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Antiriciclaggio: i recenti orientamenti sul contrasto al riciclaggio dei proventi derivanti dal traffico di esseri umani

24 Ottobre 2018

Giampaolo Estrafallaces, Consigliere senior della Banca d’Italia

Di cosa si parla in questo articolo
AML

Le opinioni espresse non impegnano l’Istituto di appartenenza.

 

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Riciclaggio, finanziamento del terrorismo e proventi del traffico di esseri umani – 3. Il recente report del FATF-GAFI – 3.1. Il traffico di esseri umani per finalità di sfruttamento sessuale – 3.2. Il traffico di esseri umani finalizzato al lavoro forzato – 3.3. Il traffico di esseri umani finalizzato alla rimozione di organi – 4. Alcune criticità e il contributo italiano – 5. Considerazioni conclusive.

 

1. Premessa

Con l’espressione “traffico di esseri umani” si fa in genere riferimento tanto alle pratiche di “smuggling of migrants”[1] quanto a quelle di “trafficking in persons”[2], fattispecie criminose che nei documenti sovranazionali si presentano distinte[3].

La nozione di “smuggling of migrants” o traffico di migranti è contenuta nel “Protocol against the smuggling of migrants by land, sea and air, supplementing the United Nations Convention against transnational organized crime”[4], che definisce il concetto come “…il procurare, al fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di una persona in uno Stato di cui la persona non è cittadina o residente permanente”[5].

Per quella di “trafficking in persons” si fa riferimento, invece, al “Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, especially Women and Children”, che definisce il traffico di esseri umani come “…il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, la custodia o l’accoglienza di persone mediante la minaccia o l’uso della forza o altre forme di coercizione, del rapimento, della frode, dell’inganno, dell’abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o mediante il fare o ricevere pagamenti o prestazioni per ottenere il consenso di una persona che ha il controllo su un’altra persona al fine di sfruttarla. Per sfruttamento si intende, come minimo, lo sfruttamento della altrui prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, i lavori forzati, la schiavitù o pratiche simili, la servitù o rimozione di organi” (trad. dell’a.)[6].

In estrema sintesi, nell’ordinamento italiano:

  • le pratiche di “smuggling of migrants” vengono sanzionate dall’articolo 12 (Disposizioni contro le immigrazioni clandestine) del D.lgs 25 luglio 1998 n. 286, “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”;
  • quelle di “trafficking in persons” sono invece punite ai sensi dell’articolo 601 del codice penale (Tratta di esseri umani).

Nel primo caso (articolo 12, commi 1 e 3) viene punito con la reclusione da uno a cinque anni (o da cinque a quindici anni)[7] e con la multa di 15.000 euro per ogni persona, chiunque – in violazione delle disposizioni del Testo unico sull’immigrazione – “…promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente”[8].

Tale fattispecie è nota comunemente come “favoreggiamento dell’ingresso clandestino” per distinguerla da quella nota come “favoreggiamento della permanenza illegale dello straniero” descritta dal comma 5 del citato articolo 12[9].

Va comunque sottolineato che mentre nel “Protocol against the smuggling of migrants” uno degli elementi affinché si concretizzi l’ipotesi delittuosa è dato dal fine di ricavare un vantaggio finanziario o materiale, l’articolo 12 D.lgs 25 luglio 1998 n. 286 prescinde dalla finalità lucrativa, che, ai sensi del comma 3 ter, lettera b dello stesso articolo, viene in rilievo solo ai fini dell’aggravamento della pena[10].

Nel secondo caso (“trafficking in persons”) l’articolo 601 del codice penale prevede la reclusione fino a venti anni per “…chiunque recluta, introduce nel territorio dello Stato, trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l’autorità sulla persona, ospita una o più persone che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù), ovvero, realizza le stesse condotte su una o più persone, mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica, psichica o di necessità, o mediante promessa o dazione di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi…”.

Al fine di tratteggiare gli elementi che nel nostro Ordinamento segnano maggiormente il confine tra “smuggling of migrants” e “trafficking in persons” si può dunque affermare con riferimento a quest’ultima fattispecie che:

  • il reato si consuma anche in assenza della violazione di norme in tema di immigrazione (tant’è che la vittima potrebbe anche non essere straniera) mentre lo “smuggling of migrants” è sempre un fenomeno transnazionale;
  • è necessario che la vittima destinata allo sfruttamento versi in uno stato di asservimento come descritto dall’articolo 600 del codice penale. (c.d. tratta di persona già asservita) o venga posta in uno stato di asservimento “…mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorità, o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, etc…” (c.d. tratta di persone non ancora ridotte in condizione di schiavitù), condizione non richiesta per il reato ex articolo 12;
  • deve essere accertato il dolo specifico, rappresentato dalla finalità di destinare la vittima al lavoro forzato, allo sfruttamento sessuale, all’accattonaggio o al prelievo di organi[11]. Riguardo tuttavia a tale ultimo aspetto va rilevato che il legislatore, all’articolo 12, comma 3 ter, lettera a del D.lgs 25 luglio 1998, n. 286, ha preso in considerazione anche l’ipotesi in cui il soggetto imputabile di favoreggiamento dell’immigrazione illegale abbia agito “…al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo…” prevedendo, qualora fosse accertato il perseguimento di tale fine, un aggravamento della pena.

2. Riciclaggio, finanziamento del terrorismo e proventi del traffico di esseri umani

Sono circa 24,9 milioni le persone sottoposte, nel solo 2016, a pratiche di lavoro forzato o di sfruttamento a fini sessuali: lo dice il rapporto intitolato “The Global Estimates of Modern Slavery”[12] pubblicato a settembre 2017 congiuntamente dall’Organizzazione internazionale del lavoro (International Labour Office – ILO), dalla Walk Free Foundation e dall’International Organization for Migration (IOM -The UN migration Agency).

Secondo tale studio, 20,1 milioni di persone sono state vittime di lavoro forzato sia nel settore privato[13] che in quello pubblico[14] e 4,8 milioni sono state le vittime di sfruttamento sessuale. Si tratta, tra l’altro, di stime in aumento, soprattutto per quanto riguarda il lavoro forzato[15].

Ulteriori approfondimenti condotti dallo United Nations Office on Drugs and Crime[16] hanno confermato come tali pratiche siano particolarmente riprovevoli in quanto fanno leva sulla vulnerabilità economica, psicologica e sociale delle vittime: secondo le Nazioni Unite, infatti, nel 2014 il 28 per cento delle vittime del traffico di esseri umani erano bambini e il 71 per cento donne[17].

