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L’applicazione della disciplina CFC nei confronti degli OICR non residenti nello Schema di Decreto Legislativo di recepimento della Direttiva ATAD

4 Ottobre 2018

Luca Rossi e Antonio Privitera, Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

Il presente scritto si propone di fornire talune prime considerazioni relativamente alle specifiche disposizioni contenute nella disciplina CFC per gli “organismi di investimento collettivo del risparmio non residenti”, come modificata dallo Schema di Decreto Legislativo (nel seguito anche solo lo “schema di Decreto ATAD”)[1] che dovrà essere emanato al fine di recepire nell’ordinamento italiano la Direttiva n. 2016/1164 (nel seguito anche solo la “Direttiva ATAD”).

Pertanto, nel prosieguo viene dapprima analizzata l’impostazione seguita sul tema dall’Amministrazione finanziaria nell’ambito della normativa attuale, e successivamente viene evidenziato come la nuova norma potrebbe introdurre importanti oneri amministrativi nei confronti di soggetti residenti in Italia, che dovessero integrare le condizioni di accesso a tale normativa in relazione agli OICR non residenti in cui investono.

2. La disciplina CFC per gli OICR esteri in base alle disposizioni attualmente in vigore e all’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria

Sulla base della disciplina CFC attualmente in vigore, l’Amministrazione finanziaria – pur avendo sottolineando che la nozione di “ente” cui tale disciplina pone riferimento è da intendersi quale categoria residuale nella quale ricomprendere tutte quelle forme giuridiche estere che non possono essere qualificate come società o imprese – ha escluso dall’ambito applicativo della disciplina in esame gli OICR; e ciò in quanto tali organismi, in virtù delle loro caratteristiche operative (derivanti dalla legge che li disciplina e in base alla quale sono costituiti): (i) sono partecipati da una pluralità di investitori; (ii) seguono politiche d’investimento determinate da criteri e regolamenti sottoposti al controllo delle autorità di vigilanza; e (iii) sono gestiti da soggetti che svolgono professionalmente tale attività, in autonomia dagli investitori (cfr. Circolare n. 23/E del 2011, par. 1).

Tali condizioni devono ritenersi sussistenti, nel pensiero dell’Amministrazione finanziaria:

  • per gli organismi istituiti in Stati membri dell’Unione Europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo, sia con riferimento agli organismi armonizzati ai dettami della Direttiva UCITS[2] sia in relazione agli organismi non conformi a tale Direttiva ma assoggettati a forme di vigilanza[3]; e
  • per gli organismi istituiti in Paesi esteri diversi da quelli europei, unicamente nei confronti degli organismi istituiti in Stati o territori white list (di cui al D.M. 4 settembre 1996), che assicurano alla medesima Amministrazione finanziaria la possibilità di verificare la sussistenza delle predette condizioni tramite lo scambio di informazioni.

Diversamente, la disciplina CFC trova potenziale applicazione in relazione agli organismi istituiti in Paesi esteri con i quali non è attivabile uno scambio di informazioni che garantisce all’Amministrazione finanziaria la possibilità di verificare la sussistenza delle predette condizioni; ovviamente, solo per quegli organismi nei confronti dei quali sussiste una (non facilmente riscontrabile) situazione di controllo da parte di un soggetto residente ai sensi della definizione civilistica recata dall’art. 2359 del Codice Civile.

In tal caso, il reddito conseguito dall’organismo estero da imputare per trasparenza al soggetto controllante residente viene determinato applicando le ordinarie regole domestiche in tema di determinazione dei redditi di impresa (cfr. art. 167, comma 6, del T.U.I.R.) e il contribuente può ottenere la disapplicazione di tale disciplina mediante la presentazione di un’istanza di interpello dimostrando, non già la riconducibilità dell’organismo estero nel novero degli OICR, ma unicamente la sussistenza delle esimenti disciplinate dall’art. 167, comma 5, lett. a) e b), (svolgimento, in via principale, di un’effettiva attività industriale o commerciale nello Stato territorio di insediamento o mancata localizzazione di redditi in paesi a fiscalità privilegiata) e 8-ter, (insediamento all’estero non artificioso e non volto a conseguire indebiti vantaggi fiscali) del T.U.I.R, a seconda della localizzazione dell’organismo in uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata (art. 167, comma 4, del T.U.I.R.) o in uno Stato o territorio estero differente (art. 167, comma 8-bis, del T.U.I.R.).

