Con la sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’ammissibilità della presunzione di attribuzione di utili extracontabili ai soci di società a ristretta base partecipativa.
A tal riguardo, la Suprema Corte ricorda in primis il principio – già consolidato nella giurisprudenza – secondo il quale, in materia di imposte sui redditi, è legittima la presunzione di distribuzione pro quota ai soci di utili extracontabili accertati nei confronti di una società di capitali avente una ristretta base sociale.
Tale affermazione, secondo gli Ermellini, non risulta essere in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, posto che il fatto noto non è rappresentato dalla consistenza dei maggiori redditi societari ma “dalla ristrettezza dell’assetto societario, la quale implica, normalmente, un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, nonché un elevato grado, da parte loro, di compartecipazione e di conoscenza degli affari sociali”
Ad ogni modo, la Corte mantiene invariata la facoltà in capo al socio di provare che “i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società o da essa reinvestiti”.
Si tratta di un principio di diritto del tutto condivisibile alla luce delle disposizioni normative coinvolte nonché del vincolo di solidarietà e di controllo dei soci nella gestione di quelle società che presentano un ristretto assetto partecipativo.