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Attualità

Appalti irregolari: sanzioni inasprite e nuove garanzie sul lavoro

26 Marzo 2024

Maria Chiara Lamera, Lawyer, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza le recenti novità in materia di contrasto agli appalti irregolari introdotte dal D.L. 19/2024, con inasprimento delle sanzioni e reintroduzione della rilevanza penale.


1. L’inasprimento delle sanzioni per gli appalti irregolari

Come il Ministero dal Lavoro aveva anticipato, anche a seguito di quanto accaduto negli appalti Esselunga di Firenze, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 19/2024, che introduce una stretta sugli appalti irregolari.

Il Decreto Legge, nell’ottica di prevenzione e contrasto al lavoro irregolare, inasprisce infatti le sanzioni e reintroduce nell’ordinamento la perseguibilità penale per tutti gli appalti irregolari privi dei requisiti previsti per legge dall’art. 1655 c.c. e dall’art. 29, comma 1, del D.Lgs. 276/2003 (c.d. “Legge Biagi”).

L’art. 29, comma 4 del nuovo Decreto Legge modifica così l’art. 18 della Legge Biagi, prevedendo che l’utilizzatore e il somministratore, in caso di appalti irregolari, siano puniti con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di Euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Questa previsione introduce dunque un più severo sistema sanzionatorio, in luogo della precedente previsione che prevedeva la sola pena dell’ammenda di Euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro.

La sanzione interessa tutti quei rapporti in cui l’appaltatore non disponga di una autonoma organizzazione di mezzi e non vi sia, da parte sua, la concreta assunzione del rischio d’impresa. In altre parole, la sanzione si applica nei casi in cui l’appalto nasconde una mera fornitura di manodopera, da ritenersi illecita perché solo le Agenzie del lavoro debitamente autorizzate dal Ministero possono esercitare l’attività di somministrazione di lavoro.

Alle medesime sanzioni è soggetto altresì il datore di lavoro che distacchi il proprio personale in violazione dei requisiti stabiliti dall’art. 30, comma 1, del D.Lgs. 276/2003, il quale prevede che la temporaneità e la sussistenza di un interesse del datore di lavoro siano condizioni essenziali per la legittimità del distacco.

Il nuovo Decreto riprende inoltre la nozione della somministrazione fraudolenta, introdotta più di vent’anni fa dalla Legge Biagi e destinataria, nel corso del tempo, di numerose modifiche.

In particolare, è qualificata come fraudolenta la somministrazione di lavoro che venga posta in essere con la specifica finalità di eludere le norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore. Nella somministrazione fraudolenta, quindi, le parti non solo pongono in essere un appalto irregolare, bensì agiscono con il “dolo specifico” di aggirare le previsioni di legge.

Prima dell’ultima abrogazione della nozione di somministrazione fraudolenta, sia il Ministero del Lavoro che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (da ultimo con circolare n. 3/2019) erano intervenuti per chiarire quali fossero gli elementi sintomatici della finalità fraudolenta individuando, anche alternativamente tra loro, il conseguimento di effettivi risparmi sul costo del lavoro e l’elusione dei divieti imposti dalle disposizioni in materia di somministrazione; tali elementi, secondo la lettura dell’Ispettorato, dovevano in ogni caso essere suffragate da ulteriori risultanze istruttorie, quali ad esempio la non positiva situazione finanziaria dell’impresa committente.

Pertanto, con l’introduzione del comma 5-ter all’art. 18 della Legge Biagi, il nuovo Decreto sanziona – anche penalmente – i casi di somministrazione fraudolenta prevedendo che il somministratore e l’utilizzatore siano puniti con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda di Euro 100 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione. Importi, questi, destinatari ad aumentare del 20% qualora l’imprenditore sia già stato destinatario nei tre anni precedenti di sanzioni penali per i medesimi illeciti.

Il quadro sanzionatorio si completa con le già esistenti norme in materia di prescrizione obbligatoria, affidata al personale ispettivo. Ai sensi degli artt. 20 e ss del Dlgs 758/1994, l’autorità potrà dunque impartire la prescrizione per estinguere il reato in via amministrativa, invitando il datore di lavoro a sanare l’irregolarità accertata entro il termine stabilito e previo pagamento della sanzione pecuniaria, pari a un quarto della pena (ossia Euro 15 per giornata e per lavoratore, innalzati rispettivamente a Euro 18 euro o 25 euro in caso di recidiva o fraudolenza).

Confermati, infine, gli importi minimo e massimo delle sanzioni previste dall’art. 29 della Legge Biagi, che non potranno essere inferiori a Euro 5.000 né superiori a Euro 50.000.

2. Il nuovo regime della responsabilità solidale

Una ulteriore importante novità introdotta dal D.L. 19/2024 riguarda il regime della responsabilità solidale di cui all’art. 29, comma 2, della Legge Biagi.

Infatti, con il nuovo Decreto, la responsabilità solidale tra committente e appaltatore per tutti i trattamenti retributivi e previdenziali dovuti in relazione al periodo oggetto di appalto viene estesa a tutti i casi di appalto e distacco privi dei requisiti di legge, nonché ai casi di somministrazione irregolare.

Pertanto, tutti i lavoratori coinvolti potranno agire sia nei confronti del committente che nei confronti dell’appaltatore per richiedere il pagamento dei crediti contributivi e retributivi maturati nel corso del rapporto di lavoro.

La norma risolve così una incoerenza normativa che attribuiva un minor livello di tutela ai lavoratori oggetto di appalto illecito rispetto al personale impiegato in appalti regolari.

3. Minimi retributivi vincolati ai contratti maggiormente applicati

Infine, il citato Decreto Legge, ancora una volta nel tentativo di contrastare il ricorso al lavoro irregolare, rafforza le vigenti previsioni in materia di condizioni di lavoro.

In particolare, con il nuovo comma 1-bis dell’art. 29 D.Lgs. 276/2003, il Decreto Legge prevede a carico di appaltatori (ed eventuali subappaltatori) il dovere di riconoscere ai lavoratori impiegati nell’appalto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto.

La nuova previsione dell’art. 29 lascia tuttavia spazio a numerose questioni applicative che dovranno presto essere risolte. In primis, sarà necessario comprendere quale sia il “contratto collettivo maggiormente applicato nel settore e per la zona”; la legge, infatti, invece di inserire il noto riferimento ai contratti collettivi “maggiormente applicati” richiede di individuare caso per caso l’oggetto principale dell’appalto per poi operare una valutazione circa il contratto maggiormente applicato a tale attività nella zona in cui viene concretamente svolto l’appalto. E’ evidente, dunque, che l’applicazione del nuovo comma 1-bis sarà soggetta a divergenti interpretazioni che potrebbero generare non poche incertezze applicative.

Rimane, in ogni caso, innegabile la portata innovativa della norma, che mira a scoraggiare la stipulazione di appalti finalizzati esclusivamente a ridurre i costi del lavoro, attraverso il ricorso a contratti collettivi pirata con livelli retributivi inferiori a quelli maggiormente applicati nel medesimo settore e nella medesima zona.

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