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Editoriali

Ancora sulla rinegoziazione dei mutui ex art. 41 bis D.L. 124/2019 (e succ. modifiche) e sulla sospensione del processo esecutivo

30 Dicembre 2021

Antonio Didone

già Presidente di Sezione della Corte di Cassazione

Di cosa si parla in questo articolo

 

Quanto meno dal 2019 e, soprattutto negli ultimi mesi, dopo che, in sede di conversione del D.L. 41/2021, è stato interamente riscritto il testo dell’art. 41 bis D.L. 124/2019 convertito in L. 157/2019, nel quale è disciplinata una particolare “esdebitazione parziale” del consumatore (v. comma 1), l’elencazione tuttora diffusa dei casi di esdebitazione appare carente[1].

Invero, l’art. 40 ter del Decreto Sostegni, rubricato “Proroga delle disposizioni in materia di ristrutturazione di mutui ipotecari per immobili oggetto di procedura esecutiva”, prevede che, <<al fine di fronteggiare, in via eccezionale, temporanea e non ripetibile, i casi più gravi di crisi economica dei consumatori, ove una banca, o un intermediario finanziario di cui all’articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o una società di cui all’articolo 3 della legge 30 aprile 1999, n. 130, che sia creditore ipotecario di primo grado, abbia iniziato o sia intervenuto in una procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore, il debitore, che sia qualificato come consumatore ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera a), del codice del consumo, (“persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”) può, quando ricorrono le condizioni di cui al comma 2, formulare richiesta di rinegoziazione del mutuo in essere ovvero richiesta di un finanziamento, con surroga nella garanzia ipotecaria esistente, a un terzo finanziatore che rientri nelle citate categorie soggettive, il cui ricavato deve essere utilizzato per estinguere il mutuo in essere. Il debito rinegoziato o il finanziamento del terzo possono essere assistiti dalla garanzia di cui al comma 4 e possono godere del beneficio dell’esdebitazione per il debito residuo>>.

Ciò che più rileva, in questa sede, è la previsione di cui ai commi 8 e 9 del cit. art. 41 bis, in base alla quale quella particolare esdebitazione può essere inserita nell’ambito di un piano o di un accordo del consumatore ai sensi della L. 3/2012.

Infatti, mentre nella originaria versione dell’art. 41 bis cit. la pendenza di una procedura di sovraindebitamento ai sensi della L. 27 gennaio 2012, n. 3 nei riguardi del debitore era ostativa al beneficio della rinegoziazione ed esdebitazione, ora è espressamente previsto il coordinamento della detta esdebitazione con la procedura di accordo o piano del consumatore.

Per questa via, dunque, si è pervenuti ad una modifica della L. 3/2012, che va ora coordinata con la disciplina di quella speciale ristrutturazione del debito con esdebitazione e con garanzia statale (v., infatti, il nuovo art. 8, comma 1-ter, cit. legge, che riguarda il trattamento del mutuo ipotecario gravante sull’abitazione principale del consumatore nell’accordo e nel piano).

Ad oggi non risultano pubblicati provvedimenti applicativi di questa nuova normativa anche se in alcuni tribunali pendono richieste di sospensione mentre risulta depositata un’importante ordinanza del Trib. Bergamo (del 13 luglio 2021: <<a norma dell’art. 41 bis L. 69/2021 il creditore è tenuto a dare riscontro al debitore che abbia formulato istanza di rinegoziazione, quand’anche si trattasse di una risposta negativa>>) che qualifica correttamente come doverosa la risposta della banca all’istanza di rinegoziazione, posto (se non altro) che la risposta negativa attualizza il diritto del debitore di chiedere ad altra banca un finanziamento in surroga di quello posto a base del pignoramento: finanziamento, quest’ultimo, che tra l’altro potrà godere della garanzia rilasciata dal Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all’art. 1, comma 48, lett. c), L. 27 dicembre 2013, n. 147.

