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Anatocismo bancario: verso la fine?

1 Marzo 2016

Gianluca Mucciarone, Associato di Diritto dell’economia alla Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative dell’Università Cattolica di Milano

(*) 1. Necessità di un cambiamento.

La disposizione dell’art. 120, comma 2, T.u.b. introdotta dall’art. 25 del d.lgs. n. 342/1999 e la normativa dettata per attuarla dalla delibera del CICR del 9 febbraio 2000 non meritavano di sopravvivere. La possibilità che si pratichi l’anatocismo[1] sostanzialmente senza limiti nei rapporti regolati in conto corrente tra una banca, o altro intermediario finanziario, e un cliente contrasta con il principio di parità di trattamento. La Corte Costituzionale non pare sia riuscita a convincere del contrario[2] ed era prevedibile che, prima o poi, la normativa in discorso – introdotta per troncare il conflitto appena insorto − sarebbe stata cambiata.

Per lo stesso principio di ragionevolezza, tuttavia, non può essere approvata la disposizione dell’art. 1, comma 629, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), che ha sostituito il testo dell’art. 120, comma 2, T.U.B. Meglio, non possono essere accolte né la lettura dominante di tale disposizione secondo cui la norma vieterebbe in termini assoluti l’anatocismo in ambito bancario, né quella, formalmente più equilibrata, secondo cui sarebbe proibito solo di superare, anche in campo bancario, i limiti stabiliti in generale dall’art. 1283 c.c.

Così, lo schema di proposta di delibera al CICR posto in consultazione lo scorso agosto da Banca d’Italia, nonostante l’Autorità dichiari di voler accogliere la lettura dominante, va interpretato, a me sembra, cogliendo l’apertura, che pure vi si offre, ad una sua ricostruzione più coerente con il principio di ragionevolezza: su un punto, in particolare.

2. Il nuovo art. 120, comma 2, e la clausola di silenzio-assenso all’anatocismo bancario.

L’interpretazione più rispettosa del testo del nuovo art. 120, comma 2, T.u.b. e più piana, vi legge la possibilità, in ambito bancario, di un anatocismo anche per patto anteriore e con riguardo a interessi maturati per meno di un semestre: la capitalizzazione degli interessi, però, sarebbe possibile una volta sola[3].

L’interpretazione nettamente prevalente, proibitiva dell’anatocismo bancario senza eccezioni[4], per poter intendere «capitalizzare» come se significasse soltanto «conteggiare», fa leva, principalmente, sulla mens del legislatore storico. Richiamando il principio di parità di trattamento, invece, alcuni Autori riconducono la regola dell’art. 120, comma 2, T.u.b. nell’alveo dell’art. 1283 c.c. e contengono il divieto di anatocismo anche in ambito finanziario nei limiti generali posti dalla norma dell’art. 1283 c.c.[5].

Quello che può essere ricavato dalla Relazione alla proposta di legge è soltanto la volontà di por termine alla prassi in atto, quale permessa dalla delibera del CICR del 2000: una prassi fondata su di un patto anteriore alla scadenza degli interessi anatocistici e consistente in capitalizzazioni infrasemestrali.

Né una volontà di proibizione assoluta dell’anatocismo in campo finanziario è provata dalla mancata conversione in legge dell’art. 31 d.l. n. 91 del 24 giugno 2014, con cui il legislatore era tornato sull’art. 120, comma 2, T.u.b. da poco introdotto: la mancata conversione dell’art. 31 si concilia anche con letture dell’art. 120, comma 2, T.u.b. inserito nel 2013 diverse da quella che vi vede un divieto assoluto di anatocismo bancario.

La lettura del nuovo art. 120, comma 2, che consente, per un dato debito d’interessi insoluto, una sola capitalizzazione, tuttavia, urta anch’essa con il principio di parità di trattamento[6].

Il principio di ragionevolezza, però, non pare esigere che in ambito finanziario sia permesso solo un anatocismo per patto, per così dire, del tutto posteriore alla scadenza[7].

Non può essere del tutto casuale se in Europa l’anatocismo, in campo finanziario, è consentito in spazi più ampi di quelli concessi al fenomeno in generale[8].

