene concreta nel momento in cui questa si manifesta nel mercato, venendo a conoscenza degli operatori e producendo così effetti distorsivi sulla valutazione dei titoli.
Coerentemente con tali principi, il luogo di consumazione del reato, anche ai fini della competenza territoriale ex art. 8 cod. proc. pen., deve ritenersi quello in cui gli ordini di acquisto vengono effettuati, essendo da quel momento noti al mercato.
In ciò il reato di aggiotaggio si differenzia da quello di dell’abuso di informazioni privilegiate (insider trading), posto che, mentre l’aggiotaggio è lesivo del regolare andamento del mercato, e dunque diviene rilevante nel momento in cui la condotta è in grado di incidere su tale andamento, nell’abuso di informazioni privilegiate la lesività si pone nel conseguimento di indebiti vantaggi abusando di una determinata posizione sul mercato, e dunque si realizza nel momento in cui il vantaggio è effettivamente conseguito con l’effettiva acquisizione dei titoli oggetto dell’operazione.
Ai fini di una diversa individuazione del luogo di consumazione del reato risulta irrilevante la trasmigrazione del mercato borsistico italiano su una piattaforma digitale estera, posta l’insufficienza del dato nominalistico della sede borsistica in riferimento alla quale le operazioni venivano effettuate.
Come evidenzia la Corte, infatti, ciò a cui deve aversi riguardo è la condotta materiale contestata, dovendosi identificare l’ultimo atto, territorialmente individuabile, che soddisfi la condizione dell’idoneità ad influenzare il mercato, attribuibile come detto agli ordini di acquisto dei titoli.
Infine, in relazione alla responsabilità della società ex D.Lgs. 231/2001, è sufficiente che il soggetto autore del reato abbia agito per un interesse non esclusivamente proprio o di terzi, ma anche per un interesse riconducibile alla società della quale lo stesso è esponente.
Siffatto titolo di responsabilità è individuabile anche all’interno di un gruppo di società, potendo la capogruppo rispondere per il reato commesso nell’ambito dell’attività di una società controllata laddove il soggetto agente abbia perseguito anche un interesse riconducibile alla prima.