Nell’annosa questione riguardante le polizze assicurative index linked, il Tribunale Civile di Roma continua a fare giustizia con pronunce che riconoscono, oramai costantemente, il diritto dei sottoscrittori alla restituzione integrale del capitale investito alla scadenza della polizza.
In tale contesto si inserisce una recente pronuncia del Tribunale di Roma, Sez. 12°, in composizione monocratica. Si tratta, in particolare, dell’Ordinanza cron. n. 7352 del 2011, pubblicata il 2 agosto 2011 che ha riconosciuto fondata la domanda svolta dal consumatore e, quindi, il conseguente diritto al rimborso del capitale minimo liquidabile alla scadenza, condannando la Compagnia alla restituzione della somma di € 100.000,00, pari al capitale iniziale investito nella polizza, oltre interessi e rivalutazione dalla scadenza al saldo.
La pronuncia in questione, ancorché sintetica, risulta oltremodo interessante sotto svariati profili.
Innanzitutto perché, il Giudice capitolino, Dott.ssa Paola Scorza, ha ritenuto che tali tipi di procedimenti civili possano essere definiti nelle forme del processo sommario di cognizione, ai sensi degli artt. 702bis e ss. c.p.c.. Già tale aspetto appare particolarmente significativo, atteso che i tempi tecnici della giustizia italiana impongono al cittadino una durata media dei processi civili ordinari compresa tra i due e i cinque anni, mentre – al contrario – nelle forme del processo sommario di cognizione (che in forza del D.Lgs. n. 150 del 1°.9.2011, in vigore dal 6.10.2011, assurge ad una delle tre forme alternative tendenzialmente possibili dei contenziosi di natura civilistica) è consentito, almeno per ora, ottenere “giustizia” in tempi sensibilmente inferiori, pari all’incirca a sei mesi / un anno.
A ciò si aggiunga che la pronuncia in esame – che nella specie è una Ordinanza ex art. 702ter c.p.c., provvisoriamente esecutiva, la quale «costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione» (ai sensi del relativo sesto comma) – ha ad oggetto una polizza classificata dalla compagnia emittente tra quelle facenti parte del c.d. “Progetto Atlantic Bond” ed è significativa soprattutto perché il giudice capitolino si è pronunciato sulla natura giuridica di tali polizze.
Si legge nella citata ordinanza che “… sia dalla proposta … sottoscritta dal contraente, sia dalla comunicazione … di accettazione della suddetta proposta non è ravvisabile in alcun punto l’eventuale connotazione finanziaria della suddetta polizza e la qualità di prodotto di investimento…”.
È bene soffermarsi su tale aspetto della pronuncia.
Il Giudice capitolino censura, infatti, sia pur implicitamente, cioè mediante un obiter dictum, la prassi altamente generalizzata in materia di polizze assicurative index linked, in base alla quale le Compagnie assicurative “veicolavano” al contraente copiose e voluminose Condizioni di Polizza e Note Informative, particolarmente farraginose e complesse, senza fargliele sottoscrivere ai sensi degli artt. 1341, 1342 c.c. e senza neppure premurarsi di verificare se questi le avesse lette e, meno che mai, se le avesse effettivamente comprese. A volte tali documenti non venivano neppure consegnati. Infatti, alle Compagnie bastava che il contraente avesse sottoscritto una clausola nella quale dichiarava di averle ricevute. E ciò, in violazione di specifiche norme di legge (Cfr. art. 109 “Informativa del contraente” del D.Lgs. n. 174 del 17.3.1995) che ne imponevano la consegna prima della stipula del contratto (e non contestualmente), onerando la Compagnia della relativa prova.
Pertanto, il Tribunale romano, facendo proprio l’orientamento già espresso dal Tribunale di Milano con la sentenza n. 9575 del 23.7.2010, ha ritenuto di fare riferimento solo ai documenti contrattuali sottoscritti dalle parti (cioè, alla proposta di polizza, sottoscritta dal Contraente e alla sua accettazione, sottoscritta dalla Compagnia Assicurativa) e, conformemente al nomen iuris utilizzato dalla stessa Compagnia che aveva predisposto unilateralmente i relativi moduli, ha altresì ricondotto la polizza index linked oggetto di causa, nello schema giuridico tipico del “Contratto di Assicurazione sulla vita”.
Si legge, al riguardo, nella pronuncia del Tribunale di Roma del 2.8.2011 che “…la polizza sottoscritta …non può che riferirsi ad un contratto di assicurazione sulla vita, caratterizzato, dunque, dalla certezza della prestazione prevista alla scadenza della polizza stessa e dalla funzione di garanzia del risparmio, escludendosi, espressamente a carico dell’assicurato-contraente, qualsiasi rischio finanziario…”.
In questi contratti, il profilo della inderogabilità della protezione normativa dei diritti degli assicurati, codificato nell’art. 1923 c.c., «nell’attuale contesto economico sociale», è stato recentemente ribadito, «in chiave di interpretazione costituzionalmente orientata», dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 31.03.2008 n. 8271. Conseguentemente, tale principio vale anche nel caso in cui la polizza vita sia collegata, come nella specie, a strumenti finanziari, l’utilizzazione dei quali non può porsi in contrasto con la tipologia del contratto di assicurazione sulla vita e, dunque, non può contrastare con l’inderogabile esigenza di protezione della posizione degli assicurati.
In tale contesto si inserisce l’ulteriore precisazione del giudice capitolino che, nella pronuncia citata, è giunto a definire “…del tutto pretestuosi … i tentativi della società convenuta di sottrarsi all’adempimento, potendo …l’andamento delle obbligazioni emesse dalla Lehamn Brothers incidere esclusivamente sul rendimento variabile e giammai sulla corresponsione del capitale minimo garantito, pari al capitale iniziale rappresentato dal premio originariamente versato…”.
Ciò significa, in sintesi che, l’elemento variabile di tali polizze può riguardare, al più, le cedole di interessi medio tempore percepibili e non anche la corresponsione del capitale inizialmente investito nella polizza, comunque dovuto alla scadenza.