Nell’ambito del procedimento volto all’applicazione della misura di prevenzione della confisca, la Corte di Cassazione, in conformità con il proprio precedente orientamento (Cass. Sez. V, n. 24663 del 06/04/2018; Sez. I, n. 42718 del 13/09/2019), afferma la necessità di distinguere nettamente la figura del coadiutore dell’amministratore giudiziario da quella dell’amministratore sociale da quest’ultimo designato.
I giudici sottolineano preliminarmente che l’intero sistema normativo dell’amministrazione giudiziaria dei beni sequestrati risulta fondato sulla figura principale dell’amministratore giudiziario, al quale è attribuito il potere di gestione e di rappresentanza in relazione ai beni oggetto della misura di prevenzione, dalla cui disponibilità il proprietario viene infatti escluso.
Tuttavia, i poteri di amministrazione diretta ordinariamente riconosciuti all’amministratore giudiziario trovano un limite ove i beni suddetti consistano in quote di capitale sociale, ipotesi nella quale, infatti, «deve continuare a operare l’organo amministrativo della persona giuridica, secondo le disposizioni di legge e dello statuto, in funzione della stessa continuità dell’attività che deve mantenersi». In questo caso, l’amministratore giudiziario, nell’esercizio dei poteri inerenti alla titolarità di tali quote ed «ai fini della gestione dinamica dell’attività sociale», deve pertanto necessariamente designare, previa autorizzazione del giudice delegato, un organo amministrativo della società per lo svolgimento delle relative funzioni.
Il soggetto così designato si distingue perciò nettamente dal coadiutore dell’amministratore giudiziario, il quale svolge infatti un incarico di «diretto ausilio dell’amministrazione giudiziaria in ragione di necessità inerenti alla sola attività dell’amministratore giudiziario, di modo che altrimenti tale incarico non sarebbe richiesto».
La distinzione tra le due figure comporta rilevanti conseguenze anche nell’ipotesi di revoca del sequestro, in relazione alla quale l’art. 2-octies L. n. 575/1965 prevede il rimborso alla società delle spese sostenute anche per la remunerazione del coadiutore dell’amministratore giudiziario. Secondo il ragionamento della Corte, tale previsione non può trovare applicazione con riferimento agli amministratori della società, non essendo l’attività di questi ultimi direttamente attinente «all’amministrazione giudiziaria in sé, ma all’operatività della società, sicché i costi delle remunerazioni di tali figure, così come già in precedenza quelli di ogni altro organo sociale, non possono che rientrare nella categoria delle spese di esercizio della società della quale consentono lo svolgimento dell’attività. Si ha cioè una necessità e utilità, ai fini della particolare gestione sociale, che diversifica tali spese da quelle per la remunerazione del coadiutore dell’amministratore giudiziario».