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Giurisprudenza

Ancora un punto a favore per le casse dello Stato: salvo l’aggio di riscossione, ma nuovamente la Consulta non entra nel merito della questione

13 Luglio 2015

Stefano Loconte, Professore a contratto di Diritto Tributario e Diritto dei Trust, Università degli Studi LUM “Jean Monnet” di Casamassima, Gabriella Antonaci, Avvocato, Loconte & Partners

Corte Costituzionale, 09 luglio 2015, n. 147

Manifesta inammissibilità delle questioni di illegittimità costituzionale dell’aggio di riscossione. La Corte Costituzionale stronca ancora una volta le questioni di illegittimità costituzionale dell’aggio sollevate con le ordinanze di rimessione della CTP di Torino e della CTP di Latina.

Si rammenta che con ordinanza 18.12.2012, n. 147,la CTP di Torino aveva sollevato l’incidente di costituzionalità con riferimento all’art. 17 del D. Lgs. n. 112 del 1999 per violazione degli artt. 3, 53 e 97 della Costituzione, reputando che il criterio di calcolo dell’aggio ivi disciplinato comporterebbe la violazione dell’art. 3 della Costituzione sotto il profilo del canone della ragionevolezza in quanto risulterebbe sganciato dal costo del servizio svolto dall’agente di riscossione e includerebbe, nella base di calcolo, anche gli interessi dovuti all’ente impositore titolare del credito di imposta.

Specularmente, anche la CTP di Latina, con ordinanza 29.01.2013, n. 41 aveva sollevato identica questione di illegittimità costituzionale del medesimo articolo 17 del D. Lgs. n. 112 del 1999, con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, rilevando la violazione del principio di uguaglianza per differenza di trattamento tra il cittadino in grado di pagare entro il termine di presentazione del ricorso e quel cittadino, invece, le cui condizioni economiche non consentivano di pagare entro il predetto termine (rispettivamente il primo tenuto al versamento dell’aggio nella misura del 4,65% e il secondo per l’intero, nella percentuale del 9% delle somme iscritte a ruolo secondo la disciplina vigenteratione temporis) nonché, quale ulteriore lesione del principio di uguaglianza, la fissazione di un diverso compenso a parità dei servizi offerti dall’agente della riscossione, peraltro in assenza della fissazione di un importo massimo prestabilito dallo stesso.

La Corte Costituzionale, previa riunione di ambo i giudizi per comunanza di oggetto delle questioni sollevate, con ordinanza 9.07.2015, n. 147, ha dichiarato la manifesta infondatezza di tali questioni, per carenza di adeguata motivazione delle stesse.

Sostiene infatti la Corte “che ciascuna delle ordinanze di rimessione è carente sia nella descrizione della concreta fattispecie cui si riferisce, sia nella motivazione in punto di rilevanza e che dunque resta inibita, a questa Corte, la necessaria verifica circa l’influenza della questione di legittimità sulle decisioni richieste ai rimettenti”, e “che nel caso in esame, la carente descrizione della fattispecie risulta tanto più determinante in quanto la disposizione censurata ha subito diversi interventi normativi e solo un’adeguata esposizione di tutti gli elementi essenziali del caso in esame avrebbe consentito di individuare con certezza la versione dell’art. 17 applicabile ratione temporis”. La Corte Costituzionale, con l’ordinanza in commento ha pertanto dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17 del D. Lgs. 112/1999, in riferimento agli artt. 3 e 93 della Costituzione, sollevate dalle CTP di Torino e Latina, considerato “che l’omessa o insufficiente descrizione della fattispecie, per consolidata giurisprudenza della Corte, si risolve in un difetto di motivazione sulla rilevanza che induce alla declaratoria di inammissibilità della questione (tra le tante, sentenza n. 301 del 2012; ordinanze n. 249 e 93 del 2012)” .

Il solito disco rotto, dunque: la Consulta non entra nel merito della questione, ma resta “sulla porta”, limitandosi a dichiarare inammissibile la questione per carenza di adeguata motivazione delle ordinanze di rimessione. La questione, infatti, non è nuova alla Corte Costituzionale. Già con l’ordinanza n. 158 del 21.06.2013, la Corte, pronunciandosi sull’ordinanza di rimessione della CTP di Roma 23.09.2010, n. 271 che aveva sollevato identica questione di illegittimità costituzionale dell’aggio della riscossione per violazione degli artt. 3, 53 e 97 della Costituzione, aveva ritenuto tale questione manifestamente inammissibile “in considerazione del difetto di motivazione sulla rilevanza della questione sollevata, dal momento che il giudice rimettente non ha in alcun modo illustrato, anche solo sommariamente, le ragioni di infondatezza degli altri motivi di ricorso”.

Ed invero, guardando alla “sostanza” della questione, non vi sono dubbi sul fatto che l’aggio di riscossione risulta essere un costo ingiustificato, una sorta di remunerazione per il servizio di cartellazione svolto dall’Agente della riscossione, e che risultano assolutamente apprezzabili nonché condivisibili le perplessità sollevate e tradotte nelle ordinanze di rimessione in motivi di incostituzionalità.

A questo punto non resta che chiedersi in maniera provocatoria se veramente i giudici remittenti (ben tre) non sanno scrivere le ordinanze oppure se ancora una volta la decisione è dettata dalla necessità di salvaguardare in primis le ragioni erariali, ahimè a danno del povero contribuente, atteso che eliminare l’aggio della riscossione significherebbe ad oggi privare le casse dello Stato di un introito di circa 2 miliardi e mezzo.

Del resto, anche nello schema di decreto delegato sulla riforma della riscossione è prevista una riforma sostanziale dell’aggio, che comporterà anche una sua riduzione. Come dire: cerchiamo di venire incontro al contribuente, ma non troppo: le casse erariali non perdonano.

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