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Approfondimenti

L’arbitrato e gli altri ADR nel diritto bancario e finanziario. Questioni processuali

29 Settembre 2021

Vittorio Pisapia, Partner, Fivelex Studio Legale e Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

Sommario: I. Premessa. II. L’arbitrato ad hoc o amministrato. III. L’Arbitro Bancario Finanziario istituito presso la Banca d’Italia (“ABF”). IV. L’Arbitro per le Controversie Finanziarie istituito presso la Consob (“ACF”). V. Questioni processuali comuni all’ABF e all’ACF.

 

I. Premessa.

ln ambito bancario e finanziario il tema dei sistemi di risoluzione alternativa delle controversie (Alternative Dispute Resolution – ADR) vede coinvolti istituti anche molto diversi tra loro.

In queste note – fatti brevi cenni sull’arbitrato – ci concentreremo sui seguenti:

a) Arbitro Bancario Finanziario istituito presso la Banca d’Italia (“ABF”);

b) l’Arbitro per le Controversie Finanziarie istituito presso la Consob (“ACF”).

Tali istituti, a dispetto del nome, non hanno a che vedere con l’arbitrato e, in particolare, non sono suscettibili di concludersi con una decisione assimilabile a un lodo.

Peraltro, sia l’ABF che l’ACF si differenziano da altri sistemi ADR essenzialmente per questo: entrambe le procedure possono pervenire a una decisione di merito che, pur non avendo la natura e gli effetti di un lodo arbitrale (e tantomeno di una sentenza), ha comunque carattere vincolante, nei termini che tra breve vedremo.

II. – L’arbitrato ad hoc o amministrato.

L’instaurazione di un procedimento arbitrale (che sia ad hoc o amministrato da un’istituzione arbitrale) presuppone che le parti abbiano stipulato una convenzione arbitrale, anche nella forma di clausola compromissoria inserita in un contratto avente per oggetto un determinato rapporto bancario e/o finanziario, destinata a regolare future ed eventuali liti derivanti da e/o inerenti a quel contratto.

Quella della clausola compromissoria è, peraltro, l’ipotesi più frequente; infatti è rarissimo che venga stipulata una convenzione arbitrale avente per oggetto una lite già insorta.

Nella prassi, l’inserimento di clausole arbitrali è più usuale in contratti stipulati dalle banche con imprese, altre banche e/o istituzioni finanziarie; in ambito finanziario, ad esempio in materia di contratti derivati.

Non è questa la sede per riepilogare quali siano i vantaggi dell’inserimento di una clausola arbitrale in un contratto ovvero che cosa scrivere (o non scrivere) in una clausola arbitrale.

Qui va peraltro ricordato che, qualora si decida di inserire una clausola arbitrale in un contratto, bisognerà valutare, tra l’altro, se stabilire che il lodo possa o no essere impugnato anche per violazione delle regole di diritto riguardanti il merito della controversia ai sensi dell’art. 829, comma 3, c.p.c.

Infatti tale norma prevede che l’impugnazione per violazione delle regole di diritto riguardanti il merito è ammessa (soltanto) se espressamente disposta dalle parti (ovvero dalla legge); in mancanza, il lodo sarà impugnabile esclusivamente per gli altri motivi di cui all’art. 829 c.p.c., ossia per la violazione di regole procedurali; cosa che comporta una maggiore stabilità del lodo ovvero una maggiore difficoltà ad impugnarlo.

III. L’Arbitro Bancario Finanziario istituito presso la Banca d’Italia (“ABF”).

L’ABF è un sistema di risoluzione alternativa delle controversie che possono sorgere tra i clienti e le banche e gli altri intermediari in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, istituito nel 2009, in attuazione dell’articolo 128-bis del Testo unico bancario (“TUB”), introdotto dalla legge sul risparmio (legge n. 262/2005).

