In tema di postergazione dei finanziamenti soci, ai fini della valutazione circa la sussistenza delle condizioni di cui al secondo comma dell’art. 2467 c.c. (“eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto” e “situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”) rileva unicamente il tempo in cui il finanziamento è stato concesso. Ciò è coerente con la finalità della norma, vale a dire contrastare la sottocapitalizzazione della società quale tecnica di traslazione sui creditori e sui terzi dei rischi da continuazione dell’attività in regime di crisi, finalità che viene perseguita orientando la scelta del socio verso forme di apporto che rispettano il principio di corretto finanziamento dell’impresa, colpendo con la postergazione quelle che invece tale principio violano.
La Corte di Cassazione afferma il principio di diritto sopra enunciato e respinge la tesi del ricorrente, secondo cui la valutazione circa la sussistenza di “eccessivo squilibrio” andrebbe condotta ex post, completato il “ciclo produttivo” della singola impresa, e senza dunque considerare l’elevato sbilanciamento verso i mezzi altrui che caratterizza talune intraprese specie in fase di start up. La tesi, oltre che ad essere priva di appiglio letterale e contraria con la ratio della norma (che appunto vuole contrastare o comunque disciplinare in modo deteriore per il socio erogante il finanziamento effettuato in situazione di sottocapitalizzazione), confligge con la natura sostanziale della postergazione. Infatti, come affermato già da Cass. 12994/2019, la postergazione è fenomeno che incide sui termini di esecuzione del rapporto negoziale, determinando l’inesigibilità temporanea del credito da restituzione del socio, nonché – viene precisato in questa sede dalla Corte – l’inapplicazione della norma dell’art. 1282 c.c.. L’organo amministrativo della società cui è richiesta la restituzione alla scadenza contrattualmente pattuita deve dunque essere in grado di valutare se la restituzione, per il momento in cui il finanziamento è stato concesso, è o meno esigibile.
La Corte precisa anche che la valutazione di squilibrio non è suscettibile di essere rimossa da fatti successivi, come nuovi apporti del medesimo socio a titolo di capitale di rischio, che potranno semmai riportare la società verso l’equilibrio facendo dunque venire meno quella temporanea inesigibilità determinata dall’art. 2467, comma 1, c.c. (“dovendosi ritenere realizzata una situazione di soddisfazione, sia pure “astratta”, dei creditori esterni e dunque esistente uno status di regolare esigibilità” nelle parole di Cass. 12994/2019).