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Approfondimenti

Ampliamento delle fonti di finanziamento per le PMI e Minibond nel Piano Destinazione Italia

3 Dicembre 2013

Cristiano Tommasi, Annalisa Dentoni-Litta e Francesco Bonichi, Allen & Overy

Di cosa si parla in questo articolo

Nell’ambito del documento approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 19 settembre in relazione al cosiddetto Piano Destinazione Italia può risultare interessante approfondire quanto indicato alla Misura N. 18 in tema di ampliamento delle fonti di finanziamento per le piccole e medie imprese e in tema di cosiddetti “Minibond” ossia di prestiti obbligazionari emessi da parte di società non aventi le proprie azioni quotate su mercati regolamentati.

Il Governo, nella citata Misura 18, rileva che a seguito delle modifiche normative introdotte nell’ambito dell’articolo 32 del decreto legge n 83 del 22 giungo 2012, come successivamente poi modificato dall’articolo 36 del decreto legge n. 179 del 18 ottobre 2012 (congiuntamente indicati anche come Decreto Sviluppo), sono stati eliminati alcune vincoli di natura sia civilistica che fiscale alla possibilità per le società non quotate di ricorrere con maggiore efficienza al mercato dei capitali tramite emissioni obbligazionarie mirate a costituire una alternativa al finanziamento alle imprese da parte delle banche che nel corso degli ultimi anni, anche quale effetto collaterale della crisi che ha colpito i mercati e l’economia in generale, ha subito una significativa contrazione.

Nel constatare che la riforma ha già prodotto effetti significativi con l’emissione da parte di varie imprese italiane di prestiti obbligazionari per un valore complessivo di circa 5 miliardi di euro, il Governo sembra interessato ad estendere gli effetti di quanto già contenuto al riguardo nell’ambito del Decreto Sviluppo suggerendo di espandere gli interventi di liberalizzazione al fine di facilitare ulteriormente l’accessibilità al mercato di capitali ad un più ampio novero di società italiane (con particolare attenzione alle piccole medie imprese) e con la finalità di raggiungere una più ampia platea di investitori istituzionali interessati a sostenere questo tipo di emittenti caratteristici del tessuto economico italiano.

Può essere utile riassumere quanto previsto dal Decreto Sviluppo, che, in particolare, ha modificato la disciplina codicistica relativa ai limiti quantitativi all’emissione di obbligazioni da parte delle società non quotate, nonché introdotto un trattamento fiscale più favorevole, in parte già applicato alle obbligazioni delle società quotate ed agli emittenti bancari.

Il regime introdotto dal Decreto Sviluppo si applica alle società non quotate, diverse dalle banche e dalle micro imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea, del 6 maggio 2003. Sono dunque ricomprese nel nuovo regime agevolativo le obbligazioni emesse dalle imprese non quotate, ivi incluse le piccole e medie imprese (PMI). Sono invece escluse le banche e le micro imprese che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di Euro.

Alla luce dell’ambito soggettivo di applicazione della nuova normativa, si nota pertanto come il termine “minibond”, come generalmente utilizzato dai media, sia sostanzialmente riduttivo rispetto alla portata della norma che invece appare mirata, più in generale, ad equiparare le condizioni di accesso al mercato dei capitali anche internazionale (al soddisfacimento di determinate condizioni) a tutte le società per azioni indipendentemente dalla circostanza che siano quotate o meno su un mercato regolamentato.

Da un punto di vista civilistico una delle principali novità introdotte dal Decreto Sviluppo riguarda la disciplina prevista dall’articolo 2412 del codice civile in materia di limiti quantitativi all’emissione di obbligazioni da parte di società per azioni. Ai sensi del primo comma di tale articolo, le società possono emettere obbligazioni per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Tuttavia, in base al secondo comma del medesimo articolo, il limite sopra indicato può essere superato ove le obbligazioni emesse in eccedenza rispetto a detto importo complessivo siano destinate ad investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali, fermo restando che, in caso di successiva circolazione delle obbligazioni, il soggetto che le trasferisce risponde della solvenza della società emittente nei confronti dei successivi acquirenti che non siano investitori professionali.

Nella previgente disciplina i limiti previsti dal primo e dal secondo comma dell’articolo 2412 del codice civile, sopra richiamati, non trovavano applicazione in relazione all’emissione di obbligazioni effettuata da società con azioni quotate in mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati. Adesso, con le modifiche apportate dal Decreto Sviluppo, tale deroga è stata estesa a:

(a) emissioni obbligazionarie destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, ovvero

(b) titoli obbligazionari che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni.

Pertanto, alla luce della nuova disciplina, il limite quantitativo sopra descritto non trova applicazione né alle società con azioni quotate né alle società con azioni non quotate, a condizione che le obbligazioni emesse siano destinate alla quotazione in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, ovvero conferiscano il diritto di acquisire o di sottoscrivere azioni. Tale innovazione normativa ha pertanto permesso di eliminare una limitazione che per lungo tempo aveva ostacolato il ricorso al mercato dei capitali da parte di società con capitalizzazione relativamente bassa a prescindere poi dal reale ed effettivo potenziale di attrarre investitori.

La normativa introdotta con il Decreto Sviluppo ha spostato il focus dalla quotazione delle azioni della società alla quotazione su mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione delle obbligazioni stesse, a dimostrazione che i presidi informativi previsti da tali mercati in congiunzione con le direttive comunitarie applicabili, dovrebbero garantire un minore rischio rispetto alle situazioni verificatesi in passato. A supporto di questo si sono infatti anche sviluppati interessanti mercati di negoziazione quali Extra MOT Pro recentemente organizzato e gestito da Borsa Italiana (così come anche altri analoghi in altre piazze europee) e che specificamente sembrano rivolgersi a questo tipo di prodotto finanziario e di emittente.