I principi e le regole di funzionamento, come risultano anche dalle nuove Disposizioni di Banca d’Italia del 12 agosto 2020 (in vigore dal 1° ottobre 2020) (le “Disposizioni”) sono, in sintesi, i seguenti[1]:

A) la legittimazione spetta al “cliente”, ossia al soggetto che ha, o ha avuto, un rapporto contrattuale con un intermediario per la prestazione di servizi bancari o finanziari, ivi compresi i servizi di pagamento (cfr. Disposizioni, sez. VI, art. 1).

B) Il cliente può ricorrere all’ABF soltanto dopo aver cercato di risolvere la controversia inviando un reclamo scritto all’intermediario. Se la decisione dell’ABF è ritenuta non soddisfacente, il cliente, l’intermediario o entrambi possono rivolgersi al giudice (cfr. Disposizioni, sez. VI, art. 1 e art. 3)[2].

C) L’ambito di applicazione oggettivo è dato dalle controversie relative a operazioni e servizi bancari o finanziari, con esclusione di quelle attinenti ai servizi e alle attività di investimento e alle altre fattispecie non assoggettate al titolo VI del TUB(cfr. Disposizioni, sez. I, art. 4).

D) La competenza per valore è stata innalzata, nell’agosto del 2020, da euro 100.000 a euro 200.000 (cfr. Disposizioni, sez. I, art. 4).

E) L’ABF è competente anche per le controversie aventi per oggetto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà indipendentemente dal valore del rapporto a cui si riferiscono (cfr. Disposizioni, sez. I, art. 4).

Ciò significa che possono essere oggetto di ricorso ABF anche controversie di rilevante valore, superiore a euro 200.000, se e nei limiti in cui il cliente formuli una domanda di accertamento, ad esempio una domanda di nullità di un contratto.

Peraltro, perché una domanda di accertamento sia ammissibile, è necessario che sussista il relativo interesse ad agire, ossia il bisogno di tutela ex art. 100 c.p.c., principio che opera anche nel procedimento davanti all’ABF (cfr. decisione n. 20014/2020). Ad esempio, sarebbe inammissibile una domanda di accertamento della nullità di un contratto, qualora ogni possibile azione restitutoria (o risarcitoria) fosse ormai prescritta.

F) Sono escluse dalla competenza dell’ABF le controversie aventi per oggetto richieste di risarcimento di danni che non siano conseguenza immediata e diretta della violazione di obblighi dell’intermediario(cfr. Disposizioni, sez. I, art. 4).

G) La giurisprudenza dell’Arbitro è orientata nel senso di ritenere “inibita all’ABF la possibilità di adottare una pronuncia di natura costitutiva”, quale la risoluzione o l’annullamento di un contratto (cfr. decisione n. 3076/2021); peraltro, lo stesso ABF ha affermato che “è invece ad esso consentito, accertati i presupposti dell’eventuale risoluzione di un contratto, di disporre le conseguenze obbligatorie che ne possano derivare”(cfr. decisione n. 3076/2021).

H) La mancata partecipazione dell’intermediario non è qualificata dalla giurisprudenza dell’ABF come “contumacia”.

Tuttavia la giurisprudenza dell’ABF è orientata nel senso che:

a) in virtù del particolare valore attribuito al dovere di cooperazione da parte dell’intermediario nel sistema Abf, è che dalla sua mancata costituzione, ed anche dal suo atteggiamento non collaborativo o ancor peggio ostruzionistico nella fase del reclamo, il Collegio possa trarre ‘argomenti’ di prova favorevoli alla tesi del ricorrente, in applicazione dell’art.116, comma 2, c.p.c. e in necessario collegamento con le risultanze istruttorie già acquisite, mentre nel processo civile la contumacia non rileva di per sé a fini probatori e neppure ai sensi dell’art.116 c.p.c. (v. Cass.,13.6.2013, n. 14860)”;

b) il che (…) non significa che in virtù della contumacia dell’intermediario sia possibile dare per ammesso o dimostrato il fatto costitutivo della domanda, di cui non sia stata fornita la conferma documentale […]” (Collegio di Coordinamento, decisione 7716/17)” (cfr. decisione, n. 21408/2020).

