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Antiriciclaggio e denaro contante: gli istituti di vigilanza privata outsourcer nel processo di esternalizzazione del trattamento del contante e la normativa di contrasto del riciclaggio

30 Gennaio 2019

Giampaolo Estrafallaces, Consigliere senior della Banca d’Italia

Di cosa si parla in questo articolo

Le opinioni espresse non impegnano l’Istituto di appartenenza

 

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Le Disposizioni di vigilanza per le banche in materia di esternalizzazione del trattamento del contante – 3. La normativa antiriciclaggio in corso di emanazione per gli istituti di vigilanza privata che trattano il contante – 4. L’attività di gestione o di trattamento del contante – 5. Gli istituti di vigilanza privata gestori del contante: un quadro normativo complesso – 5.1. Il Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016 – 6. Gli strumenti di contrasto – 6.1. I limiti al trasferimento del contante – 6.2. Segnalazioni di operazioni sospette e regole di adeguata verifica – 6.3. Gli strumenti conoscitivi – 7. Considerazioni conclusive

 

1. Premessa

È passato qualche anno da quando il capo economista della Bank of England, Andrew Haldane, nel corso di un intervento intitolato How low can you go? presso la Camera di commercio di Portadown in Irlanda del Nord, esordì dicendo: «I will discuss two of these issues: the future of money and the future of monetary policy».

Sebbene il tema centrale dell’intervento fosse fino a che punto potessero ancora ridursi i tassi di interesse nominali e, più in generale, il tema dello “Zero lower bound” (il limite zero dei tassi nominali)[1], Mr. Haldane sottolineò come un effetto positivo si sarebbe potuto perseguire «…by abolishing paper currency» soggiungendo che: «ciò ha in più il vantaggio di consentire l’accertamento alla fonte di attività illecite poste in essere mediante l’uso di banconote, come lo spaccio di droga»[2].

Fra chi ha manifestato perplessità rispetto a tale prospettiva, il professor Kevin Dowd della Durham University[3] è di recente tornato sulle opinioni di Mr. Haldane con l’articolo intitolato The war on cash is even worse than it seems[4], nel quale ha sottolineato come non sia casuale che il contante venga utilizzato nell’85 per cento delle transazioni a livello globale, in quanto «rappresenta un modo molto efficiente di gestire piccole transazioni; è economico e facile da usare; le transazioni in contanti sono immediate e flessibili; il denaro è altamente anonimo e, tradizionalmente, l’anonimato del denaro è considerato uno dei suoi maggiori vantaggi; il contante non ha bisogno di una password e, a differenza di un conto bancario, non può essere hackerato»[5].

Ovviamente, per i sostenitori della “war on cash”, quelli che secondo il professor Dowd sono aspetti positivi connaturati al contante rappresentano altrettante criticità: anzitutto l’anonimato assicurato dal contante può essere facilmente interpretato come la caratteristica che rende tale strumento di pagamento l’ideale per porre in essere attività illecite senza la possibilità di essere identificati come invece potrebbe avvenire nel caso in cui si utilizzino strumenti di pagamento tracciabili; in secondo luogo, sui vantaggi derivanti dalla praticità del contante potrebbe ritenersi di gran lunga prevalente il rischio di incorrere in un danno economico a causa dello smarrimento o del danneggiamento di banconote e monete; infine la circostanza che il denaro sia al riparo da rischi di “hackeraggio” potrebbe avere come contraltare l’esposizione del consumatore al rischio di essere vittima di pratiche di contraffazione di banconote e monete.

In ogni caso, qualunque ne sia la ragione, chi preconizzava la prossima fine del contante è stato smentito almeno rispetto all’area dell’euro se, com’è emerso dagli studi della BCE, tra gennaio 2008 e dicembre 2017 il valore delle banconote in euro in circolazione è andato costantemente aumentando[6] con un tasso medio annuo del 6,1 per cento. Non solo, la BCE, pur attendendo un prossimo rapido incremento di altri strumenti di pagamento come le carte contactless, nonché l’intensificarsi del numero di acquisti on line, con conseguenti impatti di rilievo sull’utilizzo del contante per fini transattivi, prevede che nel prossimo futuro il contante resterà comunque, nella maggior parte dei paesi dell’area euro, un importante mezzo di pagamento.

Per quanto riguarda l’Italia, sebbene negli ultimi anni l’uso di contante abbia subito una costante contrazione dovuta sia alla crescente diffusione di strumenti alternativi sia all’effetto delle politiche restrittive sulla circolazione del contante[7], il nostro paese resta caratterizzato da un’elevata propensione all’uso di tale strumento di pagamento. Il rapporto pubblicato nel 2018 dalla Community Cashless Society[8] ha evidenziato come l’Italia, su 85 economie prese in considerazione, sia il «trentesimo peggiore paese al mondo tenendo conto del Cash Intensity Index[9], che è stato pari nel 2016 all’11,3 per cento (11,6 per cento nel 2017), rispetto al 10,1 per cento registrato nell’Eurozona[10].

Sempre con riferimento all’Italia, emergono dati interessanti anche dalla Survey on the use of cash by households[11], indagine promossa nel 2016 dall’Eurosistema sull’utilizzo del contante da parte delle famiglie presso i diversi punti vendita[12]: è risultato infatti che se nell’area euro le transazioni regolate in contanti rappresentano il 78,8 per cento del totale[13], in Italia la percentuale si attesta all’86 per cento[14]. In termini di valore, la quota di mercato con riferimento al contante è stata del 54 per cento nell’area euro, rispetto al 68 per cento registrato in Italia.

Infine, i dati diffusi dalla Banca d’Italia evidenziano per il nostro paese, dopo una fase flettente durata dalla fine del 2011[15] all’inizio del 2016, un ritorno alla crescita del contante in circolazione sia in termini assoluti che in rapporto al PIL[16].

2. Le Disposizioni di vigilanza per le banche in materia di esternalizzazione del trattamento del contante

Per contenere i costi di gestione e assicurare adeguati standard di sicurezza, un numero consistente di banche italiane, anche di dimensione significativa, da tempo ha deciso di esternalizzare (talvolta anche solo in parte) il trattamento del proprio contante a operatori collocati all’esterno del gruppo di appartenenza, circostanza che ha indotto la Vigilanza a fornire specifiche disposizioni[17].

Secondo la definizione della Banca d’Italia, per esternalizzazione si intende «l’accordo in qualsiasi forma tra una banca e un fornitore di servizi in base al quale il fornitore realizza un processo, un servizio o un’attività della stessa banca».

Partendo dalla necessità di minimizzare i rischi operativi e reputazionali connessi con l’eventuale erogazione alla clientela di banconote false o inidonee alla circolazione, la Banca d’Italia ha sottolineato l’importanza della scelta dell’outsourcer.

A tal fine le Disposizioni di vigilanza, facendo salve le indicazioni in materia di “funzioni operative importanti” (FOI)[18], qualora la banca consideri rientrare tra queste il trattamento del contante[19], hanno individuato tre distinti fattori che devono essere oggetto di accertamento al momento della scelta:

  • l’affidabilità dell’outsourcer[20];
  • la correttezza della sua gestione;
  • l’adeguatezza delle sue strutture e dei processi organizzativi adottati.

La Banca d’Italia prescrive inoltre alle banche lo svolgimento nel continuo di controlli diretti a verificare l’ordinato e corretto svolgimento dell’attività esternalizzata. Lo stesso contratto di esternalizzazione – che, per quanto ovvio, deve sempre avere forma scritta – deve prevedere espressamente la possibilità per la banca cliente di verificare la performance del servizio reso, di chiedere eventuali misure correttive e di recedere senza penalità nel caso in cui l’outsourcer violi gli obblighi contrattuali e non vi ponga rimedio entro il periodo di tempo indicato nel contratto stesso.

Un ruolo specifico viene attribuito in tale ambito alle funzioni aziendali di controllo che, come noto, comprendono la funzione di conformità alle norme (compliance), la funzione di controllo dei rischi (risk management function), la funzione di revisione interna (internal audit) e la funzione antiriciclaggio: queste sono chiamate, ciascuna per i profili di competenza, ad effettuare una valutazione in merito alle procedure che la banca ha seguito per l’avvio delle relazioni con l’outsoucer e sulla successiva gestione dei rapporti con lo stesso.

In tale contesto assume particolare importanza il richiamo che le Disposizioni di vigilanza fanno alla Decisione della BCE del 16 settembre 2010, n. 14, di cui più dettagliatamente si tratterà nel paragrafo 4 del presente approfondimento: spetta infatti proprio alle funzioni aziendali di controllo assicurare il rispetto degli obblighi previsti da tale Decisione.

3. La normativa antiriciclaggio in corso di emanazione per gli istituti di vigilanza privata che trattano il contante

Il 17 dicembre 2018 la Banca d’Italia ha posto in consultazione sul proprio sito istituzionale due provvedimenti[21]:

  • il primo, intitolato “Disposizioni per l’attività di gestione del contante”, rappresenta l’aggiornamento dell’allegato 1 del Provvedimento già adottato dalla Banca d’Italia sin dal 22 giugno 2016;
  • il secondo si intitola “Disposizioni per l’iscrizione e la gestione dell’elenco di cui all’articolo 8 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, nonché su organizzazione, procedure e controlli in materia di antiriciclaggio per gli operatori non finanziari iscritti nell’elenco”.

Fra i due atti, il secondo è quello più ricco di innovazioni normative, in particolare in materia di contrasto del riciclaggio; tiene infatti conto delle nuove competenze attribuite alla Banca d’Italia dal D.lgs. 231/2007 (d’ora in avanti “decreto”) in seguito alle modifiche disposte con il D.lgs. 90/2017 di attuazione della Direttiva UE 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.

In particolare, l’articolo 1, comma 2, lettera c, del decreto, nel confermare la Banca d’Italia quale “autorità di vigilanza di settore” in materia di contrasto del riciclaggio sugli intermediari bancari e finanziari, le attribuisce lo stesso ruolo anche per quanto riguarda gli «operatori non finanziari che esercitano l’attività di custodia e trasporto di denaro contante e di titoli o valori a mezzo di guardie particolari giurate, in presenza della licenza di cui all’articolo 134 TULPS», cioè nei confronti di quei soggetti, più comunemente noti come “istituti di vigilanza privata”, ai quali larga parte del sistema bancario ha esternalizzato il ritiro e il trasporto del contante da e verso le diverse dipendenze e/o clienti delle stesse banche, la verifica dell’autenticità e idoneità delle banconote, la custodia del denaro di cui la clientela non abbia chiesto la fornitura immediata, la ricarica degli ATM, l’effettuazione di versamenti presso le diverse Filiali della Banca d’Italia per conto delle banche clienti.

La novella di cui si tratta non comporta un ampliamento del novero dei destinatari delle regole di contrasto del riciclaggio, in quanto tali operatori vi erano assoggettati, dapprima in base alle disposizioni contenute nel D.lgs.374/1999 (Estensione delle disposizioni in materia di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita ed attività finanziarie particolarmente suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio, a norma dell’articolo 15 della legge 6 febbraio 1996, n. 52)[22] e, successivamente, per effetto dell’articolo 14, comma 1, lettera b, del D.lgs. 231/2007. Quest’ultimo decreto, nel testo in vigore fino al 4 luglio 2017, collocava gli istituti di vigilanza privata nella categoria residuale degli “altri soggetti”[23], demandando l’attività di controllo – fatta salva la competenza dell’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (UIF) della Banca d’Italia in materia di operazioni sospette – al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza[24], e il compito di emanare e aggiornare periodicamente gli indicatori di anomalia per tali operatori al Ministro dell’Interno[25], che vi provvedeva con Decreto del 17 febbraio 2011[26].

