La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8979 del 5 maggio 2016[1], è intervenuta sulla dibattuta questione del divieto del riconoscimento degli interessi moratori stabilito dall’art. 1 secondo comma, lett. a) del D.Lgs. n. 231/2002 in ipotesi di apertura di procedure concorsuali nei confronti del debitore.
I giudici di legittimità hanno accolto la tesi che limita tale divieto al riconoscimento al periodo successivo alla dichiarazione di fallimento, riconoscendo, invece, il diritto agli interessi moratori commerciali decorsi anteriormente a tale dichiarazione.
Il caso e il ricorso
Il Tribunale di Genova con decreto depositato il 10.12.2014 aveva respinto l’opposizione allo stato passivo proposta da una società, la quale si era vista escludere l’ammissione al passivo del proprio debitore limitatamente alle somme relative agli interessi moratori commerciali ex art. 1 D.Lgs. n. 231/2002.
Il Giudice di primo grado ha motivato il proprio provvedimento richiamando il dato letterale dell’art. 1 comma 2 D.Lgs. n. 231/2002 per cui “Le disposizioni del presente decreto non trovano applicazione per: a) debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore”. Per il giudice di merito, ne consegue che il calcolo degli interessi (fino alla data della dichiarazione di fallimento) debba essere effettuato sulla base del tasso legale e non di quello previsto ai sensi del decreto legislativo in questione. Unica eccezione a tale regola è data qualora gli interessi moratori commerciali siano stati riconosciuti con provvedimento giudiziario passato in giudicato.
La società creditrice, vistasi negare parte della propria domanda, ha proposto dunque ricorso in cassazione con motivo unico, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 2 del D.Lgs. n. 231/2002 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
A sostegno del proprio ricorso, la società creditrice ha asserito che la norma in oggetto debba essere interpretata ed applicata nel senso che il divieto di riconoscimento degli interessi moratori commerciali operi solamente a decorrere dalla sentenza dichiarativa del fallimento. In sostanza, anche qualora sia intervenuto il fallimento o altra procedura concorsuale, per il periodo antecedente l’apertura della procedura concorsuale, trovano applicazione i tassi di interesse di cui alle disposizioni del D.Lgs. n. 231 del 2002.
La decisione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8979 depositata il 05/05/2016, ha accolto il ricorso proposto e, con esso, un’interpretazione della norma ex art. 1 D.Lgs. n. 231/2002 per cui il divieto di riconoscimento degli interessi maggiorati del tasso di legge previsto, decorre solamente dalla declaratoria di fallimento, lasciando invece impregiudicato il diritto del creditore di vedersi riconosciuti gli interessi di mora commerciali già maturati antecedentemente all’accertata insolvenza del debitore. Tali interessi, pertanto, si produrranno automaticamente e senza necessità di messa in mora, trovando applicazione le norme di cui al D.Lgs. n. 231/2002.
I Giudici di legittimità hanno richiamato il fatto che una diversa interpretazione della norma si porrebbe in contrasto con il principio di effettività del diritto comunitario. Difatti, la disciplina dei crediti nati da “transazioni commerciali” tra imprese gode di uno statuto speciale dettato dal diritto comunitario e che non può essere oggetto di interpretazione abroganti da parte dei giudici nazionali.
Il provvedimento del Tribunale di Genova veniva quindi cassato con rinvio al medesimo Tribunale in diversa composizione, che dovrà attenersi al principio di diritto statuito dalla Corte.
Il commento
L’ordinanza in commento, seppur nella sua brevità, potrà assumere una portata dirompente nell’ambito delle procedure concorsuali, dal momento che i giudici di legittimità[2] si sono pronunciati in senso contrario rispetto alla interpretazione fornita sino ad ora da parte della giurisprudenza maggioritaria delle corti di merito [3].
Il Tribunale di Treviso ha già inviato ai curatori, commissari e liquidatori giudiziali un formale invito ad uniformarsi al nuovo principio di diritto con comunicazione del 31.05.2016 [4].