Il settore dei soggetti autorizzati ad esercitare il credito nei confronti del pubblico presenta un’esigenza che pare giustificare una deviazione dall’art. 1283 c.c. e ammette un patto di capitalizzazione degli interessi che si formi prima della loro scadenza, purché il cliente possa bloccarne (sospenderne) l’efficacia. E’ in effetti impraticabile per gli intermediari creditizi ricercare un patto posteriore alla scadenza con tutti i clienti che siano in debito degli interessi[9]. L’applicazione dell’art. 1283 c.c. finirebbe dunque col tradursi solo in un innalzamento generalizzato – a livello di singolo ente creditizio o di sistema – del tasso degli interessi corrispettivi e/o di quelli moratori, nella prima alternativa in danno della clientela adempiente.

Sì che non sembra irragionevole ammettere la possibilità di un patto, anteriore alla scadenza degli interessi, che preveda un meccanismo di silenzio-assenso del cliente alla capitalizzazione degli interessi scaduti e non pagati, previa adeguata informativa sulla loro formazione e sul loro ammontare.

L’esigenza di trasparenza del debito e quella di libertà del debitore nella scelta se lasciar capitalizzare gli interessi ovvero esporsi alle conseguenze del loro mancato pagamento, che stanno alla base della regola generale della necessità del patto posteriore[10], sarebbero ugualmente realizzate, pur se in termini un po’ meno rigorosi: ma si semplificherebbe la formazione del patto.

Non è invece sopprimibile neppure in ambito finanziario la regola della necessaria diluzione semestrale della capitalizzazione, ché non si scorge una specificità, nel settore finanziario, che giustificherebbe una deviazione dal requisito in discorso.

Se ciò risulta condivisibile, la disposizione del nuovo art. 120, comma 2, dovrebbe leggersi – in coerenza con il sistemae con buona pace del testo di legge – come se vietasse unicamente l’anatocismo infrasemestrale per patto “del tutto” anteriore: la prassi corrente.

3. La clausola e lo schema di delibera CICR.

La proposta di delibera al CICR, posta in consultazione da Banca d’Italia, enuncia quale regola generale quella del divieto di anatocismo in ambito bancario (art. 3). Nel Documento per la consultazione è precisato, ad ogni buon conto, che si tratta di un divieto assoluto: «diversamente da quanto stabilito dal codice civile» (pag. 4).

Prima, peraltro, lo schema di delibera prevede che «per la produzione degli interessi moratori si applicano le disposizioni del codice civile» (art. 2, comma 3): ma gli interessi sugli interessi scaduti e non pagati (quando portables) non sono forse interessi moratori?[11]

A parte ciò, soprattutto, lo schema di delibera, rivolgendosi solo ai finanziamenti regolati in conto, dopo aver stabilito la regola della esigibilità degli interessi solo se maturati per un anno e dopo che siano trascorsi almeno sessanta giorni dall’estratto conto, lo schema, dicevo, prevede che «decorso [tale] termine […], il cliente può autorizzare l’addebito degli interessi […]. La somma addebitata è considerata sorte capitale» (art. 4).

La somma ­– si noti – diviene capitale per tutta la durata del conto in cui è regolato il finanziamento: alla fine di un anno, risultando impagati gli interessi sugli interessi, genereranno a loro volta interessi, e così via, sino alla chiusura del conto, quando l’anatocismo tornerà non più permesso (art. 4, comma 6). Il divieto assoluto di capitalizzazione, comunque, è infranto[12].

La capitalizzazione durante la vita del conto è possibile solo per consenso del cliente espresso dopo la scadenza? Così ragionando, avremmo comunque una norma che riserva agli enti creditizi un trattamento deteriore rispetto a quello accordato a tutti gli altri creditori, data la raddoppiata frequenza minima di capitalizzazione.

Banca d’Italia giustifica la possibilità di un’autorizzazione del cliente alla capitalizzazione degli interessi perché ciò risponderebbe a suo interesse, che così, in particolare, potrebbe evitare un recesso e una domanda giudiziale di condanna. Ma allora perché non ammettere a favore del cliente un patto anteriore di silenzio-assenso, evitandogli di doversi attivare ex post? Un patto che gli consentirebbe di bloccare l’anatocismo e che – come già osservato – sarebbe coerente con le esigenze sottese al divieto generale di un patto anteriore di anatocismo.

D’altro canto, una simile forma di patto, come pure si è rilevato, si giustifica in ragione delle specificità della della prassi finanziaria, che deve gestire masse di clientela, laddove la regola dell’art. 1283 c.c. ben si attaglia a rapporti di tipo one to one.