Uno dei modi per contrastare il fenomeno è quello di rendere difficoltoso il godimento dei suoi proventi, costituiti in massima parte da contanti, che necessitano, come ogni provento da attività illecita, di essere investiti, movimentati, occultati, spesi, cioè riciclati. Si tratta di circa 150,2 miliardi di dollari l’anno[18], di cui 99 miliardi ascrivibili a pratiche di sfruttamento sessuale[19], secondo i calcoli fatti dall’Organizzazione internazionale del lavoro (International Labour Office – ILO) su dati riferiti al 2012.

Affatto secondario in termini di valore risulta, inoltre, il rapporto tra il traffico di esseri umani e il finanziamento del terrorismo: l’UN Security Council ha evidenziato, in occasione della presentazione di reports sulle attività dell’ISIL[20], che tale organizzazione terroristica, nel momento in cui ha acquisito il controllo di un territorio ha praticato la tratta di esseri umani per ottenere fondi e finanziare le proprie strutture. Le Nazioni Unite riferiscono ad esempio di pratiche di compravendita, anche via internet, di donne yazidi da parte di combattenti dell’ISIL[21] per importi che variavano tra 200 e 1.500 dollari. Altro denaro sarebbe pervenuto all’ISIL a titolo di riscatto per liberare le donne yazidi dalla prigionia[22]: le Nazioni Unite riferiscono stime secondo le quali nel 2014 ISIL avrebbe guadagnato tra 35 e 45 milioni di dollari in pagamenti dalla comunità yazidi.

Secondo il Dipartimento di Stato USA l’ISIL si sarebbe finanziata in Siria sottoponendo i bambini sfollati a pratiche di lavoro forzato, organizzandoli in gruppi di mendicanti, mentre la Somalia Financial Intelligence Unit ha scoperto che l’organizzazione terroristica Al-Shabaab è stata coinvolta nella tratta di donne alle quali sono state offerte opportunità di lavoro il cui compenso sarebbe stato versato, tuttavia, direttamente a Al-Shabaab.

Sebbene la maggior parte delle attività di sfruttamento di esseri umani generi essenzialmente denaro contante, le modalità di trasferimento e di “ripulitura” dei proventi varia da regione a regione. In Europa ad esempio gli sfruttatori, per riciclare i proventi illeciti, hanno puntato su “cash intensive businesses”[23], sugli investimenti immobiliari e sull’acquisto di beni di elevato valore che favoriscono il trasferimento dei proventi all’estero[24]. In America, sia del Sud che del Nord, i trafficanti utilizzano tecniche di riciclaggio che coinvolgono casinò e spesso trasferiscono e ripuliscono il denaro mediante società di import/export, non disdegnando per i trasferimenti il più tradizionale mezzo del bonifico. In Asia e in Africa il trasferimento del denaro proveniente da tali traffici avviene mediante corrieri.

I flussi di denaro derivante dal “trafficking in persons” si presentano tuttavia più difficili da intercettare rispetto a quelli connessi allo “smuggling of migrants”: in quest’ultimo caso, infatti, si è in presenza di uno schema predefinito nel quale un ruolo pressoché essenziale svolgono i parenti del migrante, che ricevono rimesse dall’estero e le utilizzano, talvolta mediante bonifici domestici, per pagare il debito a colui che ha favorito l’immigrazione illegale rendendolo individuabile almeno per gli organi investigativi locali. Ciò non avviene nel “trafficking in persons”.

In entrambi i casi tuttavia un ruolo primario è svolto dai Money or Value Transfer Services, considerati operatori meno attenti delle banche, ma anche fisiologicamente più vulnerabili perché operano sempre con clienti occasionali e, quindi, con un patrimonio informativo limitato.

3. Il recente report del FATF-GAFI

Il 2 agosto 2018 il FATF-GAFI (d’ora innanzi “Gruppo d’azione finanziaria”) ha pubblicato uno studio realizzato congiuntamente all’Asia/Pacific Group on money laundering (APG)[25] sui flussi finanziari associati al crimine della tratta di esseri umani, sia come fonte di riciclaggio di denaro che come potenziale fonte di finanziamento del terrorismo.

Il report intitolato “Financial flows from human trafficking” rappresenta l’aggiornamento di un precedente approfondimento realizzato dal Gruppo d’azione finanziaria nel 2011[26] e mira a fornire indicazioni esclusivamente in materia di “trafficking in persons”[27]. L’analisi si svolge pertanto verso ciascuna della tre direzioni in cui si articola tale attività criminosa:

  • il traffico di esseri umani per finalità di sfruttamento sessuale (human trafficking for sexual exploitation, HTSE);
  • il traffico di esseri umani finalizzato al lavoro forzato (human trafficking for forced labour, HTFL);
  • il traffico di esseri umani finalizzato alla rimozione di organi (human trafficking for the removal of organs HTRO).

3.1. Il traffico di esseri umani per finalità di sfruttamento sessuale

Riguardo la prima tipologia (l’HTSE), chi si occupa del contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo dovrà tenere presente che le transazioni finanziarie potenzialmente rivelatrici del fenomeno possono essere di due tipi: quelle poste in essere direttamente dalle vittime e quelle dei soggetti che perpetrano lo sfruttamento sessuale o che, estranei alle pratiche materiali di sfruttamento, intervengono per riciclarne i proventi.

In ogni caso, la fattispecie in esame presenta una caratteristica pressoché ineliminabile che ne rappresenta l’elemento di maggiore debolezza, cioè l’ampio lasso temporale nel corso del quale, solitamente, si svolge lo sfruttamento[28].

Infatti, al fine di trarre il massimo profitto dalle vittime, coloro che commettono questo delitto devono quanto meno provvedere alle basilari necessità dei soggetti sfruttati, fornendo loro alloggio, prodotti per la cura personale e generi alimentari. A questo tipo di spese se ne aggiungono altre di carattere “logistico”, rappresentate dalle spese di trasporto (ad esempio verso città più grandi di quelle dove la vittima dimora) e da quelle per la manutenzione del luogo dove si svolge il sesso a pagamento.

Sebbene le transazioni per tali spese possano, come detto, essere effettuate direttamente dalla vittima o dall’autore dello sfruttamento o anche da un terzo soggetto utilizzato per riciclare i proventi illeciti, nell’esperienza del Gruppo d’azione finanziaria sono, tuttavia, più frequenti i casi in cui l’individuazione dei fenomeni di riciclaggio connessi a tali tipi di violazioni è avvenuta partendo dai comportamenti finanziari di chi si è poi rivelato essere vittima, piuttosto che da quelli degli sfruttatori e dei riciclatori: in tale contesto, il primo passo per individuare la vittima è rappresentato da una corretta analisi di coerenza delle spese sostenute dalla stessa. Tale analisi può aiutare a identificare anche i soggetti che – diversi sia dalle vittime che dagli sfruttatori – vengono semplicemente utilizzati per riciclare i proventi dello sfruttamento e, attraverso questi, a portare alla luce “…the larger sexual exploitation trafficking network”[29], cioè il più ampio circuito di sfruttamento, piuttosto che il singolo episodio.