I) Il ricorso è deciso esclusivamente sulla base della documentazione prodotta dalle parti(ricorrente e intermediario), e non è necessaria l’assistenza di un avvocato. Il carattere documentale del procedimento esclude, quindi, l’ammissibilità delle c.d. prove costituende (prove testimoniali, interpello, ecc.) ovvero di una consulenza tecnica d’ufficio, mentre consente di di fondare la decisione anche su prove presuntive ai sensi dell’art. 2729 c.c.

L) Le decisioni dell’ABF non sono vincolanti come quelle del giudice (o di un arbitro).

Tuttavia, se l’intermediario non le rispetta, la notizia del loro inadempimento è resa pubblica sul sito internet dell’ABF per un periodo di 5 anni e, in evidenza, sulla pagina iniziale del sito internet dell’intermediario per la durata di 6 mesi. Le Disposizioni del 20 agosto 2020 prevedono che la cancellazione dal sito internet dell’ABF è disposta automaticamente decorso il termine quinquennale (cfr. Disposizioni, sez. VI, art. 4).

IV. L’Arbitro per le Controversie Finanziarie istituito presso la Consob (“ACF”).               

1. I principi e le regole procedimentali essenziali dell’ACF sono definiti nella delibera n. 19602 adottata dalla Consob in data 4 maggio 2016, recante il regolamento dell’Arbitro (il “Regolamento”).

Il Regolamento è stato da ultimo integrato con delibera n. 21867 del 26 maggio 2021. Le relative disposizioni entreranno in vigore il 1° ottobre 2021.

Le principali innovazioni della delibera del 26 maggio 2021 riguardano, tra l’altro:

a) lo svolgimento del procedimento attraverso il sito web dell’ACF; al riguardo l’ACF ha da ultimo pubblicato le “Istruzioni operative per i ricorsi all’ACF”;

b) l’introduzione di un limite temporale alla cognizione dell’Arbitro (art. 3-bis: “L’Arbitro conosce esclusivamente di controversie relative a operazioni o a comportamenti posti in essere entro il decimo anno precedente alla data di proposizione del ricorso”);

c) la conoscibilità, in via incidentale, da parte dell’Arbitro, delle “domande di annullamento, risoluzione e rescissione del contratto, nonché ogni altra azione di impugnativa negoziale” “ove necessario ai fini di decidere sulle  richieste di natura restitutoria” (cfr. Regolamento, art. 4, comma 1-bis);

d) l’introduzione di nuovi requisiti per la ricevibilità del ricorso (cfr. Regolamento, art. 10, lett. a) e lett. b-bis);

e) la previsione per cui le parti devono: (i)evitare la produzione di documentazione sovrabbondante, disordinata o inconferente (cfr. Regolamento, art. 11, comma 1-ter) e (ii)depositare anche un traduzione integrale in italiano dei documenti qualora questi non siano in italiano (cfr. Regolamento, art. 11, comma 1-quater);

f) le conseguenze della mancata ottemperanza da parte dell’intermediario (cfr. Regolamento, art. 16, comma 3).

2. – I principi e le regole fondamentali del procedimento davanti all’ACF sono i seguenti[3]:

A) la legittimazione spetta solo agli investitori – per tali intendendosi quelli retail, con esclusione, quindi, degli investitori professionali – e non anche all’intermediario (cfr. Regolamento, art. 10).

B) Le condizioni generali di ricevibilità del ricorsosono le seguenti. Il ricorso può essere proposto quando, sui medesimi fatti oggetto dello stesso: a) non sono pendenti, anche su iniziativa dell’intermediario a cui l’investitore ha aderito, altre procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie ovvero procedimenti arbitrali o giurisdizionali e non risulti la dichiarazione di improcedibilità o l’adozione del provvedimento previsto dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 2833; b) è stato preventivamente presentato reclamo all’intermediario al quale è stata fornita espressa risposta, ovvero sono decorsi più di sessanta giorni dalla sua presentazione, senza che l’intermediario abbia comunicato all’investitore le proprie determinazioni; b-bis) l’Arbitro non si è già pronunciato con decisione di merito; b-ter) non vi sia una decisione di merito, anche non passata in giudicato, assunta all’esito di un procedimento giurisdizionale o una decisione di merito assunta all’esito di un procedimento arbitrale (cfr. Regolamento, art. 10).