Con riguardo alla questione controversa, questa ha riguardato la corretta interpretazione e la conseguente applicazione del disposto di cui all’art. 1 D.Lgs. n. 231/2002.
Come è noto, la disciplina in materia di interessi moratori relativi ai rapporti creditorii derivanti dalle cd. transazioni commerciali costituisce una disciplina speciale rispetto alle regole generali previste nel codice civile, derogando rispetto a quest’ultima con riguardo alla necessità di messa in mora, al decorso degli interessi ed al loro tasso. In particolare, l’art. 4 comma 1 D.Lgs. n. 231/2002 prevede la decorrenza degli interessi di mora commerciali sin dal giorno successivo alla scadenza dell’obbligazione e senza obbligo di preventiva messa in mora da parte del creditore, decorrendo gli stessi ipso iure. Inoltre, vantaggio non di poco momento in periodi in cui il tasso legale registra indici al minimo storico, il tasso di interesse ex art. 5 D.Lgs. n. 231/2002 risulta significativamente maggiorato[5].
L’obiettivo della normativa in oggetto è quello, da un lato, di disincentivare pratiche scorrette di sistematico ritardo nel pagamento delle transazioni commerciali tra imprese e, dall’altro, di compensare (grazie al tasso di interesse maggiorato) gli eventuali costi ed interessi passivi che il creditore debba sostenere per il ricorso ad apertura di linee di credito per poter fare fronte alla mancanza di liquidità dovuta al ritardo nella riscossione dei propri crediti.
Il decreto legislativo citato è stato adottato in attuazione di una specifica direttiva comunitaria (Direttiva 2000/35/CE).
Una delle questioni interpretative poste dalla nuova normativa è stata la corretta interpretazione del disposto di cui all’art. 1 comma 2 lett. a). In specie, i dubbi hanno riguardato l’ammissione al passivo della procedura di interessi relativi al periodo antecedente la dichiarazione di insolvenza del debitore, ciò posto che successivamente la normativa fallimentare prevede la sospensione della maturazione degli interessi ex art. 55 l.fall.
Sul punto si sono fronteggiate due diverse opinioni.
La tesi restrittiva e negativa
Secondo una prima tesi [6], l’interpretazione letterale della norma non lascerebbe adito ad alcun dubbio: in ipotesi di debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, la disciplina speciale del decreto legislativo non si applica, con la conseguenza del ritorno alle regole generali sia in termini di decorso che di tasso di interesse. Tale tesi nega in modo assoluto il riconoscimento di interessi moratori commerciali, ricomprendendo nel divieto di riconoscimento anche quelli attinenti al periodo precedente la dichiarazione del fallimento e/o l’apertura della procedura concorsuale.
In sostanza, a fronte del fallimento del debitore viene negato al creditore il diritto a poter beneficiare della disciplina speciale e, soprattutto, del tasso di interessi maggiorato, vedendosi riconosciuti (solo per il periodo antecedente all’aperura della procedura) interessi unicamente nella misura legale ex art. 1284 c.c.
Questa opinione era stata seguita dalla giurisprudenza di merito, che in plurime occasioni aveva ribadito l’esclusione dalla ammissione al passivo per la parte di interessi calcolata secondo le regole speciali.
In alcune pronunce, i giudici di merito avevano considerato ammissibili al passivo gli interessi calcolati secondo il decreto legislativo citato solamente laddove questi fossero stati oggetto di liquidazione con titolo giudiziale passato in giudicato. In sostanza, la cristallizzazione degli interessi nella misura del tasso di mora commerciale nel provvedimento giudiziale, divenuto cosa giudicata, non veniva rimessa in discussione in sede di ammissione al passivo, sulla base del richiamo ai principi in tema di giudicato.