La novità è invece rappresentata dall’attribuzione alla Banca d’Italia di nuovi poteri regolamentari, di controllo, divieto, intervento e sanzionatori[27], con corrispondenti nuovi obblighi antiriciclaggio per gli istituti di vigilanza privata. In particolare, sarà la Banca d’Italia a dover verificare il rispetto da parte di tali operatori degli obblighi previsti dal decreto e dalle relative norme attuative: in tale ambito si collocano le disposizioni di recente poste in consultazione (il cui commento si rinvia a data successiva all’esito della consultazione stessa).

Va tuttavia sin da ora precisato che i nuovi compiti potranno essere svolti nei confronti degli istituti di vigilanza privata «limitatamente all’attività di trattamento delle banconote in euro», restando quindi estranei alla competenza antiriciclaggio della Banca d’Italia le altre attività eventualmente svolte, come quelle di trasporto valori e di custodia di beni, la cui prestazione dovrà comunque avvenire nel rispetto delle norme in materia di contrasto del riciclaggio, ivi comprese quelle relative agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di segnalazione di operazioni sospette e di conservazione.

La competenza antiriciclaggio della Banca d’Italia non è esclusiva neanche con riferimento all’attività di trattamento delle banconote: se infatti resta ferma la competenza ispettiva, regolamentare e informativa della UIF in tema di segnalazioni di operazioni sospette[28] e quella di carattere generale in capo al Ministero dell’Economia e delle finanze[29], l’articolo 9, comma 2, del decreto attribuisce anche al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza il potere di eseguire i controlli sui soggetti di cui si tratta, ma solo previa intesa con la Banca d’Italia.

Al contrario, per i controlli sulle attività svolte dagli istituti di vigilanza privata diverse dal trattamento del contante, il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza potrà agire prescindendo da qualsiasi intesa con la Banca d’Italia[30].

4. L’attività di gestione o di trattamento del contante

Come anticipato, l’attribuzione alla Banca d’Italia del ruolo di autorità di vigilanza di settore in materia di contrasto del riciclaggio sugli istituti di vigilanza privata è circoscritta all’attività di trattamento del denaro contante, considerato, in tale ambito, nella sola accezione di “trattamento di banconote in euro”[31], con l’esclusione, quindi, dalle competenze della Banca d’Italia del trattamento di monete metalliche e di banconote in valute estere.

Risulta comunque assente dal decreto la definizione stessa di “trattamento del contante”, che andrà quindi desunta da altre fonti normative, anche se queste ultime perseguono finalità diverse da quella del contrasto del riciclaggio.

Per delineare la nozione di “trattamento del contante” con riferimento alla normativa antiriciclaggio, va tenuto presente che il recente riconoscimento del ruolo di autorità di vigilanza di settore sugli istituti di vigilanza che trattano il contante trova la sua ragione nell’approfondita conoscenza acquisita dalla Banca d’Italia mediante lo svolgimento di controlli di tipo ispettivo e cartolare sui gestori professionali del contante, categoria cui gli istituti di vigilanza privata appartengono pur non esaurendone il novero dei componenti[32].

Il motivo di tali controlli va a sua volta ricercato nella posizione che i gestori del contante e, in particolare, gli istituti di vigilanza privata rivestono nell’ambito di quello che la BCE definisce il “ciclo del contante”: «le banconote seguono un preciso percorso all’interno del sistema economico. Le banche commerciali ordinano i biglietti presso le banche centrali, per poi distribuirli attraverso i loro sportelli. I cittadini ne usufruiscono per acquistare nei mercati, nei negozi e in altri esercizi. I commercianti e gli altri esercenti depositano quindi il contante presso le rispettive banche. Le banche e altri gestori del contante fanno rientrare le banconote alle banche centrali del proprio paese oppure le rimettono in circolazione una volta verificata la loro autenticità e idoneità al ricircolo»[33].

Poiché il diritto della BCE e delle Banche centrali nazionali di emettere banconote in euro comprende altresì la competenza ad adottare tutte le misure legali necessarie a proteggere l’integrità delle stesse banconote quale mezzo di pagamento[34], la BCE con la Decisione n. 14 del 16 settembre 2010[35]ha fissato il principio secondo il quale per proteggere l’integrità di tali banconote e consentire un’adeguata identificazione di quelle false[36]– preservando in tal modo la fiducia del pubblico – sono necessari non solo controlli di autenticità ma anche di idoneità, cioè controlli diretti a verificare che le banconote in euro in circolazione siano in buone condizioni, in quanto ciò consente, sempre secondo la BCE, agevoli e affidabili controlli di autenticità.

Per adeguare il quadro normativo nazionale a tali indicazioni della BCE, il DL 1/2012[37], articolo 97, comma 1, lettera a, è intervenuto sul DL 350/2001[38]modificandone l’articolo 8 (Gestione e distribuzione al pubblico di banconote e monete metalliche in euro), il cui testo ora stabilisce, tra l’altro, che «I gestori del contante si assicurano dell’autenticità e dell’idoneità a circolare delle banconote e delle monete metalliche in euro che intendono rimettere in circolazione e provvedono affinché siano individuate quelle false[39]e quelle inidonee alla circolazione», delineando in tal modo le attività nelle quali si articola la gestione o trattamento del contante. Tali sono le attività finalizzate:

a) alla individuazione delle banconote sospette di falsità (controlli di autenticità);

b) alla separazione delle banconote idonee a essere rimesse in circolazione da quelle inidonee in quanto logore o danneggiate[40](controlli di idoneità)[41].

Lo stesso articolo 8 riconosce alla Banca d’Italia sia un potere di controllo ispettivo[42]sui gestori del contante al fine di verificare il rispetto degli obblighi previsti dalla Decisione BCE 2010/14, con esclusivo riferimento alle banconote in euro[43], sia il potere di emanare le disposizioni attuative della disciplina con riguardo alle procedure, all’organizzazione occorrente per il trattamento del contante, ai dati e alle informazioni che i gestori del contante sono tenuti a trasmettere[44], disposizioni che sono contenute nel Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016 (v. infra, paragrafo 5.1), attualmente in corso di modifica mediante il primo dei due provvedimenti posti in consultazione il 17 dicembre 2018 (v. supra, paragrafo 3).

5. Gli istituti di vigilanza privata gestori del contante: un quadro normativo complesso

I nuovi poteri riconosciuti alla Banca d’Italia in materia di contrasto del riciclaggio, come detto, non riguardano l’intera categoria dei soggetti che svolgono l’attività di gestione del contante[45], ma solo un nucleo ben preciso di operatori, cioè coloro che sono in possesso della licenza prefettizia ai sensi dell’articolo 134 del Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 (d’ora innanzi TULPS).

Si tratta in sostanza di operatori che fornendo servizi integrati di vigilanza hanno saputo fidelizzare la propria clientela, prevalentemente bancaria e del comparto della grande distribuzione organizzata, offrendo oltre al trasporto e alla custodia del contante anche l’attività di gestione dello stesso tramite processi industriali di autenticazione e selezione di cui, negli anni, si è cercato di migliorare l’efficienza e la sicurezza anche attraverso interventi normativi e ispettivi.

Il quadro giuridico di riferimento del settore della vigilanza privata è costituito principalmente da tre atti normativi di carattere generale, più un quarto con specifico riferimento al trattamento del contante:

  • il già citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS);
  • il Regolamento per l’esecuzione del TULPS[46] (d’ora innanzi “Regolamento”);
  • il Decreto ministeriale 1° dicembre 2010, n. 269[47] (d’ora innanzi DM 269/2010), modificato con il Decreto ministeriale 25 febbraio 2015, n. 56;
  • il Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016, “Disposizioni relative al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo”, e in particolare l’allegato 1 “Disposizioni per l’attività di gestione del contante”.

Come accennato, l’articolo 134 del TULPS subordina la prestazione di «opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari (…) per conto di privati» al rilascio di specifica licenza prefettizia[48].

Originariamente la norma prevedeva tra i requisiti per il rilascio della licenza il possesso della cittadinanza italiana, scelta censurata dalla Corte di giustizia della comunità europea con la sentenza C-289/99 del 31 maggio 2001, che ha imposto l’equiparazione dei cittadini comunitari a quelli italiani anche in tale ambito.

La “Legge comunitaria 2001”[49] all’articolo 33, comma 1, lettera a, ha pertanto provveduto a integrare l’articolo 134 del TULPS con la previsione della possibilità di ottenere la licenza anche da parte dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea. Successivamente la stessa Corte con la sentenza C-465/02 del 13 dicembre 2007 ha individuato altri punti di contrasto fra alcune delle regole fissate dal TULPS e i principi di libera prestazione dei servizi[50], tanto da indurre il legislatore nazionale a intervenire sul TULPS e sul Regolamento dapprima con il DL 59/2008[51] e poco dopo con il DPR 153/2008[52].

In particolare, quest’ultimo[53] ha modificato l’articolo 257 del Regolamento dando contenuto al concetto di “capacità tecnica”, al cui possesso l’articolo 136 del TULPS subordina il rilascio della licenza[54]: l’articolo 257 del Regolamento infatti, dopo aver dettato disposizioni sull’articolazione della domanda per l’ottenimento della licenza[55] nonché sulla documentazione a corredo[56], ha demandato al Ministro dell’Interno, «anche al fine di meglio definire la capacità tecnica di cui all’articolo 136 della legge», l’onere di individuare «le caratteristiche minime cui deve conformarsi il progetto organizzativo ed i requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi di cui all’articolo 134 della legge, nonché i requisiti professionali e di capacità tecnica richiesti per la direzione dell’istituto e per lo svolgimento degli incarichi organizzativi».

Al tal fine il Ministro dell’Interno ha emanato il DM 269/2010, che ha prescritto caratteristiche e requisiti diversi a seconda:

  • del tipo di attività svolta;
  • del numero di guardie giurate utilizzate per l’espletamento dei servizi;
  • dell’ampiezza dell’area di operatività.

Con riferimento al primo aspetto, il DM 269/2010 utilizza l’espressione “classe funzionale” per raggruppare le diverse attività degli istituti di vigilanza privata in cinque gruppi, individuati dalle lettere dalla A alla E[57]. Nel caso di istituti che svolgono attività riferibili a più classi funzionali (ad esempio servizi di trasporto valori, rientranti nella classe funzionale D, e servizi di custodia e deposito, rientranti nella classe funzionale E) il decreto stabilisce che si applichino le caratteristiche minime e i requisiti minimi previsti per ciascuna classe.

Per quanto riguarda invece il numero delle guardie giurate, gli istituti sono suddivisi in quattro diversi “livelli dimensionali”[58].

Con riferimento all’area di operatività sono previsti, a seconda dell’ampiezza del territorio (provinciale o ultraprovinciale) nell’ambito del quale l’istituto di vigilanza privata intende operare e dell’ampiezza dell’ipotetico bacino di utenza (popolazione residente in base alle tabelle Istat), cinque diversi “ambiti territoriali”[59].

