La Cassazione, con sentenza del 27 luglio 2022 n. 23477 (Pres. Scaldaferri, Rel. Vella), ha affrontato il caso di un appaltatore fallito, che aveva in precedenza convenuto una delegazione di pagamento in favore dei subappaltatori, a carico del committente.
Il contratto di appalto di un’opera pubblica si scioglie ipso iure, ai sensi dell’art. 81 l.fall. in caso di fallimento di una delle parti, salva la possibilità per il curatore di subentrare nel rapporto esistente, e pagare in prededuzione, ex art. 78, co. 3 i crediti sorti nel momento successivo al fallimento.
Qualora, con un’apposita clausola integrativa del contratto di appalto, le parti convengano una delegazione di pagamento del subappaltatore a carico del committente, tale negozio risulterà privo di autonomia rispetto al contratto di appalto cui accede, seguendo quindi la sorte dello scioglimento del contratto principale ai sensi degli artt. 78 e 72 l.fall.
Tale risultato non sarebbe diverso qualora la delegazione di pagamento sia ricondotta all’istituto del mandato, in particolare il mandato in rem propriam, la cui disciplina generale contenuta nell’art. 1723, co. 2 c.c. sarebbe sostituita, nel caso di fallimento, dalle apposite disposizioni della legge fallimentare. Ne consegue, come previsto dall’art. 78, co. 2 l. fall. che il fallimento del mandatario comporta lo scioglimento automatico del contratto di mandato, potendo il curatore decidere di subentrare nel rapporto solo nel caso di fallimento del mandante.
D’altronde, come evidenziato dalla Suprema Corte, nel caso di fallimento dell’appaltatore di opera pubblica non trova applicazione il meccanismo delineato dall’art. 118, co. 3, d.lgs. n. 163 del 2006, che prevede la sospensione da parte della stazione appaltante dei pagamenti in favore dell’appaltatore in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest’ultimo al subappaltatore; si tratta di un meccanismo riferito all’ipotesi di impresa in bonis e non applicabile nel caso in cui con la dichiarazione di fallimento il contratto di appalto si sciolga.
Applicando un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità (S.U. 5685/2020) e citato nella pronuncia in commento, ne consegue che “il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all’intervenuto scioglimento del contratto è dovuto dalla stazione appaltante al curatore fallimentare dell’appaltatore, mentre il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale dell’appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della par condicio creditorum e dell’ordine delle cause di prelazione, senza che rilevi a suo vantaggio l’istituto della prededuzione ex art. 111, co. 2 l.fall.”
Nel caso di specie, il Comune committente, dopo esser stato condannato al pagamento del corrispettivo ai subappaltatori, sulla base di una delegazione di pagamento contenuta in un atto integrativo al contratto di appalto, presentava domanda ultratardiva di insinuazione al passivo del Fallimento per richiedere a titolo di indebito la restituzione delle somme versate.
Il Tribunale di Treviso rigettava la domanda ammissione allo stato passivo del Fallimento proposta da parte del committente, ritenendo che il fallimento del Consorzio appaltatore avesse determinato lo scioglimento del contratto di appalto e dell’atto integrativo con cui quest’ultimo aveva delegato il committente al pagamento diretto dei subappaltatori, i quali avrebbero dovuto rivolgere le loro pretese nei confronti del Fallimento.