C) L’Arbitro è competente per le vertenze tra investitori e intermediari in materia di contratti di investimento, ivi incluse le controversie transfrontaliere e quelle oggetto del Regolamento UE n. 524/2013 relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori. Inoltre, per effetto delle disposizioni di cui alla delibera del 26 maggio 2021, a far data dal 1° ottobre 2021, l’Arbitro è competente anche per le controversie relative alla violazione degli obblighi previsti dagli articoli 13 e 14 del Regolamento (UE) n. 1286/2014 e dalle relative disposizioni attuative. Non rientrano, invece, nella competenza dell’ACF le contestazioni che, pur occasionate e/o relative a contratti rientranti nella competenza dell’Arbitro, si sostanzino in censure circa l’operato dell’intermediario in ordine all’applicazione della normativa tributaria, ad esempio, in tema di capital gain. La vertenza deve peraltro riguardare titoli negoziabili sul mercato dei capitali. In proposito l’ACF ha ritenuto che non rientrino nella propria competenza le controversie aventi per oggetto buoni postali fruttiferi, in quanto – appunto – titoli “privi di un requisito necessario ai sensi del TUF”, ossia “la negoziabilità sui mercati dei capitali” (cfr. decisione n. 27/2017) (cfr. Regolamento, art. 4).

D) Sono altresì escluse dalla competenza dell’Arbitro le controversie aventi per oggetto richieste di risarcimento di danni che non siano conseguenza immediata e diretta della violazione di obblighi dell’intermediario: cfr. Regolamento, art. 4, commi 1 e 3. Al riguardo, in virtù del disposto dell’art. 4, comma 3, del Regolamento, l’ACF ha affermato il principio per cui il “danno non patrimoniale” non è “deducibile” avanti all’Arbitro (cfr. decisioni nn. 37 e 45 del 2017 e 3481 del 2021. Cfr. ora anche le intregrazioni della citata delibera n. 21867 del 26 maggio 2021).

E) Per le controversie che implicano la richiesta di somme di denaro, la competenza dell’Arbitro è limitata a quelle di importo fino a euro 500.000(cfr. Regolamento, art. 4, comma 2). Alla luce della formulazione della disposizione, rientrano quindi nella competenza dell’Arbitro le controversie aventi per oggetto domande di mero accertamento ovvero di condanna a prestazioni diverse dal pagamento di somme di denaro, che siano di valore superiore a euro 500.000 (dunque, pure qui, come in ambito ABF, vi possono rientrare anche vertenze di valore rilevante; si pensi, per esempio, a vertenze aventi per oggetto l’accertamento di una presunta nullità del contratto quadro o di singoli ordini o a quelle nelle quali si chieda la condanna dell’intermediario alla consegna di documenti). Al riguardo l’ACF ha espressamente precisato che “la lettera dell’art. 4, comma 2, è assai chiara nel sottolineare che il limite riguarda ‘le controversie che implicano la richiesta di una somma di denaro di importo superiore a € 500.000,00’il che allora costituisce una conferma testuale che il limite di competenza riguarda solo le domande qualificabili come di condanna, e dunque nulla ha a che vedere con l’oggetto dell’accertamento” (cfr. decisione n. 554/2018).

F) Le decisioni dell’Arbitro possono essere, quindi, sia di mero accertamento (ad esempio, eventuale invalidità del contratto quadro o di singoli ordini), che di condanna(anche alla consegna di documenti).

Si era posta poi, anche qui (come per l’ABF), la questione se l’Arbitro possa pronunciare decisioni che abbiano natura costitutiva(quali la risoluzione o l’annullamento del contratto, quali presupposti per domande di natura restitutoria).