Per gli istituti di vigilanza privata che trattano il contante andrà presa in considerazione la classe funzionale E (servizi di custodia e deposito valori)[60], dato che la lavorazione delle banconote richiede, anche se in via temporanea, la loro custodia in un locale definito usualmente come “sala conta”, nella disponibilità dell’operatore[61].

La circostanza che gli istituti di vigilanza privata che trattano il contante rientrino nella classe funzionale E ha effetti sostanziali:

  • sull’ammontare della cauzione da prestare: l’articolo 137 del TULPS stabilisce infatti che il rilascio della licenza è subordinato al versamento nella Cassa depositi e prestiti di una cauzione[62] di importo – per la classe funzionale E – pari al minimo a 150.000 euro[63] per gli istituti che hanno fino a 300 dipendenti, da incrementare di 25.000 euro ogni 100 dipendenti in più[64];
  • sulla misura della copertura assicurativa: il DM 269/2010 prevede infatti, fra i requisiti minimi di qualità per il rilascio della licenza, il possesso di una copertura assicurativa per responsabilità civile contrattuale (RCC) e responsabilità civile conto terzi (RCT), che dipende non solo dall’attività svolta (classe funzionale) ma anche dal livello dimensionale dell’istituto richiedente[65].

L’allegato A del DM 269/2010 detta inoltre disposizioni di tipo organizzativo per lo più di carattere tecnico attinenti prevalentemente all’attività di vigilanza: ad esempio al punto 4.1.2 stabilisce che l’istituto di vigilanza, per svolgere l’attività di cui alla “classe funzionale” E, deve avere “una centrale operativa” presidiata 24 ore su 24 da guardie giurate con caratteristiche tecniche sempre più sofisticate a seconda dell’ampiezza dell’ambito territoriale.

5.1 Il Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016

Per quanto riguarda gli aspetti organizzativi attinenti al trattamento del contante, gli istituti di vigilanza privata sono tenuti a rispettare, al pari degli altri gestori del contante, le disposizioni adottate dalla Banca d’Italia con il Provvedimento del 22 giugno 2016 emanato in attuazione dei poteri normativi attribuiti dall’articolo 8, comma 9, del citato DL 350/2001, al fine di presidiare il “rischio di ricircolo”[66] di banconote false o inidonee. A tal fine la Banca d’Italia chiede il rispetto dei seguenti requisiti organizzativi:

  • l’adozione di un processo di lavorazione del contante documentato[67] (nell’ambito del quale vengano definiti, con riferimento a ciascuno dei soggetti coinvolti, il ruolo con i relativi compiti e responsabilità) e strutturato in modo da assicurare in ogni fase della lavorazione la “costante riferibilità” delle banconote trattate (distinte fra sospette di falsità, inidonee alla circolazione e ricircolabili) al soggetto versante, cioè al cliente che ha conferito l’incarico di trattare il proprio contante. Tale principio non deve venir meno neanche dopo l’attività di lavorazione vera e propria delle banconote, cioè nella fase della custodia nei locali di sicurezza, dovendosi mantenere le stesse suddivise per soggetto versante (criterio della segregazione).
  • Il processo di lavorazione deve, infine, essere delineato e posto in essere con modalità tali da assicurare costantemente la sicurezza delle banconote[68] e cioè evitare il rischio di sottrazione (o anche lo smarrimento) delle banconote di proprietà del versante: per questo è previsto che l’attività in “sala conta” e la movimentazione dei valori da e verso i locali di custodia debba sempre avvenire in presenza di almeno due addetti e che nei locali in cui si svolge la lavorazione dei valori possa accedere solo il personale strettamente indispensabile.
  • l’effettuazione di controlli di autenticità e di idoneità mediante apparecchiature “conformi”, intendendosi per tali quelle che hanno superato positivamente, per l’hardware e per il software, i test di una Banca centrale nazionale dell’Eurosistema e figurino pertanto nell’apposito elenco pubblicato sul sito internet della BCE. L’utilizzo delle apparecchiature conformi è imprescindibile nel caso di banconote che devono essere messe in circolazione tramite dispositivi automatici di prelievo[69], mentre per le banconote da ricircolare allo sportello i controlli di autenticità e di idoneità possono essere effettuati manualmente da parte di “personale addestrato”[70].
  • Considerata l’importanza riservata in tale contesto alle apparecchiature, le disposizioni della Banca d’Italia impongono all’istituto di vigilanza che tratta il contante di controllare periodicamente la corrispondenza del software installato con quello indicato nell’elenco pubblicato sul sito internet della BCE. Inoltre, i contratti di fornitura, oltre ad attestare la conformità delle apparecchiature, dovranno contenere l’impegno contrattuale del fornitore a comunicare tempestivamente all’istituto di vigilanza cliente le variazioni del software e l’eventuale cancellazione dell’apparecchiatura dall’elenco della BCE;
  • l’utilizzo di personale professionalmente adeguato alle attività da svolgere. In sostanza è richiesta una costante attività di formazione del personale, finalizzata alla conoscenza del quadro normativo di riferimento, delle caratteristiche di sicurezza pubbliche delle banconote e della corretta operatività delle macchine da utilizzare per l’effettuazione dei controlli di autenticità e idoneità;
  • un sistema dei controlli interni strutturato su più livelli[71], idoneo a garantire «il rispetto delle norme e delle procedure aziendali, la pronta rilevazione di carenze e anomalie, la segnalazione delle medesime ai competenti livelli di controllo e la verifica dei conseguenti interventi di sistemazione»[72]. Con riferimento a questo aspetto il Provvedimento richiede, tra l’altro, la conservazione della documentazione che provi l’effettuazione dei controlli.

Va infine sottolineato che, a differenza di quanto previsto dall’articolo 134 del TULPS per le attività di vigilanza e custodia, il trattamento del contante, almeno allo stato, non richiede alcuna autorizzazione da parte della Banca d’Italia: gli istituti di vigilanza privata che intendono esercitare tale attività – al pari degli altri gestori del contante – sono tenuti a inoltrare solo una comunicazione preventiva alla Banca d’Italia contenente le attività da svolgere, l’assetto organizzativo adottato e la tipologia di apparecchiature che verranno utilizzate.

Tale modalità è destinata a mutare in relazione alle modifiche apportate all’articolo 8 del DL 350/2001 dal D.lgs. 90/2017: quest’ultimo ha infatti integrato l’articolo citato con i commi 2 bis e 2 ter, in base ai quali gli istituti di vigilanza privata per svolgere l’attività di trattamento delle banconote in euro dovranno iscriversi in un apposito elenco tenuto dalla Banca d’Italia, chiamata a disciplinare con proprio regolamento i requisiti per l’iscrizione nonché i casi di cancellazione e di decadenza dallo stesso. A tal fine la Banca d’Italia ha elaborato (cfr. supra, paragrafo 3) una prima versione del relativo provvedimento ponendolo in consultazione sul proprio sito istituzionale fino al 18 febbraio 2019.

6. Gli strumenti di contrasto

6.1 I limiti al trasferimento del contante

Gli strumenti utilizzati per contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo mediante il contante sono di tipo diverso.

I primi, non per importanza ma per semplicità di applicazione, sono i limiti al trasferimento di contante fra privati, sui quali è intervenuta anche la Commissione europea al termine del primo Supranational Risk Assessment[73] per ribadire che, anche a causa nell’assenza nell’Unione di regole uniformi sui limiti ai pagamenti in contante, quest’ultimo rimane il mezzo più utilizzato per scopi di riciclaggio/finanziamento del terrorismo (money laundering/terrorist financing, ML/TF)[74].

La stessa Commissione europea ha, tuttavia, ribadito nella Raccomandazione 2010/191 del 22 marzo 2010 che “l’accettazione delle banconote e monete in euro come mezzo di pagamento deve costituire la norma nelle operazioni al dettaglio”[75]. Al riguardo la BCE, nei casi in cui è stata interpellata in argomento ha richiamato il considerando 19 del Regolamento CE 974/98 del Consiglio UE laddove stabilisce che “le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi di interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari”[76] soggiungendo che, in ogni caso, tali misure dovrebbero essere proporzionate all’obiettivo perseguito[77],.

Circa i predetti limiti non può dirsi che il legislatore italiano sia rimasto insensibile all’argomento, considerate le volte in cui è intervenuto sulla soglia stabilita dall’articolo 49 del D.lgs. 231/2007 per il trasferimento del contante fra privati[78] e prevedendo talvolta anche soglie specifiche[79].

Talvolta gli interventi normativi in materia di contante, risentendo di orientamenti politici diversi, hanno presentato repentini cambi di direzione: oltre alle modifiche – in aumento e in diminuzione – in materia di limiti al trasferimento di contante fra privati, si ricorderà ad esempio che la fissazione a 1.000 euro del limite stabilito con il DL 6 dicembre 2011, n. 201 (decreto “salva Italia”, convertito con modificazioni con la L. 22 dicembre 2011, n. 214) fu seguita da una levata di scudi tale da indurre il Governo allora in carica ad attenuare la misura appena adottata e a emanare il DL 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. La nuova disposizione stabilì che, per l’acquisto di beni e di prestazioni di servizi legati al turismo da parte di persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e, comunque, diversa da quella di uno dei paesi dell’Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo, con residenza fuori dal territorio dello Stato italiano, il limite ordinario di 1.000 euro fosse elevato a 15.000 euro, a condizione che il cedente del bene o il prestatore del servizio provvedesse a una serie di adempimenti.

Orbene il D.lgs. 90/2017, oltre a essere intervenuto su più punti del D.lgs. 231/2007, ha ridotto tale limite da 15.000 euro a 10.000 euro[80], mentre la L. 30 dicembre 2018, n. 145, lo ha portato nuovamente a 15.000 euroe ha previsto che tale deroga non si applichi più solo a persone fisiche con cittadinanza diversa da quella di uno dei paesi dell’Unione europea ma a tutte le persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana[81] purché non residenti in Italia.

Oltre ai limiti veri e propri sono presenti nel nostro ordinamento delle disposizioni percepite (erroneamente) come tali: ad esempio l’articolo 32 del DPR 600/1973, che in tema di prelievi di contante fissa delle soglie di attenzione per l’Amministrazione finanziaria finendo per svolgere una involontaria funzione di deterrenza nei confronti dell’uso di contante. La norma citata, al comma 1, n. 7, consente agli Uffici delle imposte di chiedere a banche, Poste italiane spa, società ed enti di assicurazione, intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio e società fiduciarie informazioni riguardanti i rapporti con i clienti che, una volta acquisite, possono essere seguite da richieste al cliente di spiegazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria stessa.

In relazione a ciò l’articolo 32 al comma 2 prevede una sostanziale inversione dell’onere della prova laddove stabilisce, per quanto riguarda i titolari di reddito d’impresa, che sono considerati maggiori ricavi i prelievi superiori a 1.000 euro giornalieri e comunque a 5.000 euro mensili[82] se il contribuente non riesce a giustificare tali operazioni[83].

Anche l’Unione europea è intervenuta in tema di limiti all’ammontare delle transazioni in contante: in particolare, la Direttiva UE 2015/849 se da un lato ha comprensibilmente sottolineato il rischio di riciclaggio insito nei pagamenti in contanti di importo elevato, dall’altro ha comunque sollecitato gli Stati membri ad adottare limitazioni supplementari di ordine generale all’uso del contante[84].