A supporto di tale assunto il report pubblicato a agosto 2018 dal Gruppo d’azione finanziaria contiene l’illustrazione di alcuni case studies, i più significativi dei quali vengono di seguito sintetizzati nei loro tratti essenziali.

Nel primo caso (case study 1), che ha interessato istituzioni finanziarie canadesi, la vittima è stata individuata partendo dagli addebiti effettuati sul proprio conto per l’utilizzo, ritenuto eccessivamente frequente dalla banca che ha analizzato la movimentazione, di taxi e di altri servizi di trasporto in ore notturne. Tali utilizzi avvenivano in varie città del paese, dove la presunta vittima sembrava permanere solo per pochi giorni. Tra l’altro, oltre a queste spese non risultavano addebiti per la sistemazione negli alberghi, ma solo per i servizi in camera e per il pagamento di fatture di ristoranti situati presso altri hotel o motel. Risultava poi che la presunta vittima facesse quotidiani acquisti in farmacie e che il suo numero di telefono fosse presente in numerosi annunci diretti a pubblicizzare servizi di escort.

Qualora ciò non fosse stato ancora sufficiente a desumere il sospetto del fenomeno, da una attenta analisi della movimentazione del conto della presunta vittima era risultato che il rapporto era interessato da una serie di accrediti mediante una specifica tipologia di bonifici “rapidi” denominati EMT[30] che nel campo dell’ordinante riportavano solo nomi maschili.

Infine, tali flussi venivano ripetutamente dirottati a favore di un terzo soggetto, il cui conto – alimentato prevalentemente attraverso EMT e versamenti di contante da parte di terzi residenti in località disparate – registrava in uscita contestuali prelievi di contante, pagamenti mediante carta di credito e trasferimenti EMT all’apparenza privi di una reale giustificazione economica.

La vicenda è stata oggetto di una segnalazione di operazioni sospette che, secondo quanto riferito dal Gruppo d’azione finanziaria, ha dato inizio a un’inchiesta di polizia che ha permesso di accertare il coinvolgimento in qualità di riciclatori di ulteriori soggetti, i cui rapporti di conto hanno rivelato pagamenti anche mediante l’utilizzo di valute virtuali bitcoin.

Il secondo caso (case study 2) ha preso avvio da un’informativa fornita a una banca inglese dagli organi investigativi in ordine alla possibile esistenza di una rete criminale dedita alla tratta di donne dall’Europa dell’Est ai fini dello sfruttamento sessuale sia nel Regno Unito che nel resto dell’Europa.

L’attenzione degli organi investigativi era stata attirata dal fatto che un gruppo di persone avevano speso somme consistenti su siti web per adulti che, sempre secondo le forze di polizia locali, erano utilizzati per pubblicizzare profili di soggetti femminili vittime della tratta finalizzata allo sfruttamento sessuale.

Nell’esaminare l’informativa, la banca inglese ha rilevato che uno dei soggetti coinvolti nella vicenda era stato in precedenza suo cliente e che i rapporti erano stati interrotti per ragioni genericamente riassunte con l’espressione “financial crime”, mentre un secondo soggetto citato nell’informativa risultava ancora cliente titolare di un conto attivo.

Al soggetto che era stato in precedenza cliente il personale della banca aveva associato, quando ancora sussisteva il rapporto, un “internal alert”, avendo rilevato comportamenti potenzialmente anomali: in particolare erano stati effettuati versamenti di contante attraverso sportelli automatici evitando rapporti con gli addetti allo sportello anche in assenza di code. Invece il soggetto che continuava a intrattenere rapporti con la banca risultava accompagnato allo sportello, anche più volte nel corso della stessa settimana, dal soggetto ex cliente, che sembrava esercitare su di lui una sorta di controllo. Tra l’altro, dall’esame del conto erano emerse numerose spese per spostamenti con mezzi di trasporto low cost in tutta Europa e addebiti per spese di piccolo importo effettuate presso farmacie e supermercati; tuttavia, nonostante l’intensa movimentazione registrata non risultava che il cliente avesse un’occupazione stabile[31].

Sulla base delle proprie analisi la banca inglese ha effettuato due segnalazioni di operazioni sospette riuscendo a individuare il coinvolgimento nella vicenda, complessivamente, di sei propri clienti e consentendo in tal modo alle forze dell’ordine di condurre indagini che hanno portato all’arresto dei membri di un’intera rete criminale fino ad allora non conosciuta, dedita allo sfruttamento della prostituzione e alla riduzione in schiavitù.

Il case study 3 è in realtà la narrazione di una eclatante vicenda di riciclaggio emersa in seguito al sequestro del sito internet “Backpage.com”, avvenuto negli Stati Uniti il 9 aprile 2018 su richiesta del Dipartimento di Giustizia Statunitense.

“Backpage.com”, il principale forum online negli USA per annunci diretti a offrire prestazioni sessuali, si era rivelato in realtà una piattaforma utilizzata per il traffico di esseri umani da avviare alla prostituzione. La Corte distrettuale dell’Arizona, con riferimento all’attività di Backpage, ha dichiarato che era stata posta in essere una serie di sofisticate strategie di riciclaggio di denaro[32] che erano state rivelate dal CEO della società di gestione del sito. Quest’ultimo, accusato insieme ad altri dirigenti di favoreggiamento della prostituzione e riciclaggio, si è dichiarato colpevole e ha confessato che, poiché molte banche e società di gestione di carte di credito si erano rifiutate di continuare a intrattenere rapporti finanziari ritenendo illegale la sua attività, erano state utilizzate per finalità di riciclaggio società di gestione di valute virtuali ed erano state costituite diverse strutture societarie (fra cui la Backpage.com LLC) sulle quali erano convogliati, anche mediante l’utilizzo di conti accesi all’estero, pagamenti e proventi riconducibili all’attività del sito “Backpage.com”. Talvolta agli inserzionisti era stato chiesto di effettuare pagamenti con assegni e vaglia postali indirizzati a caselle postali anonime che poi venivano depositati su conti correnti bancari intestati a entità all’apparenza non riconducibili al sito di Backpage.

Infine, è emerso che non solo gli inserzionisti che utilizzavano il sito pagavano le inserzioni con i proventi dello sfruttamento della prostituzione, ma quanto corrisposto per ottenere la pubblicazione degli annunci derivava anche da altre forme di attività illecite.

