La costituzione del vincolo di destinazione di cui all’art. 2, comma 47, d.l. n. 262 del 2006, conv. in I. n. 286 del 2006, non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quella di successione e di donazione.
Per l’applicazione dell’imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale.
Nel trust di cui alla I. n. 364 del 1989, di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’ Aja 1^ luglio 1985, un trasferimento così imponibile non è riscontrabile, né nell’atto istitutivo, né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee – in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione – ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.
A fronte di tali principi la Cassazione ha ritenuto che, nel caso di trust c.d. autodichiarato, ove la figura del disponente e del trustee coincidono, in cui vi è anche la possibilità che il beneficiario finale si identifichi con il disponente stesso, manca il presupposto impositivo del reale arricchimento effettuato attraverso un effettivo trasferimento di beni e diritti.
Con tale tipo di trust, il disponente provvederà a beneficiare i suoi discendenti o anche sé stesso, se ancora in vita al momento della scadenza. In tale ipotesi, un reale trasferimento è impossibile, perché del tutto contrario al programma negoziale di donazione indiretta per cui è stato predisposto e che prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua segregazione fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari.
Ne consegue che al trust autodichiarato si applicano le imposte ipotecaria e catastale e quella di registro in misura fissa.