Rispetto a ciò appaiono a tratti inaspettati i risultati dello studio di impatto che la Commissione europea ha fatto predisporre in tema di restrizioni ai pagamenti in contanti che si trova riassunto in una Relazione al Parlamento e al Consiglio pubblicata il 12 giugno 2018[85].

Lo studio di impatto era stato ordinato dalla Commissione dopo che la stessa aveva pubblicato a febbraio 2016 un “piano” per rafforzare l’azione di contrasto del terrorismo nel quale si affermava che «I pagamenti in contanti sono ampiamente usati per il finanziamento delle attività terroristiche (…). In tale contesto, potrebbe anche essere studiata la pertinenza di eventuali limiti massimi ai pagamenti in contante»[86]. Pertanto, dopo un formale invito dell’ECOFIN ad analizzare la necessità di opportune restrizioni sui pagamenti in denaro contante superiori a determinate soglie la Commissione ha affidato lo studio a un consorzio privato con lo scopo di valutare il potenziale impatto delle restrizioni ai pagamenti in contanti sulle attività illecite e sul mercato interno.

Nel febbraio 2018 lo studio è stato ultimato e le conclusioni, riassunte nella Relazione della Commissione pubblicata lo scorso giugno, sono state che:

a) «le restrizioni ai pagamenti in contanti contribuirebbero in scarsa misura a contrastare il finanziamento del terrorismo o la frode fiscale»[87], in quanto:

  • le operazioni terroristiche perpetrate l’11 settembre 2001 per i loro costi (400.000 o 500.000 dollari statunitensi) rappresenterebbero in realtà un’eccezione rispetto ai costi degli attuali attentati terroristici, spesso inferiori ai 10.000 euro. Pertanto, i limiti al trasferimento di contante inciderebbero in scarsa misura sulla capacità di preparare tali attentati;
  • le frodi fiscali di rilievo non sono perpetrate tramite l’uso di contanti ma mediante operazioni e strutture giuridiche complesse, spesso di dimensione multinazionale. Più in generale le frodi fiscali riguardano frequentemente operazioni in contanti di importo contenuto (per esempio il pagamento di fatture di ristoranti), e quindi non sarebbero interessate ai limiti che, il più delle volte, riguardano importi più ingenti;

b) le restrizioni ai pagamenti in contanti potrebbero rivelarsi utili nella lotta contro il riciclaggio di denaro, tenendo presente tuttavia che il riciclaggio tramite l’utilizzo del contante avviene sovente attraverso l’acquisto di beni di valore elevato. A tale riguardo la Relazione sembrerebbe suggerire come più utile a fini di intelligence, piuttosto che la fissazione di limiti elevati, la previsione di un obbligo di “dichiarazione” in capo a rivenditori, la cui efficacia (sottolinea con una nota di scetticismo la Commissione) dipenderebbe dal livello di osservanza dei rivenditori stessi, che dovrebbero identificare gli acquirenti ed eventualmente raccogliere le loro dichiarazioni, e dalla misura in cui tali dichiarazioni verrebbero analizzate dalle strutture di intelligence. La Commissione evidenzia che una scelta normativa del genere richiederebbe costi di compliance sicuramente superiori a quelli conseguenti la mera imposizione di limiti ai pagamenti in contanti.

Infine, la Commissione riferisce che «Il messaggio principale tratto dall’indagine» svolta per realizzare lo studio è che una maggioranza considerevole degli intervistati (94 per cento) alla domanda «Sarebbe favorevole all’introduzione di restrizioni ai pagamenti in contanti a livello dell’UE?» ha risposto negativamente[88].

6.2 Segnalazioni di operazioni sospette e regole di adeguata verifica

Altri strumenti di contrasto del riciclaggio mediante l’utilizzo di contante sono rappresentati dalle regole di adeguata verifica e da quelle in materia di inoltro di segnalazioni di operazioni sospette.

Con riguardo a quest’ultimo aspetto, il legislatore italiano è intervenuto nel 2010 per modificare l’articolo 41 (Segnalazione di operazioni sospette) del D.lgs. 231/2007 stabilendo che: «È un elemento di sospetto il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione dei limiti di cui all’articolo 49 e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro»[89]. Come si legge nella circolare interpretativa del Ministero dell’Economia e delle finanze n. 297944 dell’11 ottobre 2010, «le nuove norme mirano a richiamare l’attenzione sull’uso del contante che in Italia ha una circolazione più intensa rispetto alla media europea con conseguenti maggiori rischi di riciclaggio e di evasione fiscale[90] , contribuendo in sostanza alla definizione di un «particolare indice di anomalia da tenere in considerazione nella valutazione complessiva dell’operazione».

La stessa norma, in occasione del recepimento della Direttiva UE 2015/849, è stata trasfusa nell’articolo 35 e ulteriormente modificata: essa risulta oggi ancora più ampia quanto agli elementi che pongono in connessione utilizzo di contante e riciclaggio, in quanto è stato eliminato il riferimento alla soglia di attenzione fissata originariamente a 15.000 euro. Più in generale, è previsto che costituisce elemento di sospetto «Il ricorso frequente o ingiustificato ad operazioni incontante, anche se non eccedenti la soglia di cui all’articolo 49 e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio del cliente»[91].

In tema di segnalazioni di operazioni sospette, dall’ultimo rapporto pubblicato dalla UIF emerge che le operazioni in contanti hanno rappresentato nel 2017 una percentuale rilevante (21 per cento) del totale delle operazioni segnalate come sospette, precedute solo da quelle relative ai bonifici nazionali (27 per cento) e alle disposizioni di trasferimento effettuate presso money transfer (25 per cento)[92].

Almeno in termini di efficacia tuttavia lo strumento segnaletico, limitatamente al contante, si è dimostrato al di sotto delle aspettative.

Se infatti da un lato esiste, secondo il Comitato di Sicurezza Finanziaria, una «tendenza dei soggetti obbligati a valutare come sospette le operazioni eseguite dalla propria clientela in denaro contante (…) in coerenza con le opportunità che tale strumento offre – in termini di ostacolo alla tracciabilità – per il perseguimento di quelle condotte criminali considerate a maggior rischio per il paese (quali la corruzione e l’evasione fiscale)», dall’altro il Comitato ammette che «tali segnalazioni vengono spesso inoltrate per motivi cautelativi e sono caratterizzate più da generici profili di anomalia che da circostanziati elementi di sospetto»[93]. È quanto si può dedurre dall’osservazione dei dati riferiti alle segnalazioni archiviate, in larga maggioranza (quasi il 70%) riconducibili a operazioni in contanti.

Quanto alla “linea di difesa” rappresentata dalle norme in tema di adeguata verifica la Direttiva UE 2015/849 ha posto fra le situazioni potenzialmente a più alto rischio le attività economiche caratterizzate da un elevato utilizzo di contante[94].

Conseguentemente in ambito nazionale l’articolo 24 del D.lgs. 231/2007 ha stabilito che i soggetti tenuti ad applicare la normativa antiriciclaggio – ai fini dell’individuazione delle ipotesi da sottoporre a misure rafforzate di adeguata verifica – tengano conto, per valutare il livello di rischio, dell’eventuale svolgimento da parte del cliente di attività economiche caratterizzate da elevato utilizzo di contante[95].

Sempre in tema di adeguata verifica, regole di rafforzamento sono previste dal Provvedimento adottato dalla Banca d’Italia il 3 aprile 2013 nelle ipotesi di utilizzo di banconote di grosso taglio[96]: quest’ultimo ha stabilito che, in presenza di operazioni di deposito, di prelievo, di pagamento o di qualsiasi altra operazione con utilizzo di banconote di grosso taglio (500 euro e 200 euro) per importi unitari superiori a 2.500 euro, i destinatari degli obblighi antiriciclaggio effettuino specifici approfondimenti per escludere la connessione di tale operatività con fenomeni di riciclaggio. Tale misura sarebbe divenuta necessaria in quanto l’utilizzo di banconote di grosso taglio sarebbe di fatto caratterizzato da un maggior rischio di riciclaggio; tali banconote agevolerebbero infatti il trasferimento di importi elevati di contante favorendo in tal modo le transazioni finanziarie non tracciabili.

Lo stesso orientamento è emerso dal report relativo al Supranational Risk Assessment della Commissione europea, dove è stato sottolineato che l’accettazione di banconote appartenenti ai tagli apicali da parte di soggetti che operano in settori cash intensive non fa altro che amplificarne l’esposizione al rischio[97]e che, comunque, la decisione adottata dalla BCE a maggio 2015 riguardo la produzione della banconote da 500 euro non potrà che ridurre il rischio rappresentato dai pagamenti in contanti[98].

Tuttavia qualche effetto non proprio positivo potrebbe aver sortito un’applicazione non corretta da parte delle banche delle norme antiriciclaggio emanate dalla Banca d’Italia in materia di adeguata verifica delle operazioni con l’utilizzo di banconote di grosso taglio, norme alle quali da maggio 2016 si è sommato l’effetto del comunicato della BCEdi voler porre fine con effetto immediato alla produzione e all’emissione della banconota da euro 500, con la motivazione di dover tener conto dei timori riguardo alla possibilità che questo taglio possa agevolare lo svolgimento di attività illecite. A segnalare che possa essersi verificato qualche fraintendimento è la circostanza – riportata anche da un quotidiano nazionale – che, nonostante l’assicurazione data dalla BCE che la banconota da 500 euro avrebbe continuato ad avere corso legale conservando sempre il suo valore, la Banca d’Italia sia dovuta intervenire sul sistema bancario ribadendo che la banconota del taglio apicale continuava ad avere corso legale[99].

6.3 Strumenti conoscitivi

Un ulteriore ordine di strumenti di contrasto del riciclaggio mediante l’utilizzo del contante è rappresentato da strumenti di tipo conoscitivo.

Fanno parte di questo tipo di strumenti in primo luogo le Segnalazioni Antiriciclaggio Aggregate (S.AR.A.), disciplinate dal Provvedimento UIF del 23 dicembre 2013. Si stratta in sostanza di dati concernenti operazioni registrate nell’archivio unico informatico di intermediari bancari e finanziari, che vengono trasmesse mensilmente in forma aggregata anche per le operazioni effettuate in contanti[100]. Tali informazioni concorrono all’analisi strategica condotta per contribuire a indirizzare l’azione di intelligence della UIF, che dunque dispone, seppure con una serie di caveat, di una robusta fonte di conoscenza in tema di utilizzo di contante sul territorio nazionale.

Un ulteriore passo nella direzione di potenziare gli strumenti di tipo conoscitivo è rappresentato dalla previsione manifestata di recente dalla UIF di dare attuazione al contenuto dell’articolo 47 del D.lgs. 231/2007 dettato in tema di “comunicazioni oggettive”.

La norma citata prevede che la UIF possa dettare istruzioni per imporre ai destinatari della disciplina antiriciclaggio l’inoltro, con cadenza periodica, di dati e informazioni relative a operazioni effettuate dalla clientela a prescindere dalla presenza o meno di elementi di sospetto.

Come noto a luglio 2018 la UIF ha posto in consultazione un documento che individua proprio nelle operazioni in contante, «quale categoria a elevato rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo»[101], le operazioni da sottoporre prioritariamente ai nuovi obblighi di comunicazione.