Di conseguenza, tenuto conto che, come chiarito dall’Amministrazione finanziaria in diverse occasioni[4], sono ascrivibili nel novero degli OICR non residenti tutti quelli organismi esteri che, aventi o meno soggettività tributaria, in virtù della normativa vigente nel loro Stato di istituzione, sono assoggettati a forme di vigilanza (ovvero sono gestiti da un gestore vigilato) e presentano i requisiti sostanziali nonché le stesse finalità di investimento dei loro omologhi residenti – vale a dire sono dotati delle caratteristiche e degli elementi necessari per poter attuare forme di investimento collettivo del risparmio, rinvenibili nella nozione di OICR recata dall’art. 1, comma 1, lett. k), del T.U.F., che pone in evidenza la funzione economica del fondo (gestione collettiva del risparmio raccolto tra una pluralità di investitori) e l’autonomia delle scelte di gestione di spettanza del soggetto incaricato della gestione – sulla base delle disposizioni in vigore e dell’interpretazione loro data da parte dell’Agenzia delle Entrate, si può ritenere che la disciplina CFC trova oggi applicazione nei confronti degli:

  • organismi esteri (anche se localizzati in Paesi white list) che si qualificano solo nominalmente quali OICR ma che non presentano le sopra evidenziate caratteristiche proprie degli OICR italiani[5] e che, pertanto, rientrano nella nozione di “enti”, così come interpretata anche dall’Amministrazione finanziaria; e
  • OICR esteri istituiti in Stati o territori che non consentono all’Amministrazione finanziaria la possibilità di verificare la sussistenza delle predette caratteristiche per il tramite dello scambio di informazioni.

Con riferimento a quanto sopra, va ulteriormente sottolineato che:

  • il novero degli Stati o territori che non attuano forme di scambio di informazioni con l’Amministrazione finanziaria si è progressivamente ridotto nel corso degli ultimi anni, e conseguentemente il predetto D.M. 4 settembre 1996 è stato più volte modificato per tenere conto dei nuovi accordi stipulati dall’Italia; pertanto, il numero delle ipotesi di OICR non residenti nei confronti dei quali l’Amministrazione finanziaria non è in grado di verificare la sussistenza dei requisiti in precedenza descritti è decisamente diminuito; e
  • l’interpretazione regolamentare circa le caratteristiche proprie che gli OICR devono possedere per poter effettuare forme di gestione collettiva del risparmio (a cui l’interpretazione delle norme fiscali deve necessariamente uniformarsi), sempre nel corso degli ultimi anni, si è evoluta, soprattutto per quanto riguarda il concetto di “pluralità di investitori”; più in particolare, ed in estrema sintesi, come sancito in sede comunitaria dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA)[6] e dalla Banca d’Italia[7], un OICR può essere considerato come un organismo che raccoglie capitali da una pluralità di investitori, anche nell’ipotesi in cui abbia di fatto un unico investitore, a condizione che: (i) a tale organismo non sia vietata la raccolta di capitale da uno o più investitori in base a norme di legge o altre disposizioni vincolanti; ovvero, (ii) in presenza dei predetti espliciti divieti, tale unico investitore investe capitale che è stato raccolto da altri investitori con lo scopo di investirlo a loro beneficio, rappresentando un accordo o una struttura[8] che in totale abbia più di un investitore[9].

