In mancanza di prova scritta dell’apertura di credito (in cui deve essere inequivocabilmente indicata la soglia stessa dell’affidato) è da escludersi l’esistenza di un affidamento e, altrettanto pacificamente, deve essere ritenuto onere del correntista che invoca effetti per sé favorevoli dover provvedere alla produzione in giudizio del contratto stesso, non bastando l’affermazione che vi fosse una apertura di credito.
Il riferimento all’affidamento di fatto si scontra con il principio secondo cui è necessario ancorare al dato contrattuale l’individuazione di obblighi a carico della banca, e ciò per evitare di lasciare all’arbitrio un tema di una certa rilevanza, ovvero quello di capire se la banca abbia semplicemente tollerato la scopertura di saldo oppure si sia impegnata a mettere a disposizione del correntista una determinata somma di denaro.
Il tema dello sconfinamento, che si protrae nel tempo, senza che di fatto la banca abbia iniziative di rientro via via che il tempo passa, denota semplicemente la mancanza di interesse di quest’ultima a ricevere nell’immediato la prestazione dovuta e di tollerare – se non di favorire – la persistenza attuale e il protrarsi futuro del debito da sconfino del cliente.
Occorre dunque ribadire che l’esistenza di scoperti di conto, anche ripetuti e cospicui non è univocamente interpretabile come conseguente ad un’apertura di credito a favore della cliente, ben potendo trattarsi di mera tolleranza da parte della banca.