Le comunicazioni, almeno secondo il documento posto in consultazione, avranno ad oggetto operazioni di importo pari o superiore a 10.000 euro anche se realizzate nel mese attraverso più operazioni singolarmente pari o superiori a 1.000 euro da parte dello stesso cliente o esecutore, e costituiranno una base dati ampia, omogenea e sistematica, utile alla UIF per arricchire le analisi delle segnalazioni di operazioni sospette e per approfondire fenomeni a rischio. In prospettiva l’adempimento dell’obbligo di comunicazione ex articolo 47 D.lgs. 231/2007 dovrebbe produrre un duplice vantaggio: da un lato ridurre il numero di segnalazioni di operazioni sospette, in quanto la comunicazione oggettiva esclude l’obbligo di segnalazione, salvo in alcuni casi specifici descritti dall’articolo 4 del Provvedimento UIF posto in consultazione; dall’altro una più approfondita conoscenza del fenomeno dell’utilizzo del contante, stante la ricchezza dei dati che accompagneranno tali comunicazioni.

Infine, il quadro degli strumenti conoscitivi in materia di contante verrà arricchito per effetto dell’entrata in vigore delle disposizioni poste in consultazione dalla Banca d’Italia il 17 dicembre 2018 (cfr. supra paragrafo 3).

L’articolo 23 del documento posto in consultazione in materia antiriciclaggio per gli istituti di vigilanza che trattano il contante prevede infatti che questi ultimi inoltrino trimestralmente alla Banca d’Italia dati aggregati sulle banconote ritirate e somministrate a banche e ad altri soggetti (per lo più della grande distribuzione organizzata). I dati, trasmessi secondo schemi tecnici che sono già stati posti in consultazione dei destinatari, comprendono informazioni sui tagli delle banconote somministrate o ritirate, sulle banche interessate da tali flussi e sui comuni in cui le stesse sono insediate.

Si tratta dunque di un patrimonio informativo che potrà contribuire a rappresentare in maniera dinamica e con ricchezza di dettagli la distribuzione del contante sul territorio, concorrendo a individuare aree di maggiore interesse verso le quali indirizzare le attività di analisi finanziaria e l’azione investigativa.

7. Considerazioni conclusive

Le disposizioni in materia di contrasto del riciclaggio poste in consultazione il 17 dicembre 2018 sanano una sorta di “strabismo legislativo”: da un lato infatti il contante è stato costantemente indicato come il principale fra gli strumenti di pagamento utilizzati per riciclare; dall’altro si prevedeva però un’autorità di vigilanza di settore, con i relativi poteri normativi, di controllo e sanzionatori, solo per taluni dei gestori del contante, lasciando sostanzialmente privi di normativa secondaria in materia di contrasto al riciclaggio gli istituti di vigilanza privata, nonostante questi gestissero una quota significativa del contante complessivamente trattato.

Banche, Poste italiane spa, istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento, anche loro da ricomprendere nel novero dei gestori del contante, sono stati in passato destinatari (in quanto intermediari bancari e finanziari) di due importanti atti normativi della Banca d’Italia che ne hanno attenuato il rischio di coinvolgimento in episodi di riciclaggio: il primo è rappresentato dal “Provvedimento recante disposizioni attuative in materia di organizzazione, procedure e controlli interni”, del 10 marzo 2011, il secondo dal “Provvedimento recante disposizioni attuative in materia di adeguata verifica della clientela”, del 3 aprile 2013. A questi si sono inoltre accompagnate le disposizioni diffuse alle banche in materia di autovalutazione del rischio.

Nulla di tutto ciò per gli istituti di vigilanza privata, che solo nel 2016 si sono spontaneamente dotati, in base a un accordo fra le diverse associazioni che raggruppano gli operatori del settore, di disposizioni in tema di adeguata verifica della clientela modulate sulle loro peculiarità operative.

Tutto ciò non è passato inosservato neanche agli assessors del GAFI, che nel loro rapporto pubblicato a febbraio 2016 hanno sottolineato che se le istituzioni finanziarie, in particolare le banche di maggiori dimensioni, generalmente hanno una buona percezione delle minacce cui sono esposte con riferimento a episodi di riciclaggio, gli operatori non finanziari presentano una minore sensibilità rispetto a questa tematica anche per l’assenza di una normativa secondaria dettagliata.[102]

Le disposizioni attualmente in consultazione, attraverso la previsione di compiti specifici in materia di contrasto del riciclaggio per i diversi organi aziendali, dell’obbligo di istituire un’apposita funzione antiriciclaggio e assegnando compiti anche in questo ambito alla funzione di revisione interna (nei casi in cui è prescritto che venga istituita) colmano dunque, almeno per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, un vuoto normativo, contribuendo a completare il complessivo sistema antiriciclaggio italiano.

 

[1] L’intervento dell’esponente della Bank of England si collocava temporalmente in un periodo contrassegnato da ripetute decisioni della Banca centrale europea (BCE) di abbassare il tasso di interesse sui depositi overnight a partire da luglio 2012, fino a giungere a fissare il tasso in discorso al -0,40 per cento con decisione del 16 marzo 2016. Come è stato sottolineato, queste decisioni e soprattutto l’ultima ha indotto le IFM a convertire parte della propria liquidità in contanti anche se l’aumento della cassa contante delle IFM è stato valutato contenuto dalla stessa BCE probabilmente per effetto di vincoli logistici rappresentati da problematiche legate allo stoccaggio di grosse quantità di contante e dai costi delle coperture assicurative. In tal senso Tendenze e andamenti nell’utilizzo del contante in euro negli ultimi dieci anni, a cura di Laure Lalouette e Henk Esselink, in BCE, Bollettino economico, 6, 2018, p. 109, disponibile sul sito internet della Banca d’Italia all’indirizzo http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-eco-bce/2018/bol-eco-6-2018/index.html.

[2] «As well as solving the ZLB problem, it has the added advantage of taxing illicit activities undertaken using paper currency, such as drug-dealing, at source», How low can you go?, speech given by Andrew G Haldane, Chief Economist, Bank of England, Portadown Chamber of Commerce, Northern Ireland, 18 September 2015, p. 11 (trad. dell’a). Il testo integrale è disponibile sul sito internet della Bank of England all’indirizzo: https://www.bankofengland.co.uk/-/media/boe/files/speech/2015/how-low-can-you-can-go.pdf?la=en&hash=93EDF79B04880BB0CA393854FB4C4F6A0EDAB4CC.

[3] Cfr. https://www.kevindowd.org/ oppure https://www.dur.ac.uk/research/directory/staff/?id=11168.

[4] L’articolo citato è disponibile in internet all’indirizzo: https://www.cobdencentre.org/2017/05/the-war-on-cash-haldane-edition/.

[5] «Cash is a very efficient way of handling small transactions; it is costless and easy to use; cash transactions are immediate and flexible; cash is highly anonymous and traditionally, the anonymity of cash was considered to be one of its greatest benefits; cash does not need a password and, unlike a bank account, can’t be hacked» (trad. dell’a.).

Per inciso, non sembra discostarsi in maniera significativa l’opinione manifestata dal Vice Direttore generale della Banca d’Italia, Fabio Panetta nel corso di un intervento tenutosi il 7 giugno 2018 presso l’Università Bocconi di Milano nell’ambito del convegno intitolato Do we need central bank digital currencies? Economics, technology and psychology. L’esponente della Banca d’Italia, dopo aver affermato «I remain convinced that physical cash will continue for quite some time to be part of the payment system», ha soggiunto che «It is hard to dispute that money is probably one of the most important and useful social constructs, one that has been with us for around 3,000 years and is still very much in use». Infine ha concluso sottolineando: «Coins and banknotes have proven to be a resilient technology, it may be too early to call for their complete retirement», Fabio Panetta, 21st century cash: Central banking, technological innovation and digital currencies, p. 12, disponibile sul sito internet della Banca d’Italia all’indirizzo http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-direttorio/int-dir-2018/panetta-07062017.pdf.

[6] In tal senso Tendenze e andamenti cit., p. 92.

[7] In tal senso Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, 2014, Sintesi., paragrafo 2.1.1 Criticità del sistema economico-sociale, p. 8.

[8] La Community Cashless Society è una community costituita nel 2015 dalla European House Ambrosetti in materia di pagamenti elettronici, annovera fra i main partner: Consorzio CBI, Intesa Sanpaolo, Master Card, Mercury Payments Services, NEXI, Poste italiane, VISA.

[9] Pari al rapporto tra il valore del contante in circolazione e il PIL.

[10] Per completezza si riferisce che il rapporto indica come best performer europeo la Svezia, con un Cash Intensity Index pari all’1,5 per cento nel 2016, cfr. Community Cashless Society, Cashless Revolution: a che punto siamo e cosa resta da fare per l’Italia. Rapporto 2018, The European House-Ambrosetti spa, 2018, p. 51.

[11] L’indagine, nota con l’acronimo di SUCH, è stata condotta da ottobre a novembre 2015 e da gennaio a luglio 2016. I risultati sono sintetizzati in H. Esselink e L. Hernández, The use of cash by households in the euro area, European Central Bank, Occasional Paper Series, 201, novembre 2017, disponibile sul sito della BCE all’indirizzo: https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/scpops/ecb.op201.en.pdf.

[12] Punti vendita sono tutti i luoghi fisici in cui i consumatori possono acquistare prodotti o servizi.

[13] «Survey results show that cash was dominant at the POS. In terms of number of transactions, 78.8% of purchases at the POS were paid using cash, 19.1% using cards and the remaining 2.1% was paid using various other payment instruments», Esselink e Hernández,The use of cash by households cit., p. 18.

[14] Esselink e Hernández,The use of cash by households cit., p. 20.

[15] Il valore del circolante ha cominciato a ridursi in concomitanza con l’abbassamento a 1.000 euro del limite al trasferimento del contante fra privati, disposto con l’articolo 12 del DL 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214. Tuttavia anche in questo periodo il numero delle banconote in circolazione è aumentato, anche a causa delle stesse politiche restrittive che hanno sortito l’effetto di una ricomposizione della circolazione verso tagli più bassi, cfr. R. Rinaldi, Il contante nei pagamenti, intervento del Capo del Dipartimento Circolazione monetaria e Bilancio della Banca d’Italia nell’ambito de Il Salone dei Pagamenti 2017, Payments & the Digital Society, Milano, 22 novembre 2017, disponibile sul sito internet della Banca d’Italia all’indirizzo: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2017/Rinaldi_22112017.pdf.

[16] La crescita è iniziata nel 2016 in concomitanza con l’innalzamento del limite ex articolo 49 d.lgs. 231/2007 a 3.000 euro. .

[17] Banca d’Italia, Circolare 285 del 17 dicembre 2013 (Disposizioni di vigilanza per le banche), parte I, titolo IV, capitolo 3, sezione IV, paragrafo 3.

[18] Per “funzione operativa importante” si intende una funzione operativa per la quale risulta verificata almeno una delle seguenti condizioni:

i. un’anomalia nella sua esecuzione o la sua mancata esecuzione possono compromettere gravemente:

a. i risultati finanziari, la solidità o la continuità dell’attività della banca; ovvero

b. la capacità della banca di conformarsi alle condizioni e agli obblighi derivanti dalla sua autorizzazione o agli obblighi previsti dalla disciplina di vigilanza;

ii. riguarda attività sottoposte a riserva di legge;

iii. riguarda processi operativi delle funzioni aziendali di controllo o ha un impatto significativo sulla gestione dei rischi aziendali.