Pertanto, si deve ritenere che l’esclusione degli OICR dall’ambito applicativo della disciplina CFC operata in via interpretativa da parte dell’Agenzia delle Entrate, sulla base della attuale legislazione, sia conforme alla generale finalità antielusiva di tale disciplina, che mira ad ostacolare forme di ingiustificato differimento della tassazione di redditi che il soggetto controllante italiano è in grado di porre in essere in virtù del rapporto di controllo esercitato nei confronti del soggetto partecipato estero. Tale rapporto di controllo non può ovviamente sussistere in relazione a quelle forme di investimento collettivo del risparmio, caratterizzate da elementi quali l’autonomia, la professionalità e la terzietà del soggetto incaricato della gestione, in relazione alle quali il soggetto residente non ha possibilità di ingerenza alcuna, anche per quanto riguarda le politiche di distribuzione dei risultati conseguiti, non potendo consentire un impiego elusivo di tali forme di investimento[10]. Ciò ovviamente deve restare valido anche se l’investitore del fondo estero è uno solo, purché possa essere considerata verificata la “concettuale” pluralità di investitori da un punto di vista regolamentare.

3. Le nuove disposizioni in materia di CFC previste per gli OICR nello Schema di Decreto ATAD

3.1 Gli OICR non residenti oggetto della novella legislativa

A seguito della pubblicazione della Direttiva ATAD, in sede di recepimento di tale normativa comunitaria nell’ordinamento domestico, si potrebbe prima facie argomentare che l’impostazione precedentemente descritta – proprio in virtù del fatto che la disciplina CFC continua ad essere caratterizzata dalla generale finalità antielusiva sopra illustrata, come peraltro riconosciuto anche dall’Action 3 del BEPS redatto dall’OCSE, sulla base del quale la Direttiva ATAD è stata emanata[11] – possa essere confermata e, pertanto, concludere per l’esclusione degli OICR non residenti dall’ambito applicativo della disciplina CFC, limitandone l’applicazione unicamente a quegli organismi esteri che, pur palesandosi formalmente come OICR, non siano dotati dei predetti elementi necessari per poter attuare forme di gestione collettiva del risparmio; oppure ancora in relazione agli OICR istituiti in Stati o territori con i quali non è attuabile lo scambio di informazioni con il nostro Paese.

Tuttavia, lo Schema di Decreto ATAD[12] prevede espressamente una specifica disciplina applicabile nei confronti degli organismi di investimento collettivo del risparmionon residenti” (senza porre alcuna distinzione tra OICR mobiliari ed OICR immobiliari), che, come verrà più dettagliatamente illustrato nel prosieguo del presente scritto, limita l’imposizione per trasparenza in capo al soggetto controllante residente unicamente ai proventi conseguiti dall’OICR estero che, ove fossero percepiti da un OICR italiano, sconterebbero l’imposizione, anche nella forma di ritenuta alla fonte; prevedendo, al contempo, un meccanismo per evitare che il medesimo soggetto controllante residente subisca una doppia imposizione in fase di disinvestimento (consentendo a quest’ultimo di sommare le imposte corrisposte da tale soggetto al momento dell’imputazione dei redditi al costo fiscalmente riconosciuto delle quote o azioni dell’organismo estero) (cfr. art. 167, commi 8, secondo periodo, e 10, secondo e terzo periodo, del T.U.I.R. nel testo proposto dallo Schema di Decreto ATAD).

Tale nuova disciplina, ponendo riferimento espressamente agli “organismi di investimento collettivo del risparmio non residenti”, non sembra pertanto riguardare gli organismi esteri che si qualificano solo nominalmente quali OICR – e che sono riconducibili nella definizione di “ente” sopra descritta – confermando, di conseguenza, l’applicazione nei confronti di questi ultimi, dell’intera disciplina CFC e non della versione c.d. limitata prevista dalle nuove disposizioni.

Parimenti, è da ritenere che le nuove disposizioni non abbiano lo scopo di disciplinare l’applicazione della disciplina CFC in relazione agli OICR istituiti in Stati o territori con i quali non è in vigore un accordo in materia di scambio di informazioni, posto che l’indisponibilità di tale istituto, molto probabilmente indurrà l’Agenzia delle Entrate a confermare la precedente impostazione; concludendo, anche in tal caso, per applicare a tali soggetti l’intera disciplina CFC, non potendo verificare l’assimilabilità delle loro caratteristiche operative a quelle degli omologhi organismi italiani.