Come è stato rilevato nei primi commenti, <<il nuovo comma 5 va oggi letto in combinato disposto con l’importantissimo e totalmente nuovo inciso iniziale del comma 2 che testualmente dispone “il diritto di cui al comma 1 sussiste al ricorrere delle seguenti condizioni:” pertanto il legislatore ha scelto (senza rinviare stavolta come faceva con il precedente comma 6 ad eventuali decreti attuativi) di conferire eccezionalmente ai consumatori esecutati che rientrino nelle condizioni che abbiamo visto precedentemente un vero e proprio diritto ad ottenere rinegoziazione o rifinanziamento e relativa esdebitazione per il residuo>>[2].

Peraltro, come segnala la stessa Circolare ABI. del 31 maggio 2021, rispetto alla precedente formulazione dell’art. 41 bis, <<al fine di rendere immediatamente operativa la disciplina in questione, l’attuale norma non prevede più l’emanazione di un decreto da parte del Ministro dell’Economia e delle Finanze (di concerto con il Ministro della Giustizia e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Banca d’Italia) per definire ulteriori modalità di applicazione della disciplina in questione>>.

Nella pratica gli operatori segnalano le difficoltà che nascono dalla nuova previsione della norma (comma 5), secondo cui a seguito della richiesta di rinegoziazione o di finanziamento (che può essere avanzata una sola volta a pena di inammissibilità) <<il creditore o, nei casi di cui al comma 3, il finanziatore svolge una valutazione del merito di credito nel rispetto di quanto previsto nella disciplina di vigilanza prudenziale ad esso applicabile, all’esito della quale può accettare la richiesta di rinegoziazione o di finanziamento, a condizione che il suo contenuto sia conforme alle previsioni di cui al comma 2 e previa verifica con esito positivo del merito creditizio del debitore ovvero, nei casi regolati dal comma 3, del destinatario del finanziamento>>.

Ma il merito creditizio – il rilievo appare perfino ovvio – in questa peculiare fattispecie non può essere interpretato alla stregua di un qualsiasi finanziamento, bensì deve essere inteso alla luce della ratio nella norma (ispirata al sostegno di debitori che hanno avuto pignorata la casa di abitazione) e tenuto conto della garanzia statale che assisterà il nuovo finanziamento, rinegoziato o in surroga.

Ciò che più rileva, peraltro, è che la valutazione del merito creditizio, alla cui mancanza la norma non attribuisce alcuna sanzione, a differenza di quanto previsto ora dalla legge n. 3/2012[3], dopo l’anticipazione di norme previste nel Codice della crisi, le quali sanciscono l’esclusione del diritto all’opposizione nella procedura di sovraindebitamento del finanziatore che ha erogato il credito in violazione del merito creditizio[4].

Per contro, nella norma in esame non è prevista alcuna espressa sanzione a carico del finanziatore che non abbia valutato il merito creditizio, talché il giudice non può procedere a quella valutazione per negare il diritto alla sospensione dell’esecuzione non essendo la valutazione medesima contemplata tra le condizioni richieste per poter procedere alla rinegoziazione o alla richiesta di surroga del mutuo a diverso finanziatore.

Infatti, nella stessa sintesi fatta dall’A.B.I. nella richiamata circolare risulta chiaramente che il diritto del debitore sussiste a condizione che: a) l’ipoteca gravi su un immobile che costituisce abitazione principale del debitore e questi abbia rimborsato, alla data della presentazione dell’istanza, almeno il 5 % del capitale originariamente finanziato; l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale del debitore quando è iniziata la procedura esecutiva e per l’intera durata della stessa, non deve rientrare nelle categorie catastali A1, A8 e A9 e non deve avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1072 del 2 agosto 1969; b) la richiesta sia presentata entro il termine del 31 dicembre 2022, a condizione che al momento della presentazione sia pendente una procedura esecutiva immobiliare sul bene, il cui pignoramento sia stato notificato entro il 21 marzo 2021; c) il debito complessivo calcolato ai sensi dell’art. 2855 c.c. nell’ambito della procedura non sia superiore a euro 250.000; d) l’importo offerto sia

pari al minor valore tra il debito per capitale e interessi, come calcolato ai sensi della lettera c), e il 75 % del prezzo base della successiva asta ovvero, nel caso in cui l’asta non sia ancora stata fissata, del valore del bene come determinato dall’esperto di cui all’art. 569 c.p.c.; e) la restituzione dell’importo rinegoziato o finanziato avvenga con una dilazione non inferiore a dieci anni (nel testo precedente dell’articolo questo limite non era previsto) e non superiore a trenta anni decorrenti dalla data di sottoscrizione dell’accordo e comunque tale che la sua durata in anni, sommata all’età del debitore, non superi il numero di 80.