[19] La qualificazione della funzione di trattamento del contante come FOI non è determinabile in maniera univoca poiché dipende dalle caratteristiche di ciascuna banca, dal suo modello di business, dal valore dell’esternalizzazione. Qualora la banca individui la funzione di trattamento del contante come FOI si renderà necessario l’inoltro di una comunicazione preventiva alla Banca d’Italia o, a seconda dei casi alla BCE. Nella comunicazione, da effettuare almeno 60 giorni prima del conferimento dell’incarico, vanno descritte le esigenze aziendali che hanno determinato la scelta. Entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione la BCE o la Banca d’Italia possono avviare un procedimento d’ufficio di divieto dell’esternalizzazione, che si conclude a sua volta entro 60 giorni. Inoltre, entro il 30 aprile di ogni anno le banche trasmettono alla BCE o alla Banca d’Italia una relazione, redatta dalla funzione di revisione interna – o, se esternalizzata, dal referente aziendale – con le considerazioni dell’organo con funzione di controllo e approvata dall’organo con funzione di supervisione strategica, relativa ai controlli svolti sulle funzioni operative importanti o di controllo esternalizzate, alle carenze eventualmente riscontrate e alle conseguenti azioni correttive adottate. Nel caso di esternalizzazione del trattamento del contante all’interno del gruppo, le Disposizioni di vigilanza prevedono che sia inviata ugualmente comunicazione alla Banca d’Italia (o alla BCE, ma in tal caso a cura delle capogruppo). In generale, per le esternalizzazioni all’interno del gruppo, cfr. Banca d’Italia, Circolare 285, parte I, titolo IV, capitolo 3, sezione V, paragrafo 3.

[20] Si utilizza l’espressione “piena affidabilità” nel senso di “incondizionata”.

[21] La consultazione avrà termine il 18 febbraio 2019. Come specificato nella pagina del sito dedicata alle consultazioni in materia di trattamento delle banconote in euro da parte dei gestori del contante (http://www.bancaditalia.it/compiti/emissione-euro/consultazioni/index.html), per i documenti lì pubblicati «i soggetti interessati possono inviare, di norma entro 60 giorni, osservazioni, commenti, proposte. A consultazione conclusa, la Banca d’Italia pubblica un resoconto delle osservazioni ricevute, le proprie considerazioni e il testo definitivo, che restano sul sito a disposizione di tutti».

[22] Il decreto 374/1999, entrato in vigore a novembre 1999, all’articolo 1, comma 1, lettera c, indicava l’attività di «custodia e trasporto di denaro contante e di titoli o valori a mezzo di guardie particolari giurate, alla licenza di cui all’articolo 134 del T.U.L.P.S.» sottoposta alle norme della L. 197/1991, cioè della prima legge organica in materia di contrasto del riciclaggio. Il decreto, che all’articolo 4 già prevedeva espressamente per gli istituti di vigilanza privata obblighi di identificazione e segnalazione di operazioni sospette, è stato poi modificato dal D.lgs. 20 febbraio 2004, n. 56 (Attuazione della direttiva 2001/97/CE in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite).

[23] Cfr. D.lgs. 231/2007, articolo 14 “Altri soggetti” (testo vigente fino al 4 luglio 2017): «1. Ai fini del presente decreto per “altri soggetti” si intendono gli operatori che svolgono le attività di seguito elencate, il cui esercizio resta subordinato al possesso delle licenze, autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri, ovvero alla preventiva dichiarazione di inizio attività specificatamente richieste dalle norme a fianco di esse riportate:

a) recupero di crediti per conto terzi, in presenza della licenza di cui all’articolo 115 del TULPS;

b) custodia e trasporto di denaro contante e di titoli o valori a mezzo di guardie particolari giurate, in presenza della licenza di cui all’articolo 134 del TULPS;

c) trasporto di denaro contante, titoli o valori senza l’impiego di guardie particolari giurate, in presenza dell’iscrizione nell’albo delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto di terzi, di cui alla legge 6 giugno 1974, n. 298;

d) gestione di case da gioco, in presenza delle autorizzazioni concesse dalle leggi in vigore (…);

e) offerta, attraverso la rete internet e altre reti telematiche o di telecomunicazione, di giochi, scommesse con vincite in denaro (…);

e-bis) offerta di giochi o scommesse con vincite in denaro, con esclusione del lotto, delle lotterie ad estrazione istantanea o ad estrazione differita e concorsi pronostici, su rete fisica (…);

f) agenzia di affari in mediazione immobiliare (…)».

[24] D.lgs. 231/2007, articolo 53 “Controlli”, comma 2 (testo vigente fino al 4 luglio 2017): «I controlli sul rispetto degli obblighi previsti dal presente decreto e dalle relative disposizioni di attuazione da parte (…) degli altri soggetti di cui all’articolo 14 sono effettuati dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza».

[25] D.lgs. 231/2007, articolo 41 «Segnalazione di operazioni sospette», comma 2, lettera c (testo vigente fino al 4 luglio 2017): «Al fine di agevolare l’individuazione delle operazioni sospette, su proposta della UIF sono emanati e periodicamente aggiornati indicatori di anomalia: (…) c) per i soggetti indicati nell’articolo 10, comma 2, lettere e) e g), e per quelli indicati nell’articolo 14 con decreto del Ministro dell’interno».

[26] A titolo di esempio si riportano quelli che, fra gli indicatori in discorso, sembrano meglio attagliarsi all’attività degli istituti di vigilanza privata:

«22. Richiesta di custodia o trasporto di contanti per importi molto rilevanti, palesemente incoerenti con il profilo economico-patrimoniale del cliente.

23. Richiesta di trasporto e consegna di contanti, titoli o valori per importi rilevanti in favore di soggetti terzi non legati da rapporti personali o professionali con il cliente».

Invero, il Decreto del 2011, che allo stato deve ritenersi ancora in vigore, oltre all’allegato 1 contenente l’elencazione degli “indicatori”, prevede all’articolo 4, comma 1, anche un allegato 2 con indicazioni generali ai fini del corretto adempimento degli obblighi di inoltro delle segnalazioni di operazioni sospette.

[27] Cfr. D.lgs. 231/2007, articolo 7 “Autorità di vigilanza di settore”, vigente dal 4 luglio 2017.

[28] Cfr. D.lgs. 231/2007, articolo 6 “Unità di informazione finanziaria”, vigente dal 4 luglio 2017.

[29] Cfr. D.lgs. 231/2007, articolo 5 “Ministero dell’economia e delle finanze e Comitato di sicurezza finanziaria”, comma 3, vigente dal 4 luglio 2017.

[30] In tema di controlli sull’osservanza delle disposizioni contenute nel decreto, quest’ultimo all’articolo 9 prevede per il Nucleo speciale di polizia valutaria un triplice livello di competenze:

  1. con il comma 1 viene riconosciuta al Nucleo una competenza primaria, condizionata agli «obiettivi e priorità strategiche individuati annualmente dal Ministro dell’economia e delle finanze con la Direttiva generale per l’azione amministrativa e la gestione» per i controlli sui soggetti obbligati non vigilati dalle autorità di vigilanza di settore;
  2. sempre al comma 1 si ribadisce che il Nucleo effettua controlli “ulteriori” (cioè in sostanza in aggiunta a quelli programmati), «in collaborazione con la UIF che ne richieda l’intervento a supporto dell’esercizio delle funzioni di propria competenza». Va rilevato al riguardo che tale disposizione è, a sua volta, coerente con il potere attribuito alla UIF dall’articolo 6, comma 4, lettera f, del decreto, nel quale si prevede che la UIF per l’effettuazione delle verifiche di sua competenza può avvalersi della collaborazione del Nucleo speciale di polizia valutaria;
  3. al comma 2 viene infine delineato il potere del Nucleo di effettuare controlli su soggetti di competenza di una autorità di vigilanza di settore, ma solo previa intesa con quest’ultima, ciò al fine evidente di evitare duplicazioni dell’azione di controllo e quindi nell’ottica di «garantire economicità ed efficienza dell’azione di prevenzione». Per quanto ovvio si deve ritenere che l’utilizzo nell’articolo 9 del termine “controlli” non vada inteso nel senso restrittivo di controlli di tipo ispettivo ma anche di tipo cartolare.

[31] Cfr. D.lgs. 231/2007 articolo 1, comma 2, lettera o.

[32] Gestori del contante sono, ad esempio, anche le banche, Poste italiane spa, gli istituti di moneta elettronica, gli istituti di pagamento, i soggetti che esercitano professionalmente l’attività di cambiavalute, altri soggetti, quali i commercianti e i casinò, che partecipano a titolo accessorio alla gestione e distribuzione al pubblico di banconote mediante distributori automatici. Per una più precisa definizione della categoria si veda il Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016, Disposizioni relative al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo, Definizioni, p. 6.

[33] Cfr. sul sito internet della BCE: Emissione e circolazione delle banconote (all’indirizzo: https://www.ecb.europa.eu/euro/intro/issuance/html/index.it.html).

[34] Questo principio è stato affermato dapprima nella Decisione BCE/2003/4, del 20 marzo 2003, e ribadita nella Decisione BCE/2013/10, del 19 aprile 2013.

[35] Decisione BCE del 16 settembre 2010 relativa al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo (BCE/2010/14), disponibile sul sito internet della BCE all’indirizzo: https://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/l_26720101009it00010020.pdf. La Decisione BCE/2010/14 si inseriva in un quadro normativo già delineato nei suoi principi cardine dal Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio del 28 giugno 2001, diretto a definire talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione. In particolare il Regolamento (CE) n. 1338/2001, oltre a fissare principi che oggi potrebbero risultare banali (ad esempio era previsto che «gli enti creditizi, nonché gli altri istituti che gestiscono e distribuiscono al pubblico banconote e monete a titolo professionale […] siano obbligati a ritirare dalla circolazione e trasmettere alle autorità nazionali competenti le banconote e le monete in euro riguardo alle quali hanno la certezza o sufficiente motivo di ritenere che siano false») ha posto le basi per un’azione comunitaria di protezione dell’euro. Ad esempio all’articolo 3 prevede che i dati tecnici e statistici relativi alle banconote e monete false scoperte negli Stati membri, dopo essere stati raccolti e classificati dalle autorità nazionali competenti, siano comunicati alla BCE, dove sono elaborati, conservati e resi disponibili alle stesse autorità nazionali e all’Europol.

[36] La lotta alla contraffazione è una preoccupazione costante dell’Eurosistema. Un ruolo essenziale nel contrasto alla diffusione di banconote contraffatte è assegnato ai gestori del contante, fra i quali sono compresi gli istituti di vigilanza privata. Per completezza di informazione si aggiunge che, secondo i dati diffusi dalla BCE, il numero totale di banconote in euro contraffatte è lievemente aumentato nel 2017, con circa 694.000 falsi ritirati dalla circolazione. Tuttavia la quota di falsi sul totale dei biglietti autentici in circolazione è molto contenuta se si considera che alla fine del 2017 le banconote in euro in circolazione ammontavano a 21,4 miliardi, per un valore complessivo di 1.171 miliardi di euro, cfr. Banca Centrale Europea, Rapporto annuale 2017, 2018, p. 87 (disponibile sul sito internet della BCE all’indirizzo: https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/annrep/ecb.ar2017.it.pdf?8887833fa471f64f8293868ae8260877).

[37] DL 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività).