Conseguentemente, la novella legislativa dovrebbe riguardare proprio gli OICR, ossia gli organismi esteri che, come visto, sono dotati delle caratteristiche necessarie per poter effettuare la gestione collettiva del risparmio, che secondo l’impostazione seguita in precedenza dall’Amministrazione finanziaria e in coerenza con la ratio della disciplina CFC, dovrebbero restare esclusi dall’ambito applicativo di tale disciplina.

Tuttavia, come vedremo, poiché un OICR residente è sostanzialmente esente da imposizione in relazione ai redditi che consegue, fatta eccezione per talune ipotesi poco significative, le nuove disposizioni dovrebbero, di conseguenza, avere una portata applicativa estremamente limitata, inversamente proporzionale, invece, alla platea di soggetti residenti che potrebbero essere interessati dalla novella legislativa, anche in considerazione del fatto che, sempre ai fini del recepimento della Direttiva ATAD, il comma 2 dell’art. 167 del T.U.I.R. nel testo proposto dallo Schema di Decreto ATAD, oltre a confermare la nozione di controllo di tipo civilistico ai sensi dell’art. 2359 del Codice Civile, si propone di introdurre, come richiesto dall’art. 7 di tale Direttiva, una definizione alternativa di controllo, legata al possesso di una partecipazione agli utili del soggetto estero superiore al 50%, rendendo tale requisito più agevolmente verificabile in relazione agli organismi in esame.

È infatti del tutto usuale che soggetti residenti in Italia detengano quote di partecipazione al patrimonio e, quindi agli utili, superiori al 50% in OICR esteri; basti pensare, a mero titolo di esempio, al caso delle strutture master-feeder che vedono un OICR italiano agire in qualità di OICR feeder. Ebbene, ove le disposizioni in parola fossero confermate, tali soggetti potrebbero potenzialmente applicare la disciplina CFC con riferimento ai predetti investimenti in OICR non residenti, incontrando così un eccessivo aggravio in termini di compliance, all’unico fine poi di sottoporre a tassazione in Italia limitate tipologie di proventi e di ammontare tendenzialmente piuttosto contenuto.

3.2 L’applicazione della novella legislativa e le sue criticità

Come anticipato in precedenza, la novella legislativa prevede che l’imputazione per trasparenza in capo al soggetto controllante italiano non riguardi la totalità dei redditi conseguiti dall’OICR non residente, ma sia limitata esclusivamente ai redditi che sarebbero assoggettati ad imposizione in capo ad un OICR istituito in Italia, anche sotto forma di ritenuta alla fonte[13]. Pertanto, al fine di individuare le tipologie di provento potenzialmente oggetto di applicazione delle nuove disposizioni, occorre individuare quelle che scontano una imposizione in capo agli OICR residenti.

A tale riguardo, si ricorda che i redditi degli OICR residenti sono sostanzialmente esenti da imposizione (cfr. art. 73, comma 5-quinquies, del T.U.I.R., quanto agli OICR mobiliari, e art. 6 del D.L. n. 351/2001 quanto agli OICR immobiliari), fatta eccezione per l’applicazione di talune ritenute alla fonte applicabili – in ragione del 26% – su particolari tipologie di proventi, in relazione alle quali non è stata prevista la loro disapplicazione[14].

In particolare, le tipologie di provento che scontano l’imposizione in capo ad un OICR residente, prendendo le mosse da quelle di fonte italiana sono:

  • gli interessi ed altri proventi delle obbligazioni, dei titoli similari alle obbligazioni e delle cambiali finanziarie per i quali non si applica il regime previsto dal D.Lgs. n. 239/1996; vale a dire, titoli obbligazionari: (i) emessi da società ed enti residenti in Italia diversi dai cosiddetti “grandi emittenti”; (ii) non negoziati nei medesimi mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione di Stati membri dell’Unione Europea o aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo; e (iii) non offerti in sottoscrizione solo ad investitori qualificati ai sensi dell’art. 100 del T.U.F. (cfr. art. 26, comma 1 del D.P.R. n. 600/1973[15]);
  • i proventi delle accettazioni bancarie (cfr. art. 1 del D.L. n. 546/1981); e
  • i proventi dei titoli atipici emessi da soggetti residenti (cfr. art. 5 del D.L. n. 512/1983).

