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Giurisprudenza

Ai fini fiscali la cessione di azienda va valutata ex ante

15 Dicembre 2016

Andrea Di Gialluca, Dottore Commercialista

Cassazione Civile, Sez. V, 11 maggio 2016, n. 9575

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione ha affermato che non si configura come cessione di azienda il trasferimento di beni che, antecedentemente alla vendita, non costituiscono un insieme organicamente finalizzato all’esercizio dell’attività di impresa.

La controversia esaminata dalla Suprema Corte verte sulla corretta qualificazione fiscale di un atto di cessione di un complesso di beni, in relazione alla quale la società cedente aveva emesso due fatture assoggettate ad IVA, consentendo così al cessionario di detrarre l’imposta.

Nella sentenza è precisato che le società interessate dall’operazione erano parte di uno stesso gruppo ma realizzavano attività differenti: la società cedente produceva serramenti e profilati in alluminio, mentre la società acquirente li commercializzava. Inoltre i beni oggetto della cessione erano in parte giacente nei magazzini del cedente prima del trasferimento, in parte mai impiegati per lo svolgimento della sua attività. È, inoltre, precisato che a seguito dell’acquisto dei beni, ai fini del loro utilizzo, la società cessionaria aveva assunto del personale, in parte proveniente dalla stessa società cedente.

L’Amministrazione Finanziaria notificava tanto al cessionario quanto al cedente un avviso di accertamento sul rilievo che l’operazione intercorsa tra le parti si configurasse come una cessione di azienda, soggetta ad imposta di registro in misura proporzionale, e non come una cessione di singoli beni, soggetta ad IVA.

Mentre la CTP respingeva il ricorso proposto dal contribuente, i Giudici di appello esprimevano sentenza favorevole a quest’ultimo, sul rilevo che l’operazione intercorsa non era qualificabile come cessione di azienda perché non vi era un insieme organico finalizzato a trasferire l’esercizio di un’attività di impresa. I beni ceduti non erano stati, infatti, precedentemente collegati a fini produttivi del cedente, mentre solo successivamente all’acquisto la società acquirente aveva provveduto ad organizzarli e a dar vita ad una produzione, diversa da quella della cedente.

La Suprema Corte ha confermato il giudizio favorevole al contribuente ricordando, innanzitutto, che deve intendersi come cessione di azienda il trasferimento di un’entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità e consenta l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo. Occorre, quindi, valutare se si tratta di un insieme organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività di impresa, di per sé idoneo a consentire l’inizio o la continuazione di quella determinata attività, sia pure mediante successiva integrazione da parte del cessionario.

Nel caso di specie, non era, invece, possibile cogliere un coordinamento ed un’organizzazione dei beni ceduti tale da poter affermare che l’insieme degli stessi avesse conservato, nel trasferimento, una propria identità. Si trattava, infatti, di beni che prima della cessione non costituivano un insieme organicamente finalizzato all’esercizio dell’attività di impresa del cedente e non erano, pertanto, idonei a consentire l’inizio o la continuazione dell’attività esercitata dal cessionario, che, infatti, li aveva impiegati per un’attività diversa.

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