Oltre ai comportamenti che possono desumersi dai case studies (ad esempio ritiri e prelievi effettuati dal cliente frequentemente accompagnato da terzi, ad esempio in veste di traduttore), il Gruppo d’azione finanziaria ha individuato una serie di comportamenti suscettibili di rivelare la presenza di episodi di traffico di esseri umani per finalità di sfruttamento sessuale: ad esempio, l’alimentazione del rapporto mediante frequenti depositi di contante effettuati in “circolarità”, cioè da filiali diverse da quella di conto; addebiti per spese alberghiere sostenute dalla medesima persona per due camere separate per le stesse date; trasferimenti internazionali di fondi in uscita verso paesi a maggior rischio per la tratta di esseri umani[33]; trasferimenti di fondi a terzi con l’indicazione nella causale di nomi fra parentesi.

3.2. Il traffico di esseri umani finalizzato al lavoro forzato

Secondo la Convenzione sul lavoro forzato e obbligatorio, entrata in vigore il 1° maggio 1932, “…il termine lavoro forzato o obbligatorio indica ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente”[34].

Questa definizione riassume i tre elementi che caratterizzano la fattispecie:

  1. la prestazione di un’attività lavorativa di qualsiasi genere, anche in settori di economia sommersa;
  2. la minaccia di una punizione finalizzata a obbligare qualcuno a lavorare;
  3. l’assenza nel lavoratore di un consenso libero e informato (elemento della “involontarietà”) a effettuare la prestazione lavorativa e la possibilità di rinunciare alla stessa andandosene in qualsiasi momento.

Come per la tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, l’HTFL può assumere molte forme, il che significa che anche il riciclaggio del relativi proventi può essere realizzato in modi diversi e individuato in base a una pluralità di comportamenti.

Si potrebbe ad esempio verificare il caso in cui la vittima è adibita a un’attività lavorativa pienamente legittima presso un datore di lavoro che a sua volta impiega inconsapevolmente persone oggetto di tale tipo di sfruttamento. In questi casi il Gruppo d’azione finanziaria ha osservato che un elemento di sospetto potrebbe essere rappresentato dalla canalizzazione di più retribuzioni su un unico conto, o dall’accredito in conto della retribuzione dell’intestatario seguito dal repentino prelievo della somma o dal loro trasferimento su altri conti. Evitare in modo sistematico il contatto con lo sportellista, anche in assenza di code al front office della banca, è considerato un altro comportamento rivelatore di una probabile anomalia.

Anche per l’HTFL il report del Gruppo d’azione finanziaria riporta alcuni case studies.

In un caso (case study 6) l’attenzione di una banca operante nel Regno Unito sembrerebbe essere stata richiamata da una pluralità di fattori, fra i quali il comportamento di due clienti che, residenti allo stesso indirizzo, prelevavano i fondi presenti sui loro rispettivi conti immediatamente dopo l’accredito. In seguito a un ulteriore approfondimento, la banca aveva appurato che l’indirizzo dei due clienti corrispondeva a quello di altri tre clienti, facendo quindi salire a cinque il numero dei nominativi sottoposti a una più attenta analisi.

Le verifiche successivamente condotte dalla banca hanno evidenziato che quattro dei clienti utilizzavano i propri conti correnti con modalità fra loro simili. In particolare, i conti erano alimentati mediante bonifici rapidi, detti Faster Payments Inwards (FPI), provenienti dal medesimo datore di lavoro e i movimenti in entrata erano seguiti da immediati prelievi di contante da ATM. Inoltre i conti non registravano addebiti per spese di soggiorno come quelle per il cibo, il carburante, le utenze varie e l’affitto.

Oltre a quelli specificamente connessi alla movimentazione dei rapporti di conto, la banca aveva individuato altri elementi di sospetto: ad esempio, tutti e quattro i clienti non solo avevano la stessa nazionalità ma erano nati nella stessa città; i loro passaporti erano stati rilasciati nella stessa città e nello stesso mese e, infine, tutti i clienti risultavano essere stati presentati alla banca dalla medesima persona (un quinto cliente), che fungeva da interprete degli altri quattro in quanto questi ultimi non parlavano correttamente inglese.

Le analisi finanziarie condotte dalla FIU inglese finalizzate a scoprire se anche altri conti ricevevano fondi dal medesimo datore di lavoro hanno dato esito positivo e conseguentemente le forze di polizia hanno avviato un’attività di tipo investigativo al termine della quale è stato possibile classificare la vicenda come effettivo episodio di sfruttamento di lavoro forzato.

In un altro caso (case study 7), portato alla luce nel 2013 dalla la polizia italiana in seguito ad alcune segnalazioni di operazioni sospette analizzate dalla Unità di informazione finanziaria per l’Italia, era coinvolta una società italiana operante nel comparto della logistica riconducibile a un cittadino bengalese. Anche in questo caso era emerso che i conti dei dipendenti della società erano interessati da sistematici prelievi di contante mediante dispositivi ATM e, inoltre, che vi erano alcune “società associate”[35] alla prima gestite e possedute da lavoratori stranieri, solo recentemente immigrati in Italia, che figuravano a loro volta come dipendenti di altre aziende anche queste operanti nel comparto della logistica.

L’attività degli organi investigativi seguita alla ricezione delle segnalazioni di operazioni sospette ha evidenziato che il cittadino bengalese titolare della società, in cambio di una somma di denaro, aveva reclutato alcune persone in patria, offrendo loro un impiego regolare che avrebbe consentito agli immigrati di permanere legalmente in Italia mediante un visto di lavoro temporaneo. A loro volta i lavoratori, non disponendo della somma iniziale, avrebbero ripagato il titolare della società attraverso i proventi del loro futuro lavoro.

È emerso inoltre che, una volta giunti in Italia, i lavoratori stranieri sono stati forzatamente indirizzati verso una banca scelta dal loro datore di lavoro al fine di ottenere l’accensione di conti correnti movimentabili anche mediante carte bancomat e carte ricaricabili, la cui password era portata a conoscenza di una terza persona che si occupava di prelevare in contante, mediante dispositivi ATM, metà dello stipendio dei lavoratori forzati.

Infine, alcuni lavoratori erano utilizzati quali prestanome di società apparentemente operanti nel campo della logistica ma che avevano in realtà il compito di drenare i profitti della prima società attraverso fatture false.

L’indagine ha portato a individuare in un cittadino italiano il titolare effettivo di tutte le società coinvolte, che venivano utilizzate dallo stesso come “multi-purpose money laundering machine” con cui avrebbe riciclato circa 2,5 milioni di euro facendo leva sulla vulnerabilità dei lavoratori stranieri minacciati di licenziamento e di rimpatrio.