In relazione a tale questione, l’ACF:

a) in passato, si era espresso nel senso “che la pronuncia su domande che presuppongono, a monte, la previa caducazione del contratto non sia preclusa”, e ciò “non solo e non tanto perché è già la natura costitutiva delle azioni di annullamento e di risoluzione che, alla luce dei più recenti orientamenti dottrinali, può essere messa in discussione, quanto e soprattutto perché la eventuale annullabilità e risolubilità, ove essa sia stata prospettata dalla parte come mezzo al fine di ottenere la restituzione delle somme versate, può ben essere accertata dall’Arbitro per le Controversie Finanziarie in via semplicemente incidentale, unicamente nella prospettiva dell’esame e dell’eventuale accoglimento della domanda restitutoria della somma, senza che occorra, allora, che esso pronunzi e statuisca anche espressamente su di essa” (v. decisione n. 5/2017);

b) peraltro, più di recente, da un lato, aveva confermato che “la domanda di risoluzione è preordinata all’adozione, direttamente in questa sede, di un provvedimento avente natura costitutiva, come tale esulante dall’ambito delle prerogative di questo Arbitro” (cfr. decisione n. 3772/2020); dall’altro lato, aveva però affermato che, pur in presenza di una domanda di risoluzione, l’ACF potrebbe accogliere la richiesta dell’investitore sotto i profili risarcitori. Si era, in particolare, osservato che la domanda di risoluzione “mira, ad ogni buon conto, alla realizzazione di un interesse sostanziale (il c.d. bene della vita perseguito) finalizzato a conseguire il reintegro del capitale perduto a seguito degli investimenti censurati, che costituisce pertanto il vero petitum (…)Se così è, allora, ben può il comportamento dell’Intermediario formare oggetto di scrutinio in questa sede per i soli profili risarcitori eventualmente rivenienti dai fatti in esame, in merito al che si esprimono le seguenti considerazioni. (cfr. Decisioni ACF n. 630 del 13/07/2018, n. 1808 del 08/08/2019)” (cfr. decisione n. 3772/2020).

Oggi la questione è, in parte, superata dall’introduzione del comma 1-bis dell’art. 4, che, come si è visto, prevede espressamente che “l’Arbitro può conoscere, ancorché in via incidentale e ove necessario ai fini di decidere sulle richieste di natura restitutoria, anche le domande di annullamento, risoluzione e rescissione del contratto, nonché ogni altra azione di impugnativa negoziale”.

Si noti, peraltro, che la formulazione della disposizione limita il potere dell’Arbitro a tali accertamenti incidentali solo qualora gli stessi siano necessari “ai fini di decidere sulle richieste di natura restitutoria”, mentre non menziona le domande risarcitorie.

Alla luce di questa espressa previsione, si vedrà se l’ACF rivedrà l’orientamento espresso con le citate decisioni di cui al precedente punto b) ii) (le quali ammettono l’accertamento incidentale delle domande costitutive anche in funzione della conoscenza di domande risarcitorie).

G) Il ricorso deve contenere – a pena di inammissibilità – la determinazione della cosa oggetto della domanda (petitum) e la esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda (causa petendi) (cfr. Regolamento, art. 12).

La disposizione riprende la formulazione dell’art. 163, n. 3 e 4, c.p.c., in tema di domanda giudiziale.

Tuttavia, mentre la sanzione (prevista dall’art. 164 c.p.c.) per l’atto di citazione carente di questi requisiti è la nullità, il Regolamento stabilisce che il ricorso sia inammissibile.

Ad ogni modo, la declaratoria di inammissibilità – anche considerato che si tratta di decisioni non suscettibili di passare in giudicato – non dovrebbe precludere la riproposizione del ricorso che possegga i requisiti prescritti e che sia tempestivo (ossia non sia presentato oltre l’anno di cui all’art. 10 del Regolamento).