Ricorrendo tali condizioni il debitore esecutato ha diritto alla sospensione della procedura esecutiva per poter procedere alla trattativa con il creditore originario oppure, in caso di diniego di rinegoziazione, con il nuovo finanziatore ai fini della surroga.

Nessun ruolo, per contro, assume in questa fase la valutazione del merito creditizio[5].

Pertanto, mentre va incondizionatamente approvato l’orientamento della giurisprudenza di merito secondo cui, ricorrendo le condizioni innanzi riassunte e previste dal novellato art. 41 bis, va disposta la sospensione semestrale dell’esecuzione[6], una volta sentiti i creditori muniti di titolo[7], non può, per contro, essere condiviso l’opposto orientamento, che presuppone necessaria una valutazione favorevole del merito creditizio ai fini della sospensione[8].

E’ corretto, dunque, il principio affermato in giurisprudenza, secondo cui <<Il potere di sospensione della procedura esecutiva ex art. 41-bis d.l. n. 127 del 2019 e ss.mm. (relativo a “mutui ipotecari per l’acquisto di beni  immobili  destinati  a  prima casa e oggetto di procedura esecutiva”) non presuppone la dichiarazione, da parte della banca, della apertura di una trattativa per la rinegoziazione del mutuo: in tale prospettiva il dissenso del creditore procedente non è ostativo al rilascio del provvedimento di concessione, posto che la valutazione del merito creditizio si inserisce in un momento posteriore alla presentazione della istanza da parte del debitore, che è quello indicato dal comma 5 della disposizione in esame>>[9].

Nello stesso senso si è affermato espressamente che il giudice, ritenuti sussistenti i presupposti innanzi evidenziati sospende <<la procedura per consentire al creditore di svolgere una valutazione del merito di credito all’esito della quale potrà accettare o meno la richiesta di rinegoziazione, ma motivando l’eventuale diniego e riassumendo la procedura nei termini di cui all’art. 624 bis c.p.c.>>[10].

Dunque, una valutazione giudiziale del merito creditizio (è questa la tesi che qui si vuole affacciare) in difetto di una espressa sanzione dal punto di vista processuale, come quella introdotta nella procedura di sovraindebitamento, potrà rilevare soltanto dal punto di vista sostanziale nel senso di controllo giudiziale (eventuale e ad altri fini, anche risarcitori?) della giustificazione del rifiuto di rinegoziazione, anche sotto il profilo del comportamento in buona fede nelle trattative. Invero, stabilito che, in presenza di determinati presupposti il debitore esecutato ha diritto alla sospensione della procedura per procedere alla trattativa con il creditore ipotecario (per “rinegoziare”) non si vede come negare l’applicabilità dell’art. 1337 cod. civ.

Quanto al collegamento con la procedura di sovraindebitamento, va segnalato l’importante pronuncia di merito con la quale si è ritenuto che <<l’istanza di rinegoziazione ex art. 41 bis legge n. 124/2019, come modificato ex art. 40 ter legge n. 69/2021 è presentabile dal debitore anche nel contesto di una procedura di sovraindebitamento, in via subordinata rispetto alla presentazione di un piano predisposto per il soddisfacimento dei creditori>>[11]. In applicazione di tale principio, il giudice della procedura di sovraindebitamento ha rinviato l’udienza per consentire al creditore fondiario di interloquire sul punto e, fino all’esito dell’udienza, ha disposto la sospensione della procedura esecutiva iniziata sull’immobile costituente abitazione del debitore sovraindebitato.