Anche per questa tipologia di delitto il Gruppo d’azione finanziaria ha individuato alcuni comportamenti potenzialmente rivelatori del fenomeno, ad esempio: assenza di addebiti o di altra evidenza di pagamenti per tasse, imposte o pagamenti a uffici statali normalmente associati a impieghi lavorativi regolari; pagamenti ad agenzie di lavoro situate all’estero; segni di percosse sul cliente.

3.3. Il traffico di esseri umani finalizzato alla rimozione di organi

Riguardo l’HTRO il report del Gruppo d’azione finanziaria sottolinea la distinzione fra il traffico di esseri umani finalizzato alla rimozione di organi e il solo traffico di organi. Talvolta la seconda fattispecie può essere collegata alla prima, ma più frequentemente si tratta di fattispecie separate.

Sebbene nel 2007 l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia stimato che una percentuale tra il 5 e il 10 per cento di tutti i trapianti di organi condotti in nel mondo sono stati condotti “illegalmente”, non esiste una stima che quantifichi il numero delle vittime del traffico di esseri umani finalizzato alla rimozione di organi.

Il report rinvia all’“Assessment Toolkit for the Trafficking in Persons for Organ Removal” pubblicato nel 2015 dallo United Nations Office on Drugs and Crime[36] quale studio da cui attingere informazioni al riguardo. Il documento chiarisce che due sono le tracce finanziarie che possono scaturire da tale tipo di crimine: i pagamenti effettuati in favore della struttura necessaria alla perpetrazione del reato e quelli fatti ai soggetti coinvolti.

Se da un lato la fattispecie potrebbe essere individuata in relazione alla presenza di rilevanti spese mediche al di fuori del contesto di una struttura medica ufficiale[37], dall’altro un elemento di difficoltà nello svolgimento delle attività di analisi finanziaria e investigativa può essere rappresentato dalla circostanza che il lasso temporale in cui il reato viene consumato è assai più breve che nelle altre fattispecie.

In ogni caso, il Gruppo d’azione finanziaria dà atto nel report della scarsità delle informazioni disponibili in argomento, tant’è che colloca la “Mappatura e profilazione degli attori/ruoli” coinvolti nell’HTRO[38] nell’ambito delle “Conclusion and potential next steps”.

4. Alcune criticità e il contributo italiano

Il Gruppo d’azione finanziaria ha rimarcato la sostanziale inadeguatezza delle valutazioni fatte dai diversi Stati in sede di national risk assessment: in maniera assai critica l’organismo internazionale ha sottolineato la sottovalutazione del fenomeno criminale dello “human trafficking”[39], definito “a hidden crime”[40] in quanto “occultato” da altri reati che gli si sovrappongono, come lo sfruttamento della prostituzione o l’immigrazione illegale.

In generale il Gruppo d’azione finanziaria ha rilevato che la difficoltà degli operatori a pervenire a una adeguata percezione del fenomeno è accresciuta dal ruolo svolto dal denaro contante, che costituisce una quota significativa dei proventi di questi traffici illeciti: ciò ha di fatto impedito la realizzazione di statistiche, con la conseguente probabile sottostima del fenomeno e l’impossibilità di approntare misure di mitigazione adeguate.

Inoltre, fra gli elementi di criticità segnalati dal Gruppo d’azione finanziaria vi è la difficoltà dei soggetti sottoposti alla normativa antiriciclaggio a individuare flussi di denaro riconducibili al traffico di esseri umani, a causa della mancata formulazione di specifici indicatori di anomalia da parte delle autorità antiriciclaggio. Queste ultime a loro volta sono ostacolate nella formulazione di tali indicatori dall’assenza di una adeguata massa critica di informazioni.

Non mancano casi, secondo il Gruppo d’azione finanziaria, in cui un’operazione potenzialmente rivelatrice di un traffico di esseri umani è segnalata come sospetta senza essere ricollegata dal segnalante a tale fenomeno ma, ad esempio, a un banale utilizzo improprio di contante, con la conseguenza che la segnalazione non viene, in questi casi trattata dalla FIU ricevente con la dovuta priorità.

Per quanto riguarda la realtà italiana, dalla Sintesi del primo esercizio di “National Risk assessment” pubblicata sul sistema antiriciclaggio italiano a dicembre 2014 sembrerebbe che il Comitato di Sicurezza finanziaria abbia posto in connessione il traffico di esseri umani esclusivamente allo sfruttamento sessuale. Nel documento si specifica inoltre che i proventi criminali vengono prevalentemente riciclati al di fuori dell’economia italiana in quanto si tratta di un reato “essenzialmente praticato da organizzazioni criminali straniere, per lo più rumene o comunque dell’est”. Per il resto, il Comitato si sofferma assai brevemente sul più ampio fenomeno del traffico di esseri umani, in merito al quale formula la conclusione, comunque non priva di interesse, che tale traffico “…risulta gestito quasi esclusivamente da organizzazioni criminali straniere … collegate e dipendenti da un vertice che rimane all’estero”[41].

L’Unità di informazione finanziaria per l’Italia sembrerebbe aver dedicato attenzione al riciclaggio di proventi da “smuggling of migrants” più che da “trafficking in persons”: la FIU Italiana ha infatti reso noto di aver sviluppato nel 2016 uno specifico progetto[42] diretto a elaborare le informazioni raccolte mediante le segnalazioni di operazioni sospette attinenti rimesse di contante effettuate attraverso money trasfer.

Il progetto è partito dalla selezione delle operazioni riconducibili a soggetti per i quali era già stato accertato il coinvolgimento in indagini per il traffico di migranti per cercare di individuare l’eventuale ricorrenza di alcuni fattori, come le nazionalità prevalenti dei soggetti coinvolti, gli Stati controparte e le località di esecuzione. Per operare un ulteriore affinamento ed eliminare eventuali “ricorrenze accidentali” la FIU si è servita di informazioni pubblicate dagli organi di stampa in merito alla struttura e al concreto funzionamento di organizzazioni criminali dedite a tale tipo di traffico già portate alla luce dagli organi investigativi. In tal modo è stato realizzato un vero e proprio “modello” idoneo a rappresentare il fenomeno finanziario oggetto di osservazione.