[38] DL 25 settembre 2001, n. 350, convertito con modificazioni dalla L. 23 novembre 2001, n. 409 (Disposizioni urgenti in vista dell’introduzione dell’euro, in materia di tassazione dei redditi di natura finanziaria, di emersione di attività detenute all’estero, di cartolarizzazione e di altre operazioni finanziarie).

[39] Rispetto ai cosiddetti “sospetti di falsità”, il comma 4 dell’articolo in commento stabilisce: «I gestori del contante ritirano dalla circolazione le banconote e le monete metalliche in euro da essi ricevute riguardo alle quali hanno la certezza o sufficiente motivo di credere che siano false e le trasmettono senza indugio, rispettivamente, alla Banca d’Italia e all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato».

[40] Esiste una distinzione fra banconote logore e banconote danneggiate: in particolare queste ultime sono definite «le banconote rese inidonee alla circolazione da cause diverse dalla fisiologica usura, quali, ad esempio la mutilazione o il deterioramento provocato da dispositivi antirapina, acqua, fuoco, muffa, umidità», Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016, “Disposizioni relative al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo”, Definizioni, p. 5.

[41] Cfr.anche il Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016, “Disposizioni relative al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo”, Definizioni, p. 5.

[42] In questo caso, lo stesso dell’articolo 8, comma 7, DL 350/2001, a differenza di quanto previsto dal D.lgs. 231/2007, stabilisce espressamente che la Banca d’Italia possa avvalersi (anche sulla base di appositi protocolli d’intesa) del Corpo della Guardia di finanza.

[43] Il Ministero dell’Economia e delle finanze è invece competente per le monete metalliche.

[44] DL 350/2001, articolo 8, comma 9.

[45] Come noto fra i gestori del contante figurano le banche, Poste italiane spa, gli istituti di moneta elettronica, gli istituti di pagamento già sottoposti da tempo ai poteri della Banca d’Italia in quanto rientranti nella categoria degli intermediari bancari e finanziari (cfr. D.lgs. 231/2007, articolo 3, comma 1, lettere a, b, c e d).

[46] Regolamento per l’esecuzione del Testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle Leggi di pubblica sicurezza, approvato con il RD 6 maggio 1940, n. 635.

[47] “Regolamento recante disciplina delle caratteristiche minime del progetto organizzativo e dei requisiti minimi di qualità degli istituti e dei servizi di cui agli articoli 256-bis e 257-bis del Regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché dei requisiti professionali e di capacità tecnica richiesti per la direzione dei medesimi istituti e per lo svolgimento di incarichi organizzativi nell’ambito”.

[48] Ai sensi dell’articolo 12 TULPS, la licenza, come tutte le autorizzazioni di polizia ha, di norma, durata di tre anni.

[49] L. 1° marzo 2002, n. 39, “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2001”.

[50] In particolare, la seconda sezione della Corte ritenne contrarie ai principi degli articoli 43 (Diritto di stabilimento) e 49 (I servizi) del trattato che istituisce la Comunità europea le disposizioni del TULPS laddove prevedevano che:

  • l’attività di guardia particolare potesse essere esercitata solo previa prestazione di un giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana;
  • l’attività di vigilanza privata potesse essere esercitata dai prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro solo previo rilascio di un’autorizzazione del Prefetto con validità territoriale, senza tenere conto degli obblighi cui tali prestatori erano già assoggettati nello Stato membro di origine; inoltre, sempre con riguardo all’autorizzazione la Corte ritenne censurabile la previsione di una sua validità territoriale limitata (ciò traeva origine dall’esigenza di evitare la formazione di corpi armati privati dispiegati sull’intero territorio nazionale) e che il suo rilascio fosse subordinato al numero e all’importanza delle imprese di vigilanza privata già operanti nel territorio in questione;
  • le imprese di vigilanza privata dovessero avere una sede operativa in ogni provincia in cui esercitavano la propria attività;
  • i prezzi per i servizi di vigilanza privata fossero fissati con autorizzazione del Prefetto nell’ambito di un determinato margine di oscillazione.

[51] DL 8 aprile 2008, n. 59, “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”.

[52] DPR 4 agosto 2008, n. 153, “Regolamento recante modifiche al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, per l’esecuzione del testo unico delleleggi di pubblica sicurezza, in materia di guardie particolari, istituti di vigilanza e investigazione privata”.

[53] Cfr. DPR 4 agosto 2008, n.153, articolo 1, comma 1, lettera h.

[54] Tale norma prevede altresì che l’autorizzazione possa essere negata o revocata per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico.

[55] Ai sensi dell’articolo 257, comma 1, del Regolamento, la domanda per ottenere la licenza prescritta dall’articolo 134 deve contenere: a) l’indicazione del soggetto che richiede la licenza, dell’institore o del direttore tecnico preposto all’istituto o ad una sua articolazione secondaria, nonché degli altri soggetti provvisti di poteri di direzione, amministrazione o gestione, anche parziali, se esistenti; b) la composizione organizzativa e l’assetto proprietario dell’istituto, con l’indicazione, se sussistenti, dei rapporti di controllo attivi o passivi e delle eventuali partecipazioni in altri istituti; c) l’indicazione dell’ambito territoriale, anche in province o regioni diverse, in cui l’istituto intende svolgere la propria attività, precisando la sede legale, nonché la sede o le sedi operative e quella della centrale operativa, qualora non corrispondenti; d) l’indicazione dei servizi per i quali si chiede l’autorizzazione, dei mezzi e delle tecnologie che si intendono impiegare.

[56] L’articolo 257 al comma 2 stabilisce infatti che: «Anche ai fini di quanto previsto dall’articolo 136, comma primo, della legge, la domanda è corredata del progetto organizzativo e tecnico-operativo dell’istituto, con l’indicazione del tempo, non superiore a sei mesi, necessario all’attivazione dello stesso, nonché della documentazione comprovante: a) il possesso delle capacità tecniche occorrenti, proprie e delle persone preposte alle unità operative dell’istituto; b) la disponibilità dei mezzi finanziari, logistici e tecnici occorrenti per l’attività da svolgere e le relative caratteristiche, conformi alle disposizioni in vigore».

[57] DM 269/2010, articolo 2, comma 2, lettera a, “classi funzionali”:

classe A: attività di vigilanza (anche con utilizzo di unità cinofile) di tipo: ispettiva, fissa, antirapina, antitaccheggio;

classe B: ricezione e gestione di segnali provenienti da sistemi di televigilanza e telesorveglianza. Gestione degli interventi su allarme;

classe C: servizi regolati da leggi speciali o decreti ministeriali svolti da personale diverso dalle guardie giurate;

classe D: servizi di trasporto e scorta valori, incluso prelevamento e caricamento di valori da mezzi di custodia e distribuzione;

classe E: servizi di custodia e deposito valori.

[58]DM 269/2010, articolo 2, comma 2, lettera b, “livelli dimensionali”:

livello 1: servizi che comportano un impiego di guardie giurate non inferiore a sei e non superiore a 25;

livello 2: servizi che comportano un impiego di guardie giurate non inferiore a 26 e non superiore a 50;

livello 3: servizi che comportano un impiego di guardie giurate non inferiore a 51 e non superiore a 100;

livello 4: servizi che comportano un impiego di guardie giurate superiore a 100.

[59] DM 1° dicembre 2010, n. 269, articolo 2, comma 2, lettera c, “ambiti territoriali” (individuati con riferimento alle tabelle Istat sulla popolazione residente):

ambito 1: istituti che intendono operare uno o più servizi di cui alle classi individuate alla precedente lettera a), in un unico territorio provinciale o parte di esso, a condizione che questa parte sia definita da confini coincidenti con l’intero territorio di un comune, con popolazione sino a 300.000 abitanti;

ambito 2: istituti che intendono operare uno o più servizi di cui alle classi individuate alla precedente lettera a), in un unico territorio provinciale con popolazione superiore a 300.000 abitanti;

ambito 3: istituti che intendono operare uno o più servizi di cui alle classi individuate alla precedente lettera a), in territorio ultraprovinciale, a condizione che sia definito da confini coincidenti almeno con l’intero territorio di un comune, con popolazione sino a 3 milioni di abitanti;

ambito 4: istituti che intendono operare uno o più servizi di cui alle classi individuate alla precedente lettera a), in territorio ultraprovinciale, a condizione che sia definito da confini provinciali e/o regionali, con popolazione oltre i 3 milioni di abitanti e sino a 15 milioni di abitanti;

ambito 5: istituti che intendono operare uno o più servizi di cui alle classi individuate alla precedente lettera a), in territorio ultraprovinciale, a condizione che sia definito da confini provinciali e/o regionali, con popolazione oltre i 15 milioni di abitanti.

[60] Sempre ai sensi del DM 269/2010, articolo 3, comma 2, lettera j, per deposito e custodia valori si intende «il servizio di deposito e custodia di beni, connessa o meno alla lavorazione degli stessi, affidati da terzi all’istituto di vigilanza, in locali e mezzi forti idoneamente attrezzati con sistemi ed impianti realizzati in conformità alle norme UNI/CEI, CEN/CENELEC applicabili».

[61] Va rimarcato che, ai sensi dell’articolo 256 bis del Regolamento, l’attività di custodia di denaro contante (o di altri beni o titoli di valore), salvo che la legge non disponga diversamente, deve sempre svolgersi a mezzo di guardie giurate. Ovviamente la norma fa riferimento alle ipotesi di attività di custodia di denaro di terzi effettuata a carattere professionale.

[62] In tema di licenza l’articolo 137 stabilisce altresì che «La cauzione sta a garanzia di tutte le obbligazioni inerenti all’esercizio dell’ufficio e della osservanza delle condizioni imposte dalla licenza. Il Prefetto, nel caso di inosservanza, dispone con decreto che la cauzione, in tutto o in parte, sia devoluta all’erario dello Stato. Lo svincolo e la restituzione della cauzione non possono essere ordinati dal Prefetto, se non quando, decorsi almeno tre mesi dalla cessazione dell’esercizio, il concessionario abbia provato di non avere obbligazioni da adempiere in conseguenza del servizio al quale l’ufficio era autorizzato».

Per completezza, si riferisce che fino all’11 maggio 2015 (giorno di entrata in vigore delle modifiche apportare al DM 269/2010 con il DM 25 febbraio 2015, n. 56), in aggiunta alla cauzione, il DM 269/2010 prevedeva nelle imprese individuali un patrimonio personale netto minimo e nelle società un capitale minimo e interamente versato e mantenuto per tutta la durata dell’attività pari alla cauzione. L’ammontare del capitale e del patrimonio variava da 20.000 a 40.000 euro a seconda del “livello dimensionale”, cioè del numero di guardie giurate.

[63] Per le altre classi funzionali il DM 269/2010 prevede importi inferiori. In ogni caso però, se la licenza è richiesta per attività che rientrano in più classi funzionali è previsto che la cauzione sia pari a 200.000 euro.

[64] DM 269/2010, allegato F.

[65] Ad esempio per l’istituto che opera in un ambito territoriale 1 la copertura assicurativa per responsabilità civile conto terzi (RCT) deve essere minimo di 3 milioni di euro, per l’ambito territoriale 2 di 4 milioni di euro, fino all’ambito territoriale 5 per il quale la copertura assicurativa deve essere al minimo di 10 milioni di euro (cfr. DM 1° dicembre 2010, n. 269, allegato F1).