In particolare, il Tribunale di Pescara, con decreto del 10.02.2009[7], ha negato riconoscimento agli interessi moratori ex D.Lgs. n. 231/2002 maturati sino alla declaratoria di fallimento, salvo che gli stessi non siano stati già liquidati con titolo giudiziario passato in giudicato.
Egualmente si è pronunciato il Tribunale di Mantova sez. II con il decreto del 13.05.2014 [8] per cui “La previsione dell’art. 1 del D.Lgs. n. 231/2002 …(omissis) deve essere interpretata nel senso che deve escludersi in sede fallimentare il debito per interessi di mora al tasso cosiddetto commerciale, potendo quindi il creditore essere ammesso al passivo del fallimento per gli interessi sui crediti commerciali scaduti anteriormente alla dichiarazione di fallimento solo nei limiti del tasso legale di cui all’art. 1284 c.c., fatta salva ovviamente l’ipotesi in cui la debenza di detti interessi sia affermata da un titolo giudiziale passato in giudicato”.
Tuttavia, neppure sulla salvezza degli interessi moratori commerciali riconosciuti con provvedimento passato in giudicato, la giurisprudenza di merito si è dimostrata sempre concorde, potendo rinvenirsi sia pronunce favorevoli al riconoscimento dei tassi maggiorati in caso di giudicato, che pronunce invece contrarie, per cui il divieto di riconoscimento degli interessi moratori commerciali in caso di apertura di procedura concorsuale opera sempre e comunque e nonostante eventuali precedenti titoli giudiziali di liquidazione passati in giudicato.
A tale proposito si richiama il decreto del Tribunale di Vicenza, sez. I e fall. del 28.11.2013 [9], per cui il giudicato formatosi prima della dichiarazione di fallimento tra il creditore ed il fallito, con cui è stata riconosciuta a favore del creditore la liquidazione degli interessi di mora commerciali, non sarebbe opponibile al curatore, terzo rispetto al giudicato stesso. Il Tribunale di Vicenza ha dichiarato di aderire all’orientamento che nega riconoscimento agli interessi moratori commerciali, sia per il periodo antecedente che successivo alla apertura della procedura concorsuale, prevedendo invece che gli interessi siano regolati unicamente dalla disciplina di cui agli artt. 54 e 55 l.fall. posto che la materia concorsuale ha rilevanza pubblicistica. Il debito muterebbe natura e verrebbe meno qualsivoglia applicazione della normativa in tema di transazioni commerciali.
Al contempo, sempre secondo il Tribunale di Vicenza, l’esclusione della operatività del D.Lgs. n. 231/2002 non sarebbe neppure toccata dall’intervenuto passaggio in giudicato di un titolo che riconosca gli interessi secondo il tasso di mora commerciale.
Il giudicato, infatti, potendo esplicare i propri effetti solo nei confronti di parti, eredi ed aventi causa, non sarebbe opponibile al curatore fallimentare, da considerarsi nella fase di accertamento del passivo quale terzo rispetto al fallito. Il creditore munito di un titolo passato in giudicato, che abbia accertato il suo diritto alla corresponsione di interessi moratori commerciali, secondo tale tesi, vedrebbe comunque frustrato il proprio diritto a seguito della apertura della procedura, potendo al massimo fare valere il giudicato o nei confronti del fallito (eventualmente tornato in bonis) oppure nei confronti di eventuali fideiussori e garanti.
Le conseguenze economiche di tale interpretazione della normativa in oggetto risultano particolarmente gravi per il creditore, il quale in caso di procedura concorsuale del debitore rischia di vedersi decurtato l’importo dovuto a titolo di interessi moratori commerciali, dovendosi accontentare dei ben più esigui interessi legali.
La tesi positiva
Una seconda tesi [10], invece, aveva interpretato la norma in oggetto valorizzando il dato temporale e distinguendo il periodo antecedente da quello successivo alla apertura della procedura concorsuale. Nel primo caso, non sarebbe affatto possibile ritenere esclusa l’applicazione della disciplina degli interessi di mora commerciali, mentre, nel secondo caso, per il periodo successivo alla apertura della procedura, non vi sarebbero dubbi: gli interessi non sarebbero dovuti.