Dopo un primo periodo di test il “modello” è stato applicato all’intero patrimonio informativo dell’Unità di informazione finanziaria per l’Italia, nel tentativo di individuare nominativi già segnalati ma per i quali non era stato manifestato il sospetto esplicito di coinvolgimento nel fenomeno di traffico di migranti. Sono stati così individuati nominativi che presentavano caratteristiche soggettive e di operatività finanziaria inquadrabili nella profilatura delineata nel modello e pertanto sospettabili di far parte delle organizzazioni dedite al traffico di migranti. I nominativi selezionati sono stati poi trasmessi agli organi investigativi affinché valutassero l’opportunità di avviare indagini. Al riguardo l’Unità di informazione finanziaria per l’Italia ha sottolineato come una recente indagine abbia confermato “alcune delle ipotesi formulate grazie alla suddetta profilatura”.

Inoltre l’Unità di informazione finanziaria per l’Italia ha concorso nel 2016 all’avvio di un progetto di analisi congiunta (joint analysis) fra le FIU dell’Unione europea sugli aspetti finanziari connessi allo sfruttamento dei flussi di migranti sia nella forma dello “smuggling of migrants”[43] sia in quella del “trafficking in persons”. Anche in questo caso l’analisi si è focalizzata sulle rimesse effettuate attraverso money transfer e si è sostanziata in uno scambio incrociato di nominativi riconducibili al predetto traffico: i risultati ottenuti dalle singole FIU e i relativi approfondimenti sono stati oggetto di condivisione fra i partecipanti[44].

5. Considerazioni conclusive

L’ultimo aspetto a cui si è accennato, ossia gli effetti positivi di una collaborazione sovranazionale per fronteggiare le pratiche di “trafficking in persons” viene ripreso dal Gruppo d’azione finanziaria nel report pubblicato a agosto 2018, dove è rimarcata l’importanza di condividere “good practices” per rafforzare il sistema nazionale di contrasto[45].

Oltre a questo, l’organismo internazionale fornisce alcune indicazioni in ordine alle carenze emerse.

In particolare, ai fini della comprensione del rischio di riciclaggio dei proventi derivanti dal traffico di esseri umani è necessario che in sede di national risk assessment venga effettuata una valutazione “granulare”, cioè che tenga conto delle tre diverse forme nelle quali il traffico si può articolare.

Inoltre a valle della valutazione dovrebbe essere predisposto un “piano d’azione” che fissi responsabilità e obiettivi dei diversi attori, pubblici e privati, ed essere realizzata un’attività di formazione sull’argomento a beneficio tanto degli specialisti destinati a contrastare il riciclaggio quanto di coloro che possono essere implicati in episodi di riciclaggio dei relativi proventi.

Infine, sempre secondo il Gruppo d’azione finanziaria dovrebbe essere previsto per i soggetti sottoposti a obbligo di segnalazione di operazioni sospette la possibilità di identificare (mediante un segno di spunta o “tick box”) le segnalazioni stesse, a beneficio delle FIU che le ricevono, come specificamente riconducibili al fenomeno della tratta di esseri umani.

Occorre infine rilevare che, rispetto all’interesse mostrato dal Gruppo d’azione finanziaria per la tematica in esame, la Commissione europea – cui è affidato il compito di individuare le minacce transfrontaliere connesse con il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo[46] – non sembra ancora riservare al fenomeno l’attenzione che meriterebbe. Si osserva infatti come nel Supranational risk assessment (SNRA) pubblicato nel 2017, dove sono presi in esame molteplici traffici illeciti, da quello di antichità e manufatti oggetto di saccheggio al traffico illegale di specie selvatiche, sorprendentemente non compare alcuno specifico riferimento ai rischi derivanti dalla tratta di esseri umani.

Considerate le indicazioni fornite dal Gruppo d’azione finanziaria, un riferimento al traffico di esseri umani nel prossimo risk assessment potrebbe sortire effetti positivi anche sugli orientamenti e sulle valutazioni degli Stati membri.

 


[1] Talvolta con riferimento a questa fattispecie si utilizza l’acronimo “SOM”.

[2] Il fenomeno è noto anche come “Trafficking in Human Beings” (“THB).

[3] In tal senso Leveraging Anti-Money Laundering Regimes to Combat Trafficking in Human Beings, Organization for Security and Co-operation in Europe, 2014, Chapter 1: Overview of Efforts to Counter ML and THB, pag. 12: “While THB is a crime that is directed against individuals and includes the coercion of migrants, typically to forced labour or prostitution, SOM is a crime against a state and includes the paid transportation of migrants using methods of irregular entry”.

[4] Il protocollo, insieme al “Protocol to prevent, suppress and punish trafficking in persons, especially women and children, supplementing the United Nations Convention against transnational organized crime”, costituisce parte integrante della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale. La Convenzione e i Protocolli allegati vennero aperti alla firma nella Conferenza internazionale di Palermo che si svolse a dicembre 2000. In data 31 maggio 2001 è stato adottato anche un terzo protocollo sul traffico d’armi. La Convenzione, entrata in vigore dal 29 settembre 2003, è stata ratificata e resa esecutiva dall’Italia con la L. 16 marzo 2006, n. 146.

[5] “Smuggling of migrants shall mean the procurement, in order to obtain, directly or indirectly, a financial or other material benefit, of the illegal entry of a person into a State Party of which the person is not a national or a permanent resident”, Protocol against the smuggling of migrants by land, sea and air, supplementing the United Nations Convention against transnational organized crime, article 3, Use of terms. Il protocollo è disponibile sul sito internet dello United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC) all’indirizzo https://www.unodc.org/documents/middleeastandnorthafrica/smuggling-migrants/SoM_Protocol_English.pdf.

[6] “…the recruitment, transportation, transfer, harbouring or receipt of persons, by means of the threat or use of force or other forms of coercion, of abduction, of fraud, of deception, of the abuse of power or of a position of vulnerability or of the giving or receiving of payments or benefits to achieve the consent of a person having control over another person, for the purpose of exploitation. Exploitation shall include, at a minimum, the exploitation of the prostitution of others or other forms of sexual exploitation, forced labour or services, slavery or practices similar to slavery, servitude or the removal of organs”, Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons Especially Women and Children, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime, Adopted and opened for signature, ratification and accession by General Assembly resolution 55/25 of 15 November 2000, article 3, Use of terms.

[7] Ciò avviene ai sensi del comma 3 dell’articolo 12 nel caso in cui:

a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;

b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;

c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;

d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;

e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.

[8] Le condotte prese quindi in considerazione sono due:

  1. l’attività di trasporto degli stranieri all’interno del territorio italiano (o la promozione, la direzione, l’organizzazione, il finanziamento, l’effettuazione dello stesso trasporto);
  2. gli atti diretti a procurare l’ingresso illegale in Italia ovvero in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente.

Nel primo caso il dolo è generico, nel secondo è specifico dato che la condotta deve essere finalizzata all’ingresso illegale in Italia, ma in entrambi i casi occorre che la condotta violi le norme del Testo unico.

