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Giurisprudenza

Amministratore di fatto sempre responsabile della tenuta delle scritture contabili

24 Marzo 2021

Enrico Pezzi, dottore di ricerca in Studi Giuridici Comparati ed Europei, curriculum di diritto e procedura penale e filosofia del diritto, Università di Trento

Cassazione Penale, Sez. V, 30 novembre 2020, n. 36870 – Pres. Palla, Rel. Romano

Di cosa si parla in questo articolo

La Cassazione ribadisce il proprio consolidato orientamento in tema di estensione delle qualifiche soggettive ex art. 2639 c.c., secondo cui “l’amministratore di fatto della società fallita è da ritenere gravato dall’intera gamma dei doveri cui è soggetto l’amministratore di diritto, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili”.

Pertanto, tale assunto vale anche nel caso in cui la contabilità sia affidata ad un commercialista, dal momento che secondo orientamento costante, desunto dal combinato disposto degli artt. 2214 e 2241 c.c., l’imprenditore è obbligato personalmente alla tenuta dei libri e delle scritture contabili. In ossequio a questo principio, egli non va esente da responsabilità per bancarotta documentale per il solo fatto di aver affidato ad un professionista le operazioni contabili, dovendosi presumere, con presunzione iuris tantum, che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni ed i documenti forniti dall’imprenditore stesso.

Inoltre, sempre in applicazione della regola sancita dall’art. 2639 c.c., l’amministratore di fatto può rispondere delle fattispecie di cui agli art. 217, c. 1 n. 4 e 224 L.Fall., nell’ipotesi in cui, pur non essendo egli legittimato a presentare istanza di fallimento, non si attivi affinché quest’ultima venga presentata dall’amministratore di diritto, ovvero dal Pubblico Ministero, legittimato ai sensi dell’art. 6 L.Fall. (Per approfondimenti in tema di amministrazione di fatto, A. Rossi, I criteri per l’individuazione dei soggetti responsabili nell’ambito delle società: l’estensione delle qualifiche soggettive, in A. Rossi (a cura di) Reati tributari, Torino, 2005, 82; Palladino, L’amministratore di fatto tra reati fallimentari e reati societari, in Cass. Pen., 2005, 3088).

Infine, gli ermellini si soffermano sul dolo richiesto per l’integrazione della fattispecie prevista dall’art. 216, c. 1, n. 2 l.fall, evidenziando che il delitto di bancarotta fraudolenta documentale è integrato dal dolo generico, consistente nella consapevolezza che una confusa tenuta delle scritture contabili può rendere impossibile ricostruire le vicende patrimoniali e finanziarie della società, con l’effetto, in ultima istanza, di pregiudicare i creditori sociali. A sostegno di tale assunto, la pronuncia evidenzia che la locuzione “in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”, prevista dalla fattispecie, attiene all’elemento oggettivo della fattispecie e non invece a quello soggettivo, dovendosi pertanto escludere che essa valga a configurare una ipotesi di dolo specifico (Cass., Sez. V, 22 novembre 2013, n. 5237; Cass. Sez. V, 25 marzo 2010, n. 21872; Cass., Sez. V, 11 maggio 2015, n. 22109).

 

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