Secondo i fautori di tale interpretazione, questa sola risponderebbe alle finalità prefissate dal legislatore comunitario con la Direttiva 2000/35/CE, ossia la lotta ai ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali nell’ottica del buon funzionamento del mercato interno comunitario.
Il Tribunale di Milano, con decreto n. 833 del 21.01.2008, in adesione a tale opinione, ha affermato che il divieto di applicazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 231/2002 “ai debiti oggetto di procedura concorsuale aperte a carico del debitore”, vada inteso come riferito unicamente al periodo successivo alla apertura della procedura concorsuale. “Viceversa, prima della dichiarazione di fallimento, le obbligazioni contratte dal debitore producono, ai sensi dell’art. 4 del citato decreto, interessi moratori automaticamente, senza necessità di formale messa in mora, dal primo giorno successivo al mancato pagamento”.
Con più recente pronuncia, il Tribunale di Milano ha statuito che “la sopravvenuta dichiarazione di fallimento non può incidere su un diritto ormai acquisito” e tale diritto acquisito è proprio quello diretto ad ottenere “oltre che il pagamento del capitale, anche degli accessori maturati tra il momento della scadenza dell’obbligazione ed il fallimento” (vedasi Tribunale di Milano, sez. II, n. 10419 del 26/08/2014).
L’intervento della Corte di Cassazione e conclusioni
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in questione, è intervenuta nel dibattito in essere tra la giurisprudenza di merito aderendo alla tesi meno restrittiva, favorevole al riconoscimento degli interessi moratori commerciali per il periodo antecedente alla dichiarazione di apertura della procedura concorsuale per il debitore, così limitando il divieto di applicazione della disciplina di cui al D.Lgs. 231/2002 solamente al periodo successivo a tale declaratoria.
Per gli ermellini, una diversa interpretazione, comporterebbe una abrogazione della normativa comunitaria, contraria al principio di effettività del diritto comunitario.
Da ciò consegue, per la Corte di Cassazione, che gli interessi moratori commerciali debbano essere riconosciuti per il periodo precedente l’apertura della procedura concorsuale del debitore e, qualora manchi una sentenza passata in giudicato che abbai accertato il credito maturato a tale titolo, spetterà al giudice delegato ai fallimenti compiere detto accertamento in sede di ammissione al passivo del credito, secondo le regole stabilite dalla legge speciale, attuativa della direttiva comunitaria citata.
Il principio di diritto così statuito è chiaro e si ritiene che i curatori, liquidatori e i giudici delegati vi si atterranno nell’avvenire.
Se questa è la corretta interpretazione ed applicazione della norma di origine comunitaria, permane tuttavia, nell’operatore del diritto il dubbio che il divieto di cui all’art. 1 del D.Lgs. N. 231/2002 fosse superfluo, stante la regola generale in tema di interessi di cui agli artt. 54 e 55 l.fall, che già statuiscono la sospensione del decorso degli interessi in fase post fallimentare.
Ci si è chiesti, quindi, il motivo per cui il legislatore abbia sentito l’esigenza di prevedere anche nella disciplina speciale il divieto in questione.
Si ritiene che si sia trattato della volontà di ribadire una regola generale anche all’interno della disciplina speciale, volta ad evitare dubbi in merito e che, nel rapporto tra regola generale di sospensione degli interessi ed eventuale silenzio in tema di procedure concorsuali nella disciplina speciale, l’interprete fosse indotto a ritenere non applicabile la regola generale della sospensione in ipotesi di crediti da transazione commerciale.