[9] “…chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero… favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni”.

[10] La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti “sono commessi al fine di trarre profitto, anche indiretto”.

[11] Invero, sebbene il “Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, especially Women and Children” indichi quale elemento essenziale del “trafficking in persons” che lo scopo perseguito sia lo sfruttamento delle vittime, nell’attuale formulazione dell’articolo 601 del codice penale il riferimento allo scopo perseguito è collocato alla fine del primo comma e, quindi, sembra riferito soltanto alla seconda ipotesi delittuosa (tratta di persone non ancora ridotte in condizione di schiavitù). In tal senso anche Federica Urban, “La legislazione penale italiana quale modello di attuazione della normativa sovranazionale e internazionale anti-smuggling e anti-trafficking”,Diritto Penale Contemporaneo, 1/2018.

[12] Il documento è disponibile sul sito internet dell’International Labour Office all’indirizzo https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/documents/publication/wcms_575479.pdf.

[13] Ad esempio nel lavoro domestico, nell’edilizia o nell’agricoltura.

[14] In questo caso, ad esempio, si annoverano episodi di arruolamento forzato in corpi militari, oppure di partecipazione forzata alla realizzazione di opere pubbliche.

[15] Il rapporto sottolinea che nel 2012 le persone sottoposte al lavoro forzato erano circa 16,4 milioni.

[16] Global Report on Trafficking in Persons. Il rapporto è disponibile sul sito internet dello United Nations Office on Drugs and Crime all’indirizzo https://www.unodc.org/unodc/data-and-analysis/glotip.html.

[17] Per le vittime di sesso femminile, lo sfruttamento si è concretizzato nel 72 per cento dei casi nello sfruttamento sessuale.

[18] L’organizzazione sottolinea che “I profitti sono più alti in Asia (51,8 miliardi di dollari) e nei paesi con le economie più sviluppate (46,9 miliardi di dollari), principalmente per due motivi: l’alto numero di soggetti sfruttati in Asia e l’alto profitto “per vittima” nelle economie sviluppate”, Profits and poverty: the economics of forced labour, International Labour Office (ILO), 2014, Chapter 2, Estimating the profits of forced labour, New estimate, pag. 13. Il documento è disponibile sul sito internet del International Labour office all’indirizzo https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/—ed_norm/—declaration/documents/publication/wcms_243391.pdf.

[19] È emerso che i profitti “per vittima” sono più alti nello sfruttamento sessuale,circostanza che viene spiegata dall’International Labour Office facendo riferimento a un livello elevato della domanda, ai prezzi elevati che i clienti sono disposti a pagare per le prestazioni, ai bassi investimenti di capitale e ai bassi costi operativi associati a questa attività.

Con un profitto medio globale di 21.800 USD all’anno “per vittima”, questa tipologia di traffico di esseri umani è sei volte più redditizia di tutte le altre forme di lavoro forzato. Profits and poverty, op. cit., Chapter 2, Estimating the profits of forced labour, New estimate, pag. 15.

[20] In tal senso “Resolution 2388 (2017) Adopted by the Security Council at its 8111th meeting, on 21 November 2017”, disponibile sul sito internet del security Council all’indirizzo http://unscr.com/en/resolutions/2388.

[21] “They came to destroy: ISIS Crimes Against the Yazidis”, Factual findings, ISIS treatment of Yazidi women and girls aged 9 and above, paragraph 57, pag. 12. Il documento è disponibile sul sito internet dello United Nations Human Rights Council all’indirizzo https://search.ohchr.org/results.aspx?k=yazidi.

[22] In argomento anche “FATF Report Financing of the Terrorist Organisation Islamic State in Iraq and the Levant (ISIL)”, Source of founding, Illicit proceeds from occupation of territory including extortion and theft, Bank looting, extortion and human trafficking, pag. 13. Il documento è disponibile sul sito internet del Gruppo d’azione finanziaria all’indirizzo http://www.fatf-gafi.org/media/fatf/documents/reports/Financing-of-the-terrorist-organisation-ISIL.pdf.

[23] La Commissione Europea in sede di Supranational risk assessment ha definito “cash intensive business… sectors of bars, restaurants, constructions companies, motor vehicle retailers, car washes, art and antique dealers, auction houses, pawnshops, jewelleries, textile retail, liquor and tobacco stores, retail/night shops, gambling services”, Report from the Commission to the European Parliament and to the Council on the assessment of the risks of money laundering and terrorist financing affecting the internal market and relating to cross-border situations, June 2017, Part 2/2, pag. 20.

[24] In tal senso “Leveraging Anti-Money Laundering Regimes to Combat Trafficking in Human Beings”, Organization for Security and Co-operation in Europe, 2014, Chapter 1: Overview of Efforts to Counter ML and THB, pag. 13.

[25] L’Asia/Pacific Group on Money Laundering è un’organizzazione intergovernativa, cui partecipano 41 stati, finalizzata a garantire l’adozione, l’attuazione e l’applicazione da parte dei suoi membri degli standard internazionali (40 Raccomandazioni del GAFI) per il contrasto al riciclaggio, al finanziamento del terrorismo e al finanziamento della proliferazione relativi alle armi di distruzione di massa. La sua attività comprende l’assistenza ai paesi associati nella fase di attuazione di leggi in materia di riciclaggio, confisca, estradizione nonché in tema di sistemi per la segnalazione di operazioni sospette e la successiva attività investigativa, tenendo conto degli specifici “fattori regionali”. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito internet dell’organizzazione all’indirizzo http://www.apgml.org/.

[26] Il precedente studio del Gruppo d’azione finanziaria aveva individuato nel limitato livello di cooperazione internazionale e nell’assenza di una specifica formazione (effective training) su questa problematica da parte delle “authorities in financial investigations” criticità da superare per rendere più efficace la lotta al riciclaggio di tale tipo di proventi.

[27] “The report deliberately does not cover migrant smuggling”, Financial flows from human trafficking, July 2018, Part two: analysis of money laundering from human trafficking case studies, Introduction, Scope, paragraph 10, pag. 6.

[28] “Rarely is a victim subject to one instance of sexual exploitation”, Financial flows, op. cit, Part two: analysis of money laundering from human trafficking case studies, Human trafficking for sexual exploitation, paragraph 52, pag. 20.

[29] Financial flows, op. cit., Part two: analysis of money laundering from human trafficking case studies, Human trafficking for sexual exploitation, paragraph 54, pag. 21.

[30] Email Money Transfer.

[31] “…no evidence of full-time employment despite significant turnover in the account”. Financial flows, op. cit., Part two: analysis of money laundering from human trafficking case studies, Human trafficking for sexual exploitation, paragraph 55, pag. 22.