Il patto di silenzio-assenso, dunque, non potrebbe considerarsi elusivo del dettato né dell’art. 120 T.u.b. né della fonte secondaria[13].

Tanto accogliendo quanto emarginando il patto di silenzio-assenso dalle possibilità concesse dallo schema di delibera del CICR, restano altri punti di questo schema che andrebbero allineati.

Infranto il divieto assoluto di anatocismo per i finanziamenti in conto – anche solo permettendo un’autorizzazione del tutto successiva −, perché non superarlo anche per gli altri finanziamenti? Perché, ammessa la capitalizzazione degli interessi, anche già capitalizzati, durante la vita del conto, non permetterla, neppure una volta, alla chiusura del conto? E perché ammettere l’anatocismo soltanto annuale, quando a favore dei creditori diversi dagli enti creditizi è possibile di semestre in semestre?

Inoltre, ammessa la possibilità dell’anatocismo, perché nell’ultima versione delle Disposizioni sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi finanziari e bancari si sono tout court abrogate le norme sull’informazione concernente l’anatocismo?[14]

 

(*) L’articolo riprende il testo della relazione tenuta al Convegno organizzato da ADDE su Quali regole per quali mercati?, Milano, 11-12 dicembre 2015, e discussa con il professor Umberto Morera, che vivamente ringrazio.

[1] Se il conto è affidato, l’annotazione degli interessi, finché il saldo è coperto dalla disponibilità, equivale al loro pagamento e dunque «siamo fuori dalla fattispecie […] dell’anatocismo» (P. Ferro-Luzzi, Dell’anatocismo, del conto corrente e di tante cose poco commendevoli, in Riv. dir. priv., 2000, 211; Morera, Anatocismo bancario ed errori di prospettiva: nonostante la cassazione, c’è luce in fondo al tunnel, in Giust. civ., 2005, I, 1841); l’effetto, nondimeno, che così si determina è sostanzialmente il medesimo che si produrrebbe se non si usasse il fido per estinguere il debito d’interessi e questi si capitalizzassero, sì che i due fenomeni vanno trattati allo stesso modo [Mucciarone, Trasparenza bancaria, in Trattato dei contratti. V. Mercati regolati, a cura di Roppo, Milano, 2014, 690, nt. 81].

[2] Per critiche a C. Cost. 12 gennaio 2007, n. 341, in Giur. cost., 2007, 3435, e C. Cost., 4 luglio 2008, n. 254, ivi, 2008, 2962, v., ancora di recente, Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013, 338, nt. 42; Mucciarone,Lavori in corso sugli «oneri economici» nelle operazioni bancarie: verso una nuova trasparenza?, in Banca impr. soc., 2013, 351, nt. 39.

[3] Maimeri, La capitalizzazione degli interessi fra legge di stabilità e decreto sulla competitività, in questa Riv., n. 7/2014, 3 s.; Mucciarone, Trasparenza bancaria, cit., 691. Orientati per la possibilità di una lettura permissiva dell’anatocismo bancario oltre i confini dell’art. 1283 c.c., Morera e Olivieri, Il divieto di capitalizzazione degli interessi bancari nel nuovo art. 120, comma 2, t.u.b., ivi, 2015, I, in Banca borsa tit. cred., 2015, I, 294 ss.

[4] Per il divieto assoluto di anatocismo in ambito bancario: Trib. Milano, 25 marzo 2015, in www.ilcaso.it; Trib. Milano, 5 agosto 2015, in www.dirittobancario.it; Trib. Roma, 20 ottobre 2015, ivi; Trib. Bologna, 8 dicembre 2015, in www.ilcaso.it; Banca d’Italia, Documento per la consultazione, agosto 2015, 4; Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo quanto riferito nel Documento cit.; ABF, Collegio di coordinamento, 8 ottobre 2015, n. 7854; Antonucci, Divieto di anatocismo bancario: conflittualità e regole istituzionali, in Nuova giur. civ. comm., 2015, 10728 ss.; Maffeis, Il nuovo articolo 120 TUB e la proposta di delibera CICR della Banca d’Italia, in questa Riv., 10/2015, 4 s. (ma scettico sull’opportunità della soluzione); Sartori, Prolegomeni in tema di anatocismo: a proposito della proposta di Delibera CICR della Banca d’Italia, ivi, 10/2015, 2.