[66] Per “ricircolo” si intente «la reimmissione in circolazione, ad esempio allo sportello o mediante dispositivi di distribuzione automatica delle banconote che i gestori del contante hanno ricevuto dal pubblico (come pagamento o come deposito) o da un altro soggetto che opera con il contante», Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016, “Disposizioni relative al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo”, Definizioni, p. 7.

[67] Gli operatori sintetizzano le loro disposizioni interne in un documento usualmente identificato come “manuale di sala conta” o “regolamento di sala conta”.

[68] Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016, “Disposizioni relative al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo”, capitolo II (Requisiti di organizzazione), paragrafo 1.5 (Misure per tutelare la sicurezza delle banconote), p. 14.

[69] La regola citata è la diretta applicazione dell’articolo 3, comma 4, della Decisione BCE/2010/14.

[70] Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016, “Disposizioni relative al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo”, capitolo I, p. 8.

[71] In ogni caso sono necessari i controlli di linea o di primo livello e i controlli di secondo livello, cioè controlli di processo e sull’affidabilità del controlli interni svolti da personale non addetto direttamente alla lavorazione del contante. I controlli di terzo livello, cioè di internal audit sono prescritti per le società di maggiori dimensioni.

[72] Provvedimento della Banca d’Italia del 22 giugno 2016, “Disposizioni relative al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo”, capitolo II (Requisiti di organizzazione), paragrafo 1.4 (Assetto dei controlli interni), p. 13.

[73] L’articolo 6 della Direttiva UE 2015/849 prevede, infatti, che la Commissione effettui ogni due anni una valutazione dei rischi di riciclaggio e del finanziamento del terrorismo che gravano sul mercato interno e di quelli relativi alle attività transfrontaliere i cui risultati devono essere trasfusi in una relazione nella quale tali rischi vengono identificati, analizzati e valutati a livello dell’Unione. Il documento è disponibile sul sito web dell’Unione europea all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=CELEX:52017SC0241.

[74] «La valutazione sovranazionale del rischio ha dimostrato che il denaro contanterimane il mezzo al quale si ricorre con maggiore frequenza per fini di riciclaggio/finanziamento del terrorismo, in quanto consente ai criminali di celare la loro identità. Ecco perché è presente in quasi tutte le indagini in materia di AML/CFT», Commissione europea, Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla valutazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo che incidono sul mercato interno e sono connessi ad attività transfrontaliere, COM(2017) 340 final, 2017, par. 2.1.4, p. 7.

[75] Raccomandazione della Commissione del 22 marzo 2010 relativa alla portata e agli effetti del corso legale delle banconote e delle monete in euro. Il documento è disponibile sul sito web dell’Unione europea all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32010H0191&from=IT

[76] Regolamento CE n. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998 relativo all’introduzione dell’euro. Il documento è disponibile sul sito web dell’Unione europea all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:31998R0974&from=IT

[77] Cfr. il parere fornito dalla BCE in seguito alla richiesta pervenutale da parte del Governo Danese in merito ad alcuni interventi in materia fiscale. Opinion of the European Central Bank of 10 May 2012 on limitations on cash payments (CON/2012/37). Il documento è disponibile sul sito web https://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/en_con_2012_37_f.pdf

[78] Dal 29 aprile del 2008 la soglia (all’epoca pari a 12.500 euro) è stata modificata sei volte, rendendo l’articolo 49 del D.lgs. 231/2007 una delle disposizioni che maggiormente hanno interessato il legislatore nel corso della storia repubblicana.

[79] Per i servizi di rimessa di denaro la soglia è di 1.000 euro (cfr. D.lgs. 231/2007, articolo 49, comma 2); mentre il D.lgs. 25 maggio 2017, n. 92, “Disposizioni per l’esercizio dell’attività di compro oro, in attuazione dell’articolo 15, comma 2, lettera l), della legge 12 agosto 2016, n. 170”, prevede che gli operatori compro oro effettuino le operazioni di importo pari o superiore a 500 euro unicamente attraverso l’utilizzo di mezzi di pagamento, diversi dal denaro contante.

[80] D.lgs. 90/2017, articolo 8, comma 15.

[81] L. 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), articolo 1, comma 245.

[82] C’è da evidenziare che il legislatore con l’articolo 7 quater del DL 22 ottobre 2016, n. 193 (convertito, con modificazioni, dalla L. 1° dicembre 2016, n. 225, concernente “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili”), stabilendo riferimenti agli importi giornalieri e mensili, non ha perseguito, contrariamente a quanto talvolta inteso, l’intento di introdurre surrettiziamente nuovi limiti all’utilizzo del contante ma, al contrario, quello di limitare lo spettro applicativo della presunzione legale, agevolando quindi il contribuente nel contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria mediante l’introduzione di “franchigie”, per evitare di gravarlo con richieste di giustificazioni relative a spese riconducibili all’ambito della vita privata e familiare, in cui rientrano ragionevolmente quelle di importo giornaliero inferiore alla soglia di euro 1.000 e fino a 5.000 euro mensili. Cfr. circolare n. 109546 del 7 aprile 2017 del Comando Generale della Guardia di Finanza, III Reparto Operazioni – Ufficio Tutela Entrate Servizio Imposte Dirette e I.V.A. – Sezione I.V.A. e Federalismo Fiscale.

[83] Per quanto invece riguarda i versamenti, la norma attribuisce rilevanza a tutti i versamenti (non necessariamente in contanti) che risultino non giustificati, senza prevedere alcuna franchigia, e trova applicazione nei confronti di tutti i contribuenti (titolari e non di partita Iva).

[84] «I pagamenti in contanti di importo elevato si espongono sensibilmente al pericolo del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Al fine di aumentare la vigilanza e mitigare i rischi associati a tali pagamenti in contanti, è opportuno che i soggetti che commerciano beni rientrino nell’ambito di applicazione della presente direttiva quando effettuano o accettano pagamenti in contanti di importo pari o superiore a 10 000 EUR. Gli Stati membri dovrebbero poter adottare soglie più basse, limitazioni supplementari di ordine generale all’uso del contante e ulteriori disposizioni più rigorose», Direttiva (UE) 2015/849, Considerando n. 6.

[85] Commissione europea, Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle restrizioni ai pagamenti in contanti, COM(2018) 483 final, 2018 (disponibile sul sito internet della Commissione europea all’indirizzo: http://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2018/IT/COM-2018-483-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF).

[86] Commissione europea, Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio relativa a un piano d’azione per rafforzare la lotta contro il finanziamento del terrorismo, COM(2016) 50 final, 2016, p. 11.

[87] Commissione europea, Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle restrizioni ai pagamenti in contanti, COM(2018) 483 final, 2018, p. 3.

[88] Commissione europea, Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle restrizioni ai pagamenti in contanti, COM(2018) 483 final, 2018, p. 4.

[89] L’articolo 41 fu così modificato dall’art. 36, comma 1, lettera b), D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

[90] Circolare interpretativa per la segnalazione di operazioni sospette ai sensi dell’articolo 41, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, come modificato dall’articolo 36, comma 1, lettera b), del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (la circolare è disponibile sul sito internet del Ministero dell’Economia e delle finanze all’indirizzo: http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/prevenzione_reati_finanziari/normativa/circolare_interpretativa_per_la_segnalazione_di_operazioni_sospette_art.41_.pdf).

[91] Articolo 35, comma 1, D.lgs. 231/2007, testo vigente dal 4 luglio 2017.

[92] «Il calcolo delle percentuali viene effettuato considerando il numero delle singole operazioni e non quello delle segnalazioni (in ogni segnalazione possono essere strutturate più operazioni)», Banca d’Italia – UIF, Rapporto annuale dell’Unità di Informazione Finanziaria, maggio 2018, p. 35.

[93] Relazione al Ministro dell’economiae delle finanze del Comitato di sicurezza finanziaria. Valutazione delle attività di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Anno 2016, p. 42.

[94] Direttiva 2015/849, Allegato III, n. 1, lettera e.

[95] La Commissione definisce “Cash intensive business”: «sectors of bars, restaurants, constructions companies, motor vehicle retailers, car washes, art and antique dealers, auction houses, pawnshops, jewelleries, textile retail, liquor and tobacco stores, retail/night shops, gambling services», Commissione europea, Report from the Commission to the European Parliament and to the Council on the assessment of the risks of money laundering and terrorist financing affecting the internal market and relating to cross-border situations, SWD(2017) 241 final, 2017, p. 20.

[96] Banca d’Italia, Provvedimento recante disposizioni attuative in materia di adeguata verifica della clientela, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, Parte quarta (Obblighi rafforzati di adeguata verifica), Sezione V (Operatività con banconote di grosso taglio), p. 27. Attualmente il Provvedimento è in corso di revisione dopo la pubblicazione in consultazione ad aprile 2018 delle proposte di modifica.

[97] «I settori esposti a un livello elevato di operazioni in contanti sono considerati particolarmente a rischio. Ciò è particolarmente vero per le attività economiche caratterizzate da elevato utilizzo di contante, gli operatori che commerciano beni e servizi accettando pagamenti in contanti e gli operatori economici che accettano pagamenti in tagli grandi, come ad esempio tramite banconote da 500 EUR e 200 EUR», Commissione europea, Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla valutazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo che incidono sul mercato interno e sono connessi ad attività transfrontaliere, COM(2017) 340 final, 2017, par. 2.2.1, p. 10.

[98] «la decisione della Banca centrale europea di interrompere la produzione e l’emissione di banconote da 500 EUR contribuirà a ridurre ulteriormente il rischio posto dai pagamenti in contanti», Commissione europea, Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla valutazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo che incidono sul mercato interno e sono connessi ad attività transfrontaliere, COM(2017) 340 final, 2017, par.3.2.2, p. 15.

[99] Cfr. l’articolo di Franca Deponti, La banca «deve» cambiare le banconote da 500 euro allo sportello, Il Sole 24 Ore. Finanza & Mercati, 17 giugno 2016. L’articolo poneva in evidenza che: «La nota prende lo spunto da diverse segnalazioni di persone che si sono rivolte agli sportelli di Bankitalia dopo aver ricevuto dai propri istituti di credito il “no” a cambiare i biglietti da 500 euro. Si tratterebbe – dice Bankitalia – di dinieghi che la clientela avrebbe giudicato non “adeguatamente motivati”».

[100] I dati S.AR.A. hanno carattere aggregato e anonimo, prescindono da qualsiasi elemento di sospetto e riguardano tutte le operazioni disposte dalla clientela per importi (anche frazionati) superiori alla soglia di 15.000 euro.

[101] Banca d’Italia – UIF, Istruzioni in materia di comunicazioni oggettive. Documento per la consultazione, luglio 2018. Il documento è stato posto in consultazione per 30 giorni a partire dall’11 luglio 2018 ma è allo stato ancora disponibile sul sito internet della FIU per l’Italia, all’indirizzo: https://uif.bancaditalia.it/normativa/norm-antiricic/consultazione-istruzioni-comunicazioni-oggettive-11.07.2018.pdf.

[102] «Financial institutions (FIs) generally have a good understanding of ML threats that they face, and the larger banks appear to be strongest in their mitigation efforts. The nonfinancial sector, with some exceptions, is far less attuned to ML/TF risk, and is hampered by the absence of detailed secondary legislation», FATF, Anti-money laundering and counter-terrorist financing measures. Italy. Mutual Evaluation Report, February 2016, p. 5.

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