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Attualità

Anatocismo: le novità della delibera del CICR in vigore dal 01 ottobre 2016

16 Settembre 2016

Gemma Sicoli, Dottoranda di ricerca in diritto civile presso l’Universitá degli Studi Parthenope di Napoli

Di cosa si parla in questo articolo

Il 3 agosto 2016 è stata pubblicata la tanto attesa delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) (G.U. n. 212 del 10 settembre 2016, cfr. contenuti correlati) in materia di anatocismo, emanata in attuazione del secondo comma dell’art. 120 del Testo unico bancario (TUB), come modificato dall’articolo 17-bis del decreto legge 14 febbraio 2016, n. 18 (convertito nella legge 8 aprile 2016, n. 49)[1].

La nuova delibera è composta da cinque articoli ed è volta a ridisegnare la disciplina della produzione di interessi nell’ambito delle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito tra intermediari e clienti (intendendo per questi ultimi: “qualsiasi soggetto che ha in essere un rapporto contrattuale con un intermediario”)[2].

Prima di esaminare il contenuto della delibera occorre brevemente ripercorrere i passaggi dai quali essa scaturisce. Il comma 2 dell’art. 120 TUB, è oggi giunto alla sua terza edizione, dopo la modifica operata con la legge di stabilità 2014, che sembrava aver risolto definitivamente la questione dell’anatocismo, il legislatore quest’anno è tornato a riformulare la norma in occasione di un disegno di legge concernente la riforma delle banche di credito cooperativo.

Il comma 2 dell’articolo 120 del TUB attualmente vigente a cui la nuova delibera CICR ha dato attuazione prevede che:

– nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti;

– gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido:

  1. gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1º marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili;
  2. il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo.

La nuova Delibera, la cui applicazione è prevista al più tardi dal 1° ottobre 2016 nel dare attuazione alle disposizioni di legge dopo aver offerto le definizioni di “cliente” e “intermediario” e “conto di pagamento” disegna il suo ambito di applicazione ovvero: le operazioni di raccolta del risparmio e dell’esercizio del credito fra intermediari finanziari e clienti. Oggetto della disciplina è la regolazione degli interessi corrispettivi, ossia remunerativi del capitale, mentre sono estranei da tale ambito di applicazione gli interessi moratori dotati di diversa funzione risarcitoria, per i quali restano valide le disposizioni del codice civile.

Il testo dell’art 2 del decreto prevede poi che l’imputazione dei pagamenti sia regolata in conformità all’articolo 1194 c.c. ai sensi del quale: il debitore non può̀ imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore ed il pagamento fatto in conto di capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi.

L’art 3 prosegue sancendo che gli interessi debitori maturati in occasione delle operazioni descritte, ivi compresi i finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi, salvo, come visto, quelli di mora ai quali si applicano le disposizioni del codice civile.

La delibera si occupa poi dei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento stabilendo che è assicurata la stessa periodicità, mai inferiore ad un anno, nel conteggio degli interessi creditori e debitori, al riguardo il 31 dicembre di ciascun anno costituisce il termine ultimo per il conteggio degli interessi o in alternativa tale conteggio viene effettuato alla cessazione del rapporto per cui sono dovuti; per i contratti stipulati nel corso dell’anno, il termine resta comunque il 31 dicembre.

Il decreto è foriero di questa che risulta una importante novità pro cliente poiché la precedente delibera del 2000 assicurava la reciprocità ma permetteva un conteggio e una capitalizzazione anche infrannuale, che normalmente era trimestrale. L’effetto più incisivo della liquidazione degli interessi al 31 dicembre di ogni anno e del il divieto di contabilizzazione infrannuale risulta la determinazione di una identità di valori fra il tasso annuale nominale (T.A.N.) e tasso annuale effettivo (T.A.E.) con sgravio del costo della conversione temporale.

L’articolo 4 è quello che offre nel dettaglio i criteri di calcolo e di riscossione degli interessi; vale la pena soffermarsi su ciascuno dei suoi commi:

L’articolo si applica alle aperture di credito regolate in conto corrente e conto di pagamento, e agli sconfinamenti e prevede che gli interessi debitori maturati siano contabilizzati separatamente rispetto alla sorte capitale ed essi divengono esigibili il primo marzo dell’ anno successivo a quello in cui sono maturati. Questa è la novità principale dell’intervento normativo: prima ad ogni scadenza la banca poteva automaticamente addebitare gli interessi al correntista, anche se il conto era incapiente, determinando di fatto oneri ulteriori in capo al risparmiatore; con la nuova disciplina vi è una scissione per cui il capitale continuerà a produrre interessi come stabilito da contratto, mentre gli interessi saranno contabilizzati separatamente e non potranno produrre altri interessi.