Le sopra elencate forme di imposizione definitiva applicabili in capo agli OICR italiani si applicano anche nell’ipotesi in cui le medesime tipologie di provento di fonte italiana siano conseguite da OICR esteri[16], e, pertanto, si deve ritenere che queste ultime siano in ogni caso da escludere dal novero di quelle da imputare in capo al soggetto controllante italiano di un OICR non residente per effetto della (nuova) disciplina CFC recate dal testo proposto dallo Schema di Decreto ATAD.

Con riferimento, invece, alle tipologie di proventi di fonte estera[17] che scontano l’imposizione in capo ad un OICR residente, si evidenzia che tale organismo subisce la ritenuta alla fonte unicamente in riferimento a proventi dei titoli atipici emessi da soggetti non residenti, che siano collocati in Italia (cfr. art. 8 del D.L. n. 512/1983)[18].

Diversamente, i proventi in esame, ove percepiti da un OICR non residente, non sono ovviamente soggetti ad alcuna ritenuta in Italia in capo a quest’ultimo per carenza del requisito di territorialità dell’imposta e, di conseguenza, la nuova disciplina CFC potrebbe trovare effettiva applicazione, e il soggetto controllante residente dovrebbe tassare per trasparenza tali proventi in virtù della novella legislativa.

Dalla ricostruzione normativa sopra riportata si evince, pertanto, che l’unica ipotesi concreta in cui la nuova disciplina CFC potrebbe applicarsi nei confronti di un soggetto controllante italiano di un OICR non residente riguarda il caso dei proventi dei titoli atipici esteri collocati in Italia, ossia redditi derivanti dalla detenzione di titoli che, nella normalità dei casi, non rappresentano l’oggetto tipico degli investimenti realizzati dagli OICR in genere, e i cui proventi, conseguentemente, non possono che essere, tipicamente, di importo quantitativamente limitato.

Tuttavia, come anticipato anche in precedenza, alla potenziale esiguità quantitativa e qualitativa dei proventi che la nuova disciplina CFC si propone di tassare in relazione agli OICR non residenti, fa da contraltare la non irrilevante platea di soggetti residenti che potrebbero essere, invece, interessati dalle nuove disposizioni (esempio tipico le strutture di OICR master-feeder che vedano un OICR italiano agire in qualità di OICR feeder), in capo ai quali verrebbero poste in essere nuove forme di compliance che rappresenterebbero, conseguentemente, un aggravio eccessivo, essendo questi ultimi tenuti a monitorare la totalità delle operazioni finanziarie effettuate (tra l’altro da un soggetto gestore professionale terzo) lungo tutta la durata del periodo di gestione dell’OICR estero, all’unico scopo di individuare se questi ultimi abbiano o meno conseguito proventi derivanti dal possesso di titoli atipici esteri collocati in Italia.

È inoltre da rilevare che con riferimento agli OICR non residenti di tipo immobiliare, le disposizioni attualmente in vigore (cfr. art. 13, commi 5-7, del D.Lgs. n. 44/2014) già prevedono la tassazione per trasparenza della totalità dei redditi conseguiti da tali organismi in capo agli investitori, diversi dai c.d. “istituzionali” di cui all’art. 32, comma 3, del D.L. n. 78/2010 (tra cui, ad esempio, gli OICR e gli intermediari bancari e finanziari)[19], che possiedono quote di partecipazione superiori al 5% del patrimonio, in relazione alle quote di partecipazione detenute. Pertanto, è da ritenere che la novella legislativa non possa trovare applicazione nei confronti di tali ultimi soggetti, mentre le nuove disposizioni potrebbero ritenersi applicabili nei confronti proprio degli “investitori istituzionali”, ponendo in capo a questi ultimi le predette nuove eccessive forme di compliance.