Ciò denota l’enorme divario esistente tra l’attuale formulazione dell’art. 41 bis rispetto alla versione originale la quale inibiva l’accesso alla rinegoziazione ai soggetti sottoposti a procedura di sovraindebitamento e, inoltre, la sola esistenza di creditori diversi da quello ipotecario costituiva motivo di esclusione dell’accesso alla rinegoziazione mentre oggi di eventuali creditori muniti di titolo va solo disposta l’audizione.

[1] Si ribadisce, in questa sede, quanto già evidenziato in DIDONE, Note minime sull’art. 40 ter del decreto sostegni: prime applicazioni di una nuova esdebitazione, in Crisi e risanamento, 21 ottobre 2021 (ora in Il Fallimentarista), di cui il presente scritto costituisce ampliamento.

[2] D’Ambrosio Borselli, La nuova rinegoziazione dei mutui prima casa, in www.studioassociatoborselli.it. In senso conforme, ora, v. anche DOLMETTA, Rinegoziazione e valutazione del merito del credito: a proposito dell’art. 40 ter «decreto sostegni», in www.ilcaso.it, 14 novembre 2021.

[3] V. il nuovo art. 9, comma 3bis, L. n. 3/2012: 3-bis. <<Alla proposta di piano del consumatore deve essere allegata una relazione dell’organismo di composizione della crisi, che deve contenere: omissis e) l’indicazione del fatto che, ai fini della concessione del finanziamento, il soggetto finanziatore abbia o meno tenuto conto del merito creditizio del debitore valutato, con deduzione dell’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita, in relazione al suo reddito disponibile. A tal fine si ritiene idonea una quantificazione non inferiore all’ammontare dell’assegno sociale, moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159>>.

[4] V. il novellato art. 12, comma 3ter, l. n. 3/2012: <<Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento ovvero, nel caso di accordo proposto dal consumatore, che ha violato i princìpi di cui all’articolo 124-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore>>.

[5] Per una diversa lettura cfr. DOLMETTA, op. cit., pag. 5: <<A questo dunque risulta, nello specifico, funzionale la previsione di legge che prescrive il compimento della valutazione del merito creditizio da parte della banca interrogata dal debitore. Tale valutazione si pone, cioè, come strumento disponibile a supportare il giudice nelle decisioni attinenti al punto della sospensione del processo esecutivo in corso>>.

[6] Così Trib. Chieti, 15 novembre 2021, est. Grassi, inedita.

[7] Così, stranamente, anche DOLMETTA, op. cit., pag. 4: <<… si rende opportuno rilevare che – nel contesto del complesso normativo di cui all’art. 41 bis – il provvedimento di sospensione del processo esecutivo (di cui al comma 7) non suppone necessariamente una dichiarazione di apertura alla trattativa da parte della banca creditrice>>. Ma nello sviluppo ulteriore costruisce il merito creditizio come condizione da valutare ai fini della concessione della sospensione.

[8] Così, sembra, Trib. Pesaro, 25 ottobre 2021, ordinanza di rigetto (inedita) che, in motivazione, afferma: << né il creditore né il finanziatore sono, a fronte di una domanda di rinegoziazione o finanziamento, tenuti ad accettare, dovendo – comunque – prima svolgere una valutazione del merito del credito secondo la normativa di settore e quindi, all’esito, decidere se accogliere l’istanza>>.

[9] Trib. Napoli Nord, 23 novembre 2021 – est. Fiore, in www.ilcaso.it. V. anche Trib. Milano, 13 ottobre 2021, in www.ilcaso.it, che, in motivazione, afferma che <<La richiesta di rinegoziazione non pare quindi avventata o puramente dilatoria, non rilevando, ai fini della stretta accoglibilità della richiesta, il fatto che questa non sia stata avanzata in precedenza>>.

[10] Trib. Nola, 30 novembre 2021, est. Valenti, in www.ilcaso.it. Nella concreta fattispecie il debitore aveva anche versato un acconto di euro 25.000, evidentemente a riprova della serietà della richiesta di negoziazione.

[11] Trib. Nola, 25 Novembre 2021. Est. Paduano, in www.ilcaso.it.

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