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Attualità

L’ammodernamento del Regolamento dell’AGCM in materia di conflitti di interessi: bene, ma non benissimo

17 Giugno 2016

Carlo Edoardo Cazzato, Lipani Catricalà & Partners

Di cosa si parla in questo articolo

Con provvedimento del 18 maggio u.s., l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha apportato alcune modifiche al proprio “Regolamento sul conflitto di interessi”, approvato con delibera 16 novembre 2004, all’indomani dell’attribuzione all’Autorità delle competenze di cui alla Legge 20 luglio 2004, n. 215, recante “Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi” (cfr. contenuti correlati).

Le modifiche seguono la conclusione di una consultazione pubblica, avviata nel gennaio scorso, al fine di sottoporre al mercato proposte di novella ritenute idonee a “rendere ancora più efficace, sotto il profilo procedurale, l’attività che è chiamata a esercitare in materia di conflitto di interessi, nonché [a] soddisfare determinati obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione degli atti adottati”. La consultazione in questione non ha avuto, invero, il riscontro sperato, tant’è che l’Autorità ha dovuto registrare il sostanziale insuccesso di uno strumento che in altre occasione aveva permesso l’adozione di procedure condivise e condivisibili. Un’occasione sprecata, in definitiva, e non dall’Autorità.

In tale contesto, in assenza di contributi, l’AGCM ha adottato le modifiche proposte. La maggior parte delle stesse afferisce al solo tema della pubblicità delle decisioni dell’Autorità e va considerata certamente utile. In tal senso, in particolare, depongono l’introduzione del co. 3 dell’art. 9, che nei casi di c.d. incompatibilità post carica (art. 2, co. 4, II periodo, della Legge n. 215/2004) dispone che l’AGCM dia comunicazione dell’esito del procedimento all’interessato, all’eventuale segnalante, nonché all’ente di diritto pubblico o alla società presso cui l’interessato ricopre la posizione oggetto di istruttoria, nonché la nuova formulazione degli artt. 22 e 23, che, oltre a permettere all’Autorità di avvalersi di strumenti di notifica più rapidi (i.e. PEC), disciplinano il regime di pubblicità dei provvedimenti con cui l’AGCM avvia e conclude i procedimenti in questione.

La modifica che però appare di maggior interesse e di sicuro impatto è quella di cui all’art. 14, co. 3, del Regolamento, che “riscrive” il delicato passaggio dalla fase istruttoria alla fase decisoria del procedimento.

Come noto, la norma considerata nella sua formulazione originale prevedeva che “Il collegio, allorché ritenga sufficientemente istruita la pratica, autorizza il responsabile del procedimento a comunicare agli interessati la data di conclusione degli accertamenti e ad indicare loro un termine, non inferiore a dieci giorni, entro cui gli stessi possono presentare memorie conclusive o documenti”. La disposizione a seguito della novella prevede invece che “Il collegio, verificata la non manifesta infondatezza delle proposte formulate dagli uffici in relazione agli elementi probatori acquisiti, autorizza l’invio agli interessati della comunicazione delle risultanze istruttorie e della data di chiusura dell’istruttoria, con indicazione di un termine, non inferiore a dieci giorni, entro cui gli stessi possono presentare memorie scritte e documenti”.

La volontà dell’Autorità sembra essere stata quella di far sì che il Collegio non sia più chiamato a ritenere “sufficientemente istruita la pratica” portata avanti dalla Direzione inquirente, ma solo a verificare “la non manifesta infondatezza delle proposte formulate dagli uffici in relazione agli elementi probatori acquisiti”. Si tratta di una formulazione maggiormente rispondente ai canoni del giusto procedimento, che deve pertanto essere salutata positivamente.

La precedente formulazione, infatti, sembrava in contrasto con il principio di separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie, nonché con quello di terzietà dell’organo giudicante, posti dalle norme nazionali (artt. 24, 97 e 111 Cost.), comunitarie (artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) ed europee (art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo). Principi ribaditi a più riprese anche dal Giudice Amministrativo (cfr., ex pluribus, CdS, Sez. VI, 26 marzo 2015, n. 1595, secondo cui la separazione tra funzioni istruttorie e funzione decisoria operata dal regolamento sanzionatorio della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa è “[…] di carattere meramente funzionale, e non è tale, pertanto, da assicurare la c.d. imparzialità oggettiva, ovvero che il soggetto che decide sulla sanzione sia diverso, da un punto di vista strutturale e organizzativo, da quello che svolge l’istruttoria”).

Su tali assunti, è allora evidente come la precedente formulazione dell’art. 14, co. 3, del Regolamento rischiasse di compromettere l’imparzialità del Collegio giudicante, in quanto chiamato, prima di decidere l’esito del procedimento, alla preventiva condivisione delle conclusioni rassegnate dalla Direzione inquirente nella Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (c.d. CRI).

In tali termini, il Regolamento differiva radicalmente rispetto a quanto previsto dai regolamenti in materia di illeciti antitrust. Ai sensi dell’art. 14, co. 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217, recante “Regolamento in materia di procedure istruttorie di competenza dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato”, infatti, “Il collegio, verificata la non manifesta infondatezza delle proposte formulate dagli uffici in relazione agli elementi probatori acquisiti, autorizza l'invio della comunicazione delle risultanze istruttorie alle imprese”. La differenza era netta: se nel caso dei procedimenti per presunti abusi o intese, il relativo regolamento prevede che la Direzione trasmetta la CRI dopo che il Collegio chiamato a giudicare abbia soltanto verificato che l’organo inquirente non sia incorso in macroscopici sviamenti dell’azione amministrativa, nel caso del Regolamento sul conflitto di interessi la trasmissione della CRI era subordinata alla circostanza che l’organo giudicante avesse già avallato e fatte proprie le conclusioni versate nella CRI dalla Direzione.

Su tali premesse l’art. 14, co. 3, del Regolamento può essere considerato un significativo passo avanti nelle garanzie procedurali dell’AGCM in materia di conflitto di interessi.

Si poteva tuttavia fare di più. Ad esempio, sarebbe stato possibile cogliere l’occasione per introdurre anche quella interlocuzione tra il Collegio dell’Autorità, quale organo giudicante, e parte investigata, che è presente in altri regolamenti dell’AGCM (i.e. antitrust) e che non è mai stata prevista nel Regolamento sul conflitto di interessi. Detta previsione, ritenuta espressione dei più generali principi del contraddittorio e del diritto alla difesa, avrebbe garantito un drastico rafforzamento delle tutele apprestate dall’Autorità e quindi un deciso passo in avanti verso il giusto procedimento.

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