Da ultimo, vale la pena evidenziare che non risulta chiaro come possa operare nei confronti degli OICR non residenti la circostanza scriminante prevista dal comma 5, primo periodo, dell’art. 167 del T.U.I.R., nel testo proposto dallo Schema di Decreto ATAD, in base alla quale la normativa CFC non si applica nell’ipotesi in cui il soggetto controllante italiano sia in grado di dimostrare che il soggetto controllato non residente svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. Ciò in quanto, gli OICR, come sottolineato sia in sede comunitaria dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA)[20], sia dalla Banca d’Italia[21], sono organismi che non possono essere utilizzati per perseguire uno scopo di tipo imprenditoriale, sia esso commerciale o industriale (ovvero una combinazione di entrambi), avendo, invece, la finalità, attraverso la gestione del loro patrimonio e dei relativi rischi, di generare un rendimento per gli investitori derivante dall’acquisto, dalla detenzione o dalla vendita delle attività in cui è investito il patrimonio stesso e dalle operazioni volte a ottimizzare o incrementare il valore di tali attività.

A tale ultimo riguardo, quanto meno nei confronti degli OICR c.d. eterogestiti (tipicamente quelli di tipo contrattuale), per i quali è necessaria la presenza di un soggetto gestore esterno, una possibile soluzione potrebbe essere quella di effettuare la verifica in merito alla sussistenza di tale circostanza scriminante in capo al soggetto incaricato della gestione. Tuttavia, in tale caso, la scriminante in parola potrebbe risultare sempre verificata, avuto presente che quest’ultimo soggetto è tipicamente un’entità che svolge la propria attività in via professionale, solitamente mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali[22] e tale scriminate, quanto meno relativamente a tali organismi esteri, potrebbe essere, pertanto, inutiliter data.

Per tutto quanto sopra rappresentato, saremmo dunque dell’avviso che l’impostazione seguita dall’Amministrazione finanziaria in epoca antecedente all’emanazione della Direttiva ATAD, purché letta anche nell’ottica della evoluzione regolamentare di riferimento soprattutto in riferimento al concetto di pluralità di investitori, possa essere tuttora confermata e che, pertanto, gli OICR non residenti possano continuare ad essere esclusi dall’applicazione della disciplina CFC alle condizioni descritte in precedenza. Conseguentemente, siamo anche dell’avviso che le disposizioni in tema di OICR recate dall’art. 167 del T.U.I.R. nel testo proposto dallo Schema di Decreto ATAD possano essere espunte in sede di approvazione definitiva, avuto presente che tali nuove disposizioni introdurrebbero forse eccessivi oneri amministrativi nei confronti dei contribuenti residenti, al solo fine di ricondurre a tassazione in Italia proventi tendenzialmente di modesto importo.

La ricostruzione fino a qui proposta dovrebbe essere altresì coerente con quanto previsto dall’art. 7, paragrafo 3, comma 2, della medesima Direttiva ATAD, che concede agli Stati membri, in sede di recepimento nei propri ordinamenti domestici, di escludere dalla disciplina CFC le imprese finanziarie estere (tra cui sono da ricomprendere anche gli OICR, cfr. art. 2, paragrafo 1, numero 5, lett. f) e g), della Direttiva ATAD), ove ricorrano determinate condizioni.

 


[1] Cfr., XVIII legislatura, Atto del governo sottoposto a parere n. 42.

[2] Vale a dire la Direttiva 85/611/CEE successivamente sostituita dalla Direttiva 2009/65/CE.

[3] Tali organismi, a seguito dell’emanazione della Direttiva 2011/61/UE (c.d. Direttiva AIFM) e delle disposizioni nazionali di recepimento dovrebbero essere riconducibili nella nozione di fondi di investimento alternativo (FIA), di cui all’art. 4, par, 1, lett. a), della medesima Direttiva AIFM, in base alla quale i FIA sono gli organismi di investimento collettivo, compresi i relativi comparti, che (i) raccolgono capitali da una pluralità di investitori al fine di investirli in conformità di una politica di investimento definita a beneficio di tali investitori; e (ii) non necessitano di un’autorizzazione ai sensi della Direttiva UCITS.

