Anche il contratto di factoring, ove stipulato da una banca in relazione a crediti derivanti da rapporti bancari, è soggetto alla disciplina della trasparenza bancaria e rientra nell’alveo dell’art. 117 e seg. del TUB (che prevedono la forma scritta).
Infatti, evidenzia la Corte, il factoring si è nel tempo realizzato quale mezzo di finanziamento dei crediti commerciali dell’imprenditore, in cui rilevante è l’affidamento della gestione di un cd. portafoglio clienti dietro pagamento di un compenso, con conseguente prestazione, da parte del factor, di una serie di servizi collegati, tesi a comprendere tutti gli adempimenti della gestione commerciale.
In una simile prospettiva il factoring si qualifica come un contratto atipico complesso nel quale tuttavia la forma di anticipazione di denaro, corrispondente ai crediti a scadere, identifica e qualifica la stessa funzione di scambio, sì da rivelarne l’aspetto di finanziamento contro cessione dei crediti.
In ragione della sottostante finalità di erogazione di credito, che nella prassi si progressivamente si associata a tale contratto, deve concludersi per la tesi secondo cui il factoring, eseguito professionalmente da parte di un’impresa bancaria, rientra nell’ambito delle connesse attività finanziarie, così da non poter sfuggire all’art. 117 del TUB.