La Corte di Giustizia, Sezione Quinta, con sentenza resa nella causa C‑547/22 il 6 giugno 2024, ha affermato che la normativa o le prassi nazionali non possono ammettere, per principio, la possibilità, in caso di esclusione illegittima di un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita di chance.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte:
L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007,
deve essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa o a una prassi nazionali che non ammettono per principio la possibilità, per un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in ragione di una decisione illegittima dell’amministrazione aggiudicatrice, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita dell’opportunità di partecipare a tale procedura ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto.
La Corte afferma che, conformemente all’art. 1, paragrafo 3, della Direttiva 89/665, le procedure di ricorso previste da quest’ultima devono essere accessibili almeno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata.
Peraltro, come risulta dal considerando 36 della direttiva 2007/66, il sistema di mezzi di ricorso istituito dalla direttiva 89/665 mira a garantire il pieno rispetto del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, conformemente all’art. 47, primo e secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali.
La Direttiva non stabilisce alcuna possibilità di limitare tale accesso: al contrario, in forza dell’art. 2, paragrafo 7, secondo comma, della stessa, uno Stato membro può prevedere che, dopo la conclusione di un contratto a seguito dell’aggiudicazione dell’appalto, i poteri dell’organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione.
Il ricorso giurisdizionale per risarcimento danni previsto all’art. 2, paragrafo 1, lettera c), della medesima direttiva è stato quindi considerato dal legislatore UE come lo strumento di ultimo grado, che deve restare accessibile ai soggetti lesi da una violazione del diritto dell’Unione qualora questi siano privati, di fatto, di qualsiasi possibilità di beneficiare dell’effetto utile di uno degli altri rimedi previsti da quest’ultima disposizione.
È, in particolare, il caso dell’esclusione illegittima di un offerente che, avendo chiesto e ottenuto l’annullamento della sua esclusione da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, non ha tuttavia più, a causa della chiusura di tale procedura intervenuta nel frattempo, la possibilità di beneficiare degli effetti di tale annullamento.
Infatti, se è vero che un danno può risultare dal mancato ottenimento, in quanto tale, di un appalto pubblico, in tal caso, è possibile che l’esclusione illegittima dell’offerente abbia cagionato a quest’ultimo un danno distinto, corrispondente all’opportunità perduta di partecipare alla procedura di aggiudicazione, al fine di ottenere tale appalto (c.d. danno da perdita di chance): pertanto un tale danno deve poter essere risarcito, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665.