È inoltre previsto che al fine di assicurare al cliente un lasso di tempo adeguato per adempiere al debito da interessi gli deve essere garantito, in assenza di un termine maggiormente favorevole pattuito nel contratto, un periodo di trenta giorni dal ricevimento delle comunicazioni previste ai sensi dell’articolo 119 o 126-quater, comma 1, lettera b), TUB prima che gli interessi maturati divengano esigibili.

In ipotesi di chiusura definitiva del rapporto, intendendosi compresi i contratti di apertura di credito la cui durata non superi l’anno solare, è prevista la immediata esigibilità degli interessi; in tal caso il saldo relativo alla sorte capitale può̀ produrre interessi come pattuito nel contratto; con il limite che per quanto dovuto a titolo di interessi non è ammessa la produzione di ulteriori interessi.

Per soddisfare esigenze di maggiore fluidità delle operazioniil cliente può̀ autorizzare l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili. In questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché́ prima che l’addebito abbia avuto luogo. Questa disposizione ha suscitato alcune critiche da parte della dottrina poiché alcuni autori ritengono che dietro di essa si nasconda una deroga all’art. 1283 cod. civ. ed in particolare la negazione della fondamentale distinzione tra anatocismo (produzione di interessi sugli interessi) e capitalizzazione ( assimilazione al capitale dell’obbligazione di interessi). In una ottica di maggiore chiarezza non si può negare che la trasformazione degli interessi in capitale ha l’effetto di modificare la natura dell’obbligazione che da accessoria diviene principale, gli interessi quindi verranno prodotti non più da interessi ma dal capitale.

Il decreto stabilisce poi che se stabilito nel contratto i fondi accreditati sul conto dell’intermediario e destinati ad affluire sul conto del cliente sul quale è regolato il finanziamento possono essere impiegati per estinguere il debito da interessi nel momento in cui questi divengono esigibili.

Il decreto è applicabile agli interessi maturati dal primo ottobre 2016 ma esso si occupa altresì di disciplinare l’ adeguamento dei contratti in corso prevedendo l’introduzione di clausole conformi a quanto da esso disposto e all’art. 120, comma 2, TUB, ai sensi degli artt. 118 e 126-sexies TUB. L’adeguamento costituisce giustificato motivo ai sensi dell’art. 118 TUB il quale testualmente prevede che: nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà̀ di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo.

Il legislatore offre maggiore tutela ai risparmiatori rispetto alla clausola che può essere inserita nel contratto che prevede che “dal momento in cui gli interessi sono esigibili, i fondi accreditati sul conto dell’intermediario e destinati ad affluire sul conto del cliente sul quale è regolato il finanziamento sianoimpiegati per estinguere il debito da interessi” richiedendo per essa il consensoscritto del cliente, secondo quanto previsto dall’articolo 117, comma 1, del TUB. Sempre a favore del cliente è comunque stabilito che tutte le disposizioni della delibera sono derogabili solo se sostituite da condizioni contrattuali più favorevoli alla clientela. Regime diverso seguono i contratti che non prevedono l’applicazione degli articoli 118 e 126‐sexies del TUB per cui gli intermediari proporranno al cliente l’adeguamento del contratto entro il 30 settembre.

Il decreto non si è espresso, invero non protendo farlo poiché sul punto sarebbe necessario l’intervento del legislatore, sul periodo di vacatio legislativa nel quale l’efficacia della delibera del 2000 è venuta meno a causa della novella dell’ art 120 TUB che ne giustificava la sussistenza, ed il momento in cui diviene operativa la nuova delibera; pertanto in dottrina si ritiene che la fonte normativa per questo periodo sia da ricercare nell’art. 1283 c.c. il quale prevede il divieto di anatocismo ad eccezione delle ipotesi in cui sia autorizzato dal cliente dopo la scadenza o derivi da una domanda giudiziale. Non solo questo ma molti restano ancora i punti interrogativi che si pongono agli occhi degli interpreti ma tra questi vi è una certezza un’altra tappa della storia dell’anatocismo bancario, forse quella definitiva, è stata raggiunta.

 


[1] La delibera in esamesostituisce la precedente delibera CICR del 9 febbraio 2000 (“Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria (art. 120, comma 2, del Testo unico bancario, come modificato dall’art. 25 del d.lgs. 342/99)”).

[2] Dal testo della delibera si evince che per intermediari si intendono: banche, intermediari finanziari di cui all’art 106 TUB ed altri soggetti abilitati ai sensi del TUB ad erogare finanziamenti.

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