La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 24 ottobre 2024 (causa C-240/22), in materia di abuso di posizione dominante, si inserisce in un vasto contenzioso avviato da una nota multinazionale attiva nel settore dei microprocessori per contestare una ammenda inflitta dalla Commissione Europea nel maggio 2009.
L’istituzione europea aveva qualificato come abusi di posizione dominante ex art. 102 TFUE la concessione di sconti a cinque grandi produttori di apparecchiature informatiche e l’effettuazione di pagamenti a un distributore europeo, subordinati alla distribuzione di computer con microprocessori prodotti dalla nota multinazionale.
Tali condotte avrebbero pregiudicato la posizione dell’unica società concorrente attiva all’interno del mercato europeo nel settore dei microprocessori.
Si ricorda che l’abuso di posizione dominante (vietato, in Italia, dall’art. 3 della L. 287/90) si concretizza quando l’impresa sfrutta il proprio potere di mercato (dominante sui concorrenti) in danno dei consumatori, ovvero impedisce ai concorrenti di operare sul mercato, causando, conseguentemente, un danno ai consumatori.
La multinazionale, nel 2014, aveva presentato ricorso al Tribunale dell’Unione Europea che, però, l’aveva integralmente respinto osservando che – per dimostrare l’abuso – non fosse necessario esaminare le circostanze del caso concreto e impiegare il test del concorrente altrettanto efficiente.
La decisione, tuttavia, era stata successivamente annullata dalla Corte di Giustizia e, dunque, il Tribunale, investito del giudizio di rinvio, aveva annullato la decisione della Commissione europea e caducato l’ammenda inflitta alla multinazionale.
La Commissione ha impugnato tale decisione nel maggio 2022 e la Corte di Giustizia, con la decisione in esame, ha respinto tale impugnazione osservando che la sentenza del Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nel ritenere che il test del concorrente altrettanto efficiente effettuato dalla Commissione Europea fosse affetto da plurimi vizi.
In particolare, dal punto di vista sostanziale, la decisione impugnata non avrebbe interpretato e applicato erroneamente i criteri che mostravano l’idoneità degli sconti a falsare la concorrenza.
La Corte di Giustizia, infine, ha precisato che il Tribunale non avrebbe potuto fondare la propria decisione su un diverso ragionamento privo degli errori commessi dalla Commissione Europea poiché tale argomentazione alternativa non era offerta dalla decisione sanzionatoria in esame.