Altra ipotesi [11] è che si sia guardato, non tanto ai crediti chirografari, ma piuttosto agli interessi relativi ai crediti privilegiati, per cui la regola generale ne riconosce la decorrenza anche successivamente alla apertura della procedura. In sostanza, in assenza del divieto previsto nella disciplina speciale, per i crediti privilegiati sarebbe stato possibile ritenere applicabile la disciplina del D.Lgs. n. 231/2002, con il relativo tasso di interesse maggiorato anche per il periodo post apertura della procedura concorsuale.
Invece, in presenza del disposto di cui all’art. 1 cit., nell’opera di coordinamento tra disciplina speciale e generale, si può ritenere che per i crediti privilegiati derivanti da transazioni commerciali continuino a decorrere gli interessi, secondo quanto previsto dalla regola generale degli artt. 54 e 55 comma 3 l.fall., tuttavia questi saranno calcolati secondo il tasso legale ordinario e non secondo i tassi di cui al D.Lgs. n. 231/2002.
L’inciso per cui le disposizioni del D.Lgs. n 231/2002 non trovano applicazione per i debiti oggetto di procedure aperte a carico del debitore, può quindi oggi essere interpretato nel seguente modo per gli interessi relativi a crediti da transazioni commerciali:
a) Sino alla apertura della procedura concorsuale gli interessi vanno calcolati secondo il tasso previsto dal D.Lgs. n.231/2002 e sono riconosciuti al creditore indipendentemente dal fatto che sia già intervenuto un titolo passato in giudicato.
b) Successivamente alla apertura della procedura concorsuale si deve distinguere: i) se relativi a crediti chirografari opera la sospensione del loro decorso ex art. 54 e 55 l.fall; ii) se relativi a crediti privilegiati questi continueranno a decorrere, ma verranno calcolati non secondo la disciplina speciale ex D.Lgs. 231/2002, bensì secondo il combinato disposto di cui agli artt. 54 e 55 comma 3 l.fall.
[1] L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 8979 del 05.05.2016 è pubblicata nella rivista on line Fallimenti e Società.it al seguente link http://www.fallimentiesocieta.it/content/fallimento-riconoscimento-degli-interessi-moratori-ex-l-2312002-produzione-automatica-di.
[2] Vedasi l’ordinanza in commento, Cass. Civ. n. 8979/2016, cit.
[3] Vedasi Trib. Pescara, decreto 10.02.2009 in Fallimento, 2009,6,741; Tribunale Mantova, decreto 13.05.2014 in rivista on line Il caso.it, 2015 e Tribunale Vicenza, decreto 28.11.2013 – dep. 03.12.2013 in rivista on line Fallimenti e Società.it
[4] http://www.tribunale.treviso.giustizia.it/doc/sovraindebitamento/Nota%20Presidente%20II%20civile%20su%20interessi%20moratori.pdf
[5] M. Sinisi – F. Troncone, Gli interessi e la rivalutazione monetaria, cap. VI, p. 197 e segg., ed. Giuffrè.
[6] Vedasi U. Apice – S. Mancinelli, Il fallimento e gli altri procedimenti di composizione della crisi, Cap. V, pag. 125, Giapichelli, ed. 2012; M. Sinisi – F. Troncone, cit. Cap. X, p. 406 e segg.
[7] Trib. Pescara 10.02.2009, cit
[8] Trib. Mantova 13.05.2014, cit
[9] Tribunale Vicenza, decreto 28.11.2013 – dep. 03.12.2013, cit.
[10] Vedasi anche Bartolomeo Quatraro, Istruzioni comportamentali per l’accertamento dello stato passivo indirizzate ai creditori concorsuali ed ai curatori, Milano 21.04.2007 al seguente link https://www.tribunale.milano.it/documenti/Modulistica_Sezione_Fallimentare/RIFORMA_FALLIMENTARE/Istruzioni_Accertamento_passivo_rid2.pdf
[11] Vedasi anche L.Beretta, Ammissione al passivo fallimentare: credito privilegiato e interessi ex D.Lgs.n. 231/2002, in rivista on line www.altalex.it articolo del 12/11/2013