[32] “…Backpage pursued an array of sophisticated money laundering strategies”, Financial flows, op. cit., Part two: analysis of money laundering from human trafficking case studies, Human trafficking for sexual exploitation, paragraph 55, pag. 23.

[33] Il Gruppo d’azione finanziaria, pur facendo riferimento a “countries at higher risk for human trafficking”, non ha compilato una lista di paesi da considerare parte della categoria. Pertanto a tal fine si potrebbe ricorrere alle pubblicazioni del Dipartimento di Stato USA, che annualmente rende noto un proprio report sull’andamento del fenomeno dove i diversi paesi sono ripartiti per classi di rischio (tier) a seconda dell’impegno dimostrato dal governo locale di adeguarsi agli standard previsti nel Victims of Trafficking and Violence Protection Act of 2000, una legge del Congresso Statunitense, in linea con le indicazioni del Protocollo di Palermo. Nell’ambito del “Tier 1” sono compresi i paesi che soddisfano pienamente gli standard; nel “Tier 2” e nella “Tier 2 watch list” figurano paesi che non soddisfano pienamente gli standard ma di cui si riconoscono gli sforzi; al “Tier 3” appartengono paesi che non raggiungono gli standard minimi richiesti e non hanno neanche fatto sforzi significativi per soddisfarli. Mentre va notato che fra i paesi della “Tier 2 watch list” figura attualmente anche un membro dell’Unione europea, l’Ungheria, i paesi del “Tier 3” sono: Belize, Bielorussia, Birmania, Bolivia, Burundi, Congo, Corea del Nord, Eritrea, Gabon, Guinea Equatoriale, Iran, Isole Comore, Laos, Mauritania, Papua Nuova Guinea, Repubblica popolare cinese (PRC), Russia, Siria, Sudan del Sud, Turkmenistan, Venezuela. A questi vanno aggiunti Libia, Somalia, Yemen e St. Maarten, definiti come “special case”. Il report del 2018 è disponibile sul sito internet del Dipartimento di Stato USA all’indirizzo https://www.state.gov/j/tip/rls/tiprpt/2018/.

[34] Convenzione sul lavoro forzato e obbligatorio, articolo 2, comma 1, consultabile sul sito internet dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro all’indirizzo https://www.ilo.org/rome/norme-del-lavoro-e-documenti/WCMS_152328/lang–it/index.htm.

[35] Il report del Gruppo d’azione finanziaria utilizza al riguardo l’espressione “structure of logistics companies associated”, Financial flows, op. cit., Part two: analysis of money laundering from human trafficking case studies, Identifying suspicious transaction and money laundering from the types of HTFL, paragraph 64, pag. 29.

[36] Il documento è consultabile al sito internet: https://www.unodc.org/documents/human-trafficking/2015/UNODC_Assessment_Toolkit_TIP_for_the_Purpose_of_Organ_Removal.pdf

[37] A titolo di esempio si riferisce che il rapporto dell’UNODC contiene case studies dai quali emergono pagamenti fino a 100.000/200.000 dollari sul mercato nero per il traffico di reni.

[38] Financial flows, op. cit., Conclusion and potential next steps, paragraph 102, pag. 47

[39] “…the risk assessments do not identify ML from human trafficking with the gravity commensurate with the estimated aggregate global proceeds derived from the human trafficking…”, Financial flows, op. cit., Part three: challenges and good practices in combatting ML/TF from human trafficking, paragraph 78, pag. 36.

[40] Financial flows, op. cit., Part three: challenges and good practices in combatting ML/TF from human trafficking, paragraph 77, pag. 36.

[41] Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, 2014, Sintesi, 2.2.1 Analisi delle condotte che producono proventi da riciclare. Il documento è consultabile sul sito internet del MEF http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/news/news/Sintesi_NRA_divulgabile_a_soggetti_obbligati_2_dicembre_2014.pdf.

[42] Rapporto annuale dell’Unità di Informazione Finanziaria, maggio 2017, Tematiche di rilievo, L’analisi sul fenomeno “traffico dei migranti”, pag. 52.

[43] Per completezza si riferisce che l’Unità di informazione finanziaria per l’Italia nel quaderno dell’antiriciclaggio n. 11 pubblicato a luglio 2018 ha da dato spazio all’argomento del traffico dei migranti (“smuggling of migrants”) mediante l’illustrazione di un caso intitolato “Anomala operatività di carte prepagate connessa al traffico di migranti con possibili collegamenti soggettivi con organizzazioni terroristiche”. Sebbene la casistica di cui si tratta non sia riconducibile al “trafficking in persons” è interessante notare come anche in questo caso emerga il ruolo delle agenzie di money transfer. Nell’abstract del caso si evidenzia infatti che “alcuni cittadini stranieri recentemente immigrati – residenti o operanti in località prossime a centri di accoglienza per immigrati o a valichi di frontiera e in alcuni casi titolari di agenzie money transfer – effettuano operazioni incrociate di ricarica di carte prepagate, al di fuori della zona di residenza, sia in Italia sia all’estero. I titolari delle carte interessate presentano, a volte, collegamenti soggettivi con individui indagati per coinvolgimento in attività terroristiche”. L’illustrazione, particolarmente interessante, rimarca il ruolo, fra tutti i soggetti convolti, di uno in particolare, “tanto con riferimento alle transazioni scambiate con altri membri della rete (per numero delle transazioni e delle controparti), quanto sotto il profilo soggettivo, essendo intestatario di carte prepagate emesse in località distanti fra loro, nonché titolare dell’agenzia money transfer…”.

[44] Rapporto annuale dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia, maggio 2017, Esperienze di analisi congiunta a livello internazionale, pag. 104.

[45] “Good practices from counterparts and international organisations are considered for implementation into national regime”, Financial flows, op. cit.,Annex C. National actions to consider to ensure an effective system in combatting money laundering/terrorist financing from human trafficking, July 2018, pag. 71. In tale ambito va valutata positivamente l’iniziativa annunciata dalla Commissione europea per il rafforzamento delle competenze antiriciclaggio dell’Autorità Bancaria Europea attraverso l’istituzione presso la stessa Autorità di “un nuovo comitato permanente che riunisca le autorità di vigilanza nazionali antiriciclaggio. Il comunicato, pubblicato il 12 settembre 2018,è disponibile sul sito internet della Commissione Europea all’indirizzo http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-5724_it.htm.

[46] L’articolo 6 della Direttiva UE/849/2015 prevede che la Commissione effettui, di norma ogni due anni, una valutazione sovranazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo che incidono sul mercato interno e sono connessi alle attività transfrontaliere.

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