[4] Cfr. la Circolare n. 11/E del 2011, il Provvedimento del 16 dicembre 2011, la Circolare n. 2/E del 2012, par. 1 e 2, e la Risoluzione n. 54/E del 2013.

[5] A tale riguardo, si ricorda che, sia pur con riferimento agli OICR italiani, l’Amministrazione finanziaria ha più volte sottolineato che nei confronti degli organismi che si discostano dal modello di OICR tipizzato dal Legislatore e che, pertanto, non attuano forme di gestione collettiva del risparmio, non possa trovare applicazione il regime fiscale di esenzione proprio degli OICR ma devono trovare applicazione le ordinarie disposizioni in materia di IRES. Cfr. la Circolare n. 33/E del 2011, la già citata Circolare n. 2/E del 2012, par. 1 e 2, la Circolare n. 11/E del 2012, par. 8.1 e la Circolare n. 19/E del 2013.

[6] Cfr. il documento ESMA/2013/611 del 13 agosto 2013.

[7] Cfr. il Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio emesso con Provvedimento del 19 gennaio 2015 e modificato dal Provvedimento del 23 dicembre 2016.

[8] Esempi di tali accordi o strutture includono, come specificato dall’ESMA (e sostanzialmente confermato dalla Banca d’Italia), le strutture master/feeder, strutture di fondi di fondi e organizzazioni dove l’unico investitore è una persona designata in qualità di agente per uno o più investitori e che riunisce i loro interessi per scopi amministrativi.

[9] A conferma di quanto sopra, vale la pena di sottolineare che, in epoca antecedente all’emanazione del D.Lgs. 4/2014, con il quale è stata recepita in Italia, la Direttiva AIFM, la nozione civilistica e regolamentare di riferimento era quella di “fondo comune di investimento” contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. j), del T.U.F. che, tra l’altro, prevedeva che il patrimonio dell’organismo fosse “suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti”. Tale ultima specificazione non è stata mantenuta nell’attuale nozione civilistica e regolamentare di OICR contenuta nel predetto art. 1, comma 1, lett. k), del T.U.F., che, come si evince dalla Relazione illustrativa al predetto D.Lgs. n. 44/2014, deve trovare applicazione in relazione a tutti gli OICR presenti nella normativa comunitaria (OICVM e FIA). Pertanto, l’eliminazione di tale condizione dalla nozione civilistica e regolamentare di riferimento dovrebbe ascriversi unicamente alla volontà del Legislatore di recepire nella normativa domestica gli orientamenti emersi in sede ESMA.

[10] Cfr., in tal senso, P. Puri – A. Zoppini, Profili tributari delle partnership europee organizzate come fondi di fondi, in Rassegna Tributaria, 4/2015, pagg. 960-961.

[11] Cfr. Designing Effective Controlled Foreign Company Rules, Action 3 2015 Final Report, ove è possible leggere che “Controlled foreign company (CFC) rules respond to the risk that taxpayers with a controlling interest in a foreign subsidiary can strip the base of their country of residence and, in some cases, other countries by shifting income into a CFC. Without such rules, CFCs provide opportunities for profit shifting and long-term deferral of taxation”.

[12] A tal riguardo, in estrema sintesi, si ricorda che l’art. 167 del T.U.I.R., nel testo proposto dallo Schema di Decreto ATAD, prevede che la disciplina CFC trovi applicazione nei confronti di soggetti esteri per i quali il requisito del controllo possa essere verificato non solo in virtù del controllo civilistico di cui all’art. 2359 del Codice Civile, ma anche ove sussista il diritto a partecipare agli utili di tale soggetto in misura superiore al 50%. Affinché un soggetto estero possa rientrare nell’ambito applicativo di tale disciplina è necessario che: (i) quest’ultimo sia assoggettato ad una tassazione effettiva estera inferiore alla metà di quella che avrebbe scontato ove fosse residente in Italia; e (ii) oltre un terzo dei proventi conseguiti dal medesimo soggetto estero siano rappresentati da passive income, principalmente di natura finanziaria. È, in ogni caso, prevista la disapplicazione della disciplina in parola, ove il soggetto controllante italiano sia in grado di dimostrare l’esercizio da parte del soggetto estero di un’attività economica effettiva, in linea con i principi comunitari in materia di libertà di stabilimento.