Sicuramente il Decreto Sviluppo ha rimosso alcuni gravosi vincoli contenuti nella normativa fiscale previgente che confermavano il maggior favore del legislatore nell’indirizzare il risparmio e la raccolta dei capitali solo verso emittenti quotati circostanza che aveva di fatto impedito alle società per azioni non quotate di emettere obbligazioni se non in casi eccezionali.

In questo contesto, il Decreto Sviluppo ha sostanzialmente equiparato il regime fiscale applicabile alle obbligazioni emesse da società per azioni non quotate a quello, più favorevole, previsto per le banche e le società quotate a condizione che dette obbligazioni siano però quotate su un mercato regolamentato o su una piattaforma di negoziazione.

Le due principali modifiche in materia fiscale introdotte dal Decreto Sviluppo, come più volte modificato, possono così riassumersi:

– circa il regime fiscale dell’emittente gli interessi passivi pagati sulle obbligazioni sono integralmente deducibili dal reddito d’impresa così come lo sono per i c.d. “grandi emittenti” è stato cioè eliminato il vincolo di deducibilità nei limiti della quota di interessi pari al tasso ufficiale di riferimento aumentato di un terzo, per i titoli non quotati, e fino al doppio per quelli quotati;

– per quanto concerne il regime fiscale applicabile agli investitori, prima delle modifiche introdotte dal Decreto Sviluppo, queste obbligazioni erano escluse dal circuito di circolazione previsto dal Decreto Legislativo 239/1996, che prevede un’imposta sostitutiva in luogo del regime delle ritenute ex art. 26 del DPR 600/73, con la conseguenza che gli interessi corrisposti su queste obbligazioni di “serie B” scontavano sempre una ritenuta a titolo d’imposta o di acconto senza beneficiare di alcuna esenzione per gli investitori esteri che rappresentano la parte più significativa del mercato dei capitali. La novità introdotta dal Decreto Sviluppo è stata quella di equiparare il regime fiscale d’imposizione per gli investitori ampliando la portata del regime 239/96 anche a queste obbligazioni. La principale novità è il regime di esenzione da ritenute nei confronti degli investitori istituzionali italiani (che quindi non subiranno più alcuna ritenuta) nonché l’esenzione dalla ritenuta del 20% sugli interessi e proventi corrisposti ad investitori esteri residenti in paesi che scambiano informazioni con il fisco italiano e che sono inclusi nella c.d. white-list di cui al DM 4.9.1996.

L’intervento del legislatore ha suscitato un grande interesse dal mercato poiché ha eliminato notevoli vincoli fiscali per le piccole e medie imprese di considerare una forma alternativa di finanziamento diversa dal finanziamento bancario sul mercato domestico (in quanto i finanziamenti direttamente erogati da parte delle banche estere scontano ancora una ritenuta a titolo di imposta del 20%).

Tuttavia, analizzando le esperienze di mercato realizzatesi nel corso dei primi 12 mesi dall’entrata in vigore del Decreto Sviluppo e delle relative norme di “liberalizzazione” si può notare che rimangono alcuni elementi che possono essere ulteriormente migliorati e razionalizzati ad opera del legislatore. In particolare, la distribuzione diretta dei prestiti obbligazionari emessi dalle stesse aziende appare complessa e meno gestibile su ampia scala, vista la dimensione ridotta dei prestiti in questione rispetto alle tradizionali operazioni che si effettuano sui mercati domestici ed internazionali.

Queste istanze appaiono attualmente sotto la lente di ingrandimento del Governo, visto quanto contenuto nella citata Misura 18, che sottolinea la necessità di completare gli interventi di liberalizzazione in questo campo, in modo da estendere al maggior numero di piccole e medie imprese la possibilità di rivolgersi al mercato dei capitali emettendo obbligazioni.

Vengono individuati diversi strumenti che possano facilitare l’accesso al mercato da parte delle PMI. Uno strumento è rappresentato dall’aggregazione di diverse emissioni in un unico portafoglio, e l’uso dello strumento del fondo di investimento dedicato a tali emissioni. A tale proposito, si è recentemente notato un certo numero di fondi di investimento in parte già costituiti ed in parte in fase di finalizzazione e destinati alla raccolta di capitali da parte di investitori interessati al settore delle PMI.

Un altro strumento che potrebbe fornire alle PMI una ulteriore possibilità di accesso al mercato dei capitali, è quello della cartolarizzazione, che nelle intenzioni del Governo potrebbe essere potenziato e semplificato, con appropriate modifiche da apportare alla Legge 130 del 30 aprile 1999 sulla cartolarizzazione dei crediti. In particolare, le prospettate modifiche alla Legge 130 dovrebbero contribuire da un lato a rendere più agevole la sottoscrizione diretta delle emissioni da parte delle società di cartolarizzazione, e dall’altro ad incrementare l’interesse degli investitori, anche esteri, per tali emissioni, attraverso un rafforzamento delle garanzie offerte dallo strumento della cartolarizzazione.

Gli obiettivi individuati dalla Misura 18 potrebbero essere perseguiti in maniera ancor più efficace, con un nuovo intervento che riduca il peso della fiscalità indiretta sulle garanzie a supporto dei finanziamenti e delle emissioni obbligazionarie delle PMI, e che renda opzionale l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti, nei casi in cui tali finanziamenti e le relative garanzie scontassero le imposte indirette in misura proporzionale.

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