[5] Per il divieto di anatocismo in ambito bancario solo oltre i limiti dell’art. 1283 c.c., Dolmetta, Sopravvenuta abrogazione del potere bancario di anatocismo, in Banca borsa tit. cred., 2015, I, 276 ss.; Farina, L’immediata operatività del (nuovo) divieto di anatocismo, in Contratti, 2015, 878.

Se si scarta l’interpretazione che proibisce l’anatocismo bancario in termini assoluti, l’idea che la norma si applichi prima dell’integrazione ad opera della fonte secondaria continua a non persuadere (v. già mio Trasparenza bancaria, cit. p. 690), considerato l’art. 161, comma 5°, T.u.b. e la prassi (appunto) del legislatore in materia di diritto transitorio di disposizioni bancarie da integrarsi da fonti secondarie. Non pare infatti per nulla «assurda» l’attesa della fonte secondaria di completamento di una norma nuova per l’abrogazione della norma passata e quindi è ragionevole non restringere la portata della ricordata disposizione dell’art. 161 alle norme vigenti al tempo del T.u.b. sostituite con disposizioni da integrarsi da fonti secondarie (per l’interpretazione dell’art. 161, comma 5, T.u.b. qui riproposta v. ora ABF, Collegio di coordinamento, n. 7854/2015). La proposta di delibera al CICR fissava al 31 dicembre 2015 il termine per l’adeguamento dei contratti in corso.

[6] E se, rispetto al vecchio art. 120, comma 2, la disparità di trattamento a favore degli enti creditizi si ridurrebbe, la non ragionevolezza del diverso trattamento si enfatizzerebbe: perché la capitalizzazione una volta sì e poi non più?

[7] Nel senso che il principio di parità di trattamento esclude che il nuovo art. 120, comma 2, possa vietare, in ambito bancario, l’anatocismo oltre i limiti in cui è permesso dalla norma generale dell’art. 1283 c.c. Farina, L’immediata operatività del (nuovo) divieto di anatocismo, cit., 878. Reputa che una normativa bancaria meno permissiva di quella generale in punto di anatocismo possa essere giustificata «sul piano della protezione della categoria dei clienti e pure nell’insistita ricerca di maggior professionalità delle imprese bancarie» Dolmetta, 12 osservazioni sulla riforma dell’anatocismo bancario. A margine della proposta di delibera CICR, in IlCaso.it, 20 ottobre 2015, 3.

[8] Lo ricorda Maimeri, La capitalizzazione degli interessi fra legge di stabilità e decreto sulla competitività, cit., 3. E v. i lavori citt. dallo stesso Marcelli, L’anatocismo e le vicissitudini della delibera CICR 9/2/2000, in «IlCaso.it», 2014, 33, nt. 32.

[9] Analogamente Maffeis, Il nuovo articolo 120 TUB e la proposta di delibera CICR della Banca d’Italia, cit., p. 4 s. L’inammissibilità dell’anatocismo bancario comporterebbe, secondo la relazione di accompagnamento allo schema di delibera CICR, «l’impossibilità economica-finanziaria di erogare i servizi della specie» (p. 4).

[10] Cfr. Messa, L’obbligazione degli interessi e le sue fonti, Milano, 1911, 102.

[11] Cfr. Dolmetta e Perrone,Risarcimento dei danni da inadempimento di obbligazione di interesse e anatocismo, in Banca borsa tit. cred., 1999, II, 408 ss.

[12] Per questa ragione ritengono che, sul punto, lo schema di proposta sia in contrasto con la norma primaria Maffeis, Il nuovo articolo 120 TUB e la proposta di delibera CICR della Banca d’Italia, cit., 4 s.; Sartori, Prolegomeni in tema di anatocismo: a proposito della proposta di Delibera CICR della Banca d’Italia, cit., 2.

[13] Di diverso avviso, se ben intendo, Dolmetta, 12 osservazioni sulla riforma dell’anatocismo bancario. A margine della proposta di delibera CICR, cit., 9 s.

[14] Cfr. la sez. III, par. 4, e l’allegato 4A delle attuali Disposizioni. Nota l’assenza, nello schema di delibera CICR, di norme volte ad assicurare l’informazione del cliente in materia di anatocismo Dolmetta, 12 osservazioni sulla riforma dell’anatocismo bancario. A margine della proposta di delibera CICR, cit., 6 s.


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