[13] Inoltre, come evidenziato anche in precedenza, è altresì previsto un meccanismo per evitare che il soggetto residente subisca una doppia imposizione in fase di disinvestimento, consentendo a quest’ultimo di sommare le imposte corrisposte al momento dell’imputazione dei redditi al costo fiscalmente riconosciuto delle quote o azioni dell’organismo estero.

[14] Cfr., per quanto concerne gli OICR mobiliari, la Risoluzione n. 43/E del 2013 e, nonostante non tenga conto di alcune più recenti modifiche normative, la Circolare n. 61/E del 2008, par. 2.3, per quanto riguarda gli OICR immobiliari.

[15] Per completezza, si ricorda che, ai sensi dell’art. 32, comma 9-bis, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, la ritenuta di cui al menzionato art. 26, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973 non si applica in relazione agli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari e delle cambiali finanziarie corrisposti a OICR istituiti in Italia o in un altro Stato membro dell’Unione Europea, partecipati esclusivamente da investitori qualificati di cui all’art. 100 del T.U.F. e il cui patrimonio sia investito in misura superiore al 50% nei titoli menzionati nel testo.

[16] Ciò in quanto le loro disposizioni istitutive, oltre a prevederne l’applicazione a titolo d’acconto nei confronti dei soggetti residenti che tipicamente agiscono nell’esercizio di impresa, dispongono che tali ritenute siano applicate a titolo d’imposta nei confronti dei soggetti esenti dall’IRES ed in ogni altro caso.

[17] Per completezza, si ricorda che gli OICR residenti non scontano alcuna imposizione sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e dei titoli similari di fonte estera, rientrando queste ultime nell’ambito applicativo dell’imposta sostituiva prevista dal D.Lgs. n. 239/1996 (cfr. art. 2, comma 1-bis, e Circolare n. 213/E del 2000), che non trova applicazione nei confronti degli OICR istituiti in Italia, essendo tali organismi soggetti c.d. “lordisti” (cfr. la già citata Risoluzione n. 43/E del 2013).

[18] In proposito, si precisa che gli OICR residenti in Italia non scontano alcuna imposizione sui proventi dei titoli atipici emessi da soggetti non residenti e non collocati in Italia. Pertanto, tali proventi, rientrando tra quelli che beneficiano del predetto regime di esenzione, non rientrano tra quelli da imputare in capo al soggetto controllante residente di un OICR estero.

[19] A tale riguardo, si ricorda che nei confronti degli “investitori istituzionali” di OICR immobiliari si rende applicabile, a prescindere dalla percentuale di partecipazione detenuta e dalla destinazione dell’investimento, l’ordinario regime fiscale relativo ai redditi di capitale disciplinato dall’articolo 7 del D.L. n. 351/2001 nonché relativo ai redditi diversi di natura finanziaria di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter) e comma 1-quater del T.U.I.R. (cfr. Circolare n. 2/E del 2012, par. 3.1).

[20] Cfr. il già citato documento ESMA/2013/611 del 13 agosto 2013.

[21] Cfr. il già citato Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio emesso con Provvedimento del 19 gennaio 2015 e modificato dal Provvedimento del 23 dicembre 2016.

[22] Tra l’altro, ove si ritenesse che la circostanza esimente in esame vada verificata in capo al soggetto incaricato della gestione, sarebbe, tuttavia, necessario chiarire anche la rilevanza del luogo in cui l’attività di gestione è concretamente esercitata, avuto presente che il soggetto gestore potrebbe non essere stabilito nello stesso Stato di istituzione dell’OICR, nell’ipotesi in cui decidesse di avvalersi delle disposizioni sul c.d. passaporto del gestore contenute nella Direttiva 2009/65/CE (c.d. Direttiva UCITS) e nella Direttiva 2011/61/UE (c.d. Direttiva AIFM), come altresì riconosciuto dall’Amministrazione finanziaria nella Circolare n. 21/E del 2014 (par. 2 e 3).

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