H) L’istruttoria è, anche qui, documentale, non essendo prevista la possibilità di interrogare testimoni o disporre consulente tecniche d’ufficio (potranno però, anche qui, essere allegate agli atti perizie o analisi tecniche unilaterali, che saranno valutate come tal, ossia come atti a formazione unilaterale, con rilevanza probatoria suscettibile di essere valutata, a tutto concedere, solo insieme alle altre risultanze del procedimento) (cfr. Regolamento, artt. 11, 12 e 15). Al riguardo, come si è visto, le nuove disposizioni in vigore dal 1° ottobre 2021 prevedono che le parti devono: (i)evitare la produzione di documentazione sovrabbondante, disordinata o inconferente (cfr. Regolamento, art. 11, comma 1-ter) e (ii)qualora i documenti non siano in italiano, depositare anche un traduzione integrale in italiano (cfr. Regolamento, art. 11, comma 1-quater). Tale previsione, nella parte sub (i) sembra ricalcare quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, “alla luce del valore informatore del contraddittorio (art. 111 Cost.), il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza, esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue pretese, derivandone altrimenti per la controparte l’impossibilità di controdedurre e risultando per lo stesso giudice impedita la valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione.” (v. Cass. 24 dicembre 2004, n. 23976). Si tratterà di vedere quali consegeunze l’Arbitro trarrà dalla eventuale violazione della nuova disposizione (e come la stessa sarà anzitutto interpretata).

I) L’Arbitro deve definire il procedimento entro novanta giorni dal completamento del fascicolo, salvo proroga per un periodo non superiore a novanta giorni (cfr. Regolamento, artt. 14 e 15).

L) L’Arbitro definisce il procedimento con pronuncia motivata e accoglie la domanda quando ne ritiene sussistenti i fatti costitutivi; la decisione di accoglimento, totale o parziale, contiene l’indicazione del termine entro il quale l’intermediario deve provvedere alla sua esecuzione (cfr. Regolamento, art. 15). In caso di mancata indicazione del termine l’intermediario si conforma alla decisione entro trenta giorni dalla ricezione della decisione. Le nuove disposizioni in vigore dal 1°ottobre 2021 hanno precisato che, a tal fine, la decisione deve essere “corredata della motivazione”. Sempre secondo le nuove disposizioni, la mancata esecuzione, anche parziale, della decisione da parte dell’intermediario, una volta accertata dal collegio, è resa nota mediante pubblicazione di apposita notizia sul sito web dell’Arbitro per una durata di cinque anni. È, altresì, resa nota mediante notizia riportata in evidenza sulla pagina iniziale del sito web dell’intermediario, ove disponibile, e mediante pubblicazione su due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Tale pubblicazione è effettuata a cura e a spese dell’intermediario inadempiente entro 15 giorni dalla comunicazione dell’accertamento dell’inadempimento utilizzando il format disponibile sul sito web dell’Arbitro e attenendosi alle relative istruzioni operative. La cancellazione della notizia dal sito web dell’Arbitro è disposta automaticamente decorso il predetto termine quinquennale (cfr. Regolamento, art. 16).

V. Questioni processuali comuni all’ABF e all’ACF.

Sotto il profilo processuale, gli istituti dell’ABF e dell’ACF pongono alcune questioni di notevole rilevanza pratica.

In particolare, i principali temi che vengono in rilievo sono i seguenti:

a) il valore delle decisioni e le conseguenze dell’inottemperanza, da parte dell’intermediario;

b) i rimedi giurisdizionali esperibili dal cliente e dalla banca/intermediario nei confronti delle decisioni e il valore di queste ultime nel giudizio davanti all’autorità giudiziaria ordinaria.

In relazione a tali temi è possibile osservare quanto segue:

A) le decisioni non sono suscettibili di esecuzione forzata e sono inidonee a passare in giudicato(cfr. in tema di ABF, CONTE, Arbitrato Bancario Finanziario, in Arbitrati speciali, diretto da Carpi, Bologna, 2016, 215, il quale, quanto alla natura giuridica delle decisioni dell’ABF, dà conto, tra le altre, della tesi per cui si tratterebbe “di un giudizio che sostanzierebbe la determinazione conformativa di un procedimento amministrativo di vigilanza. In particolare, il responso dell’ABF produrrebbe un effetto specificativo-dilatorio del normale potere di vigilanza che, in mancanza di accesso del cliente all’ABF, potrebbe già dispiegarsi ordinariamente nei confronti dell’intermediario a seguito della primaria violazione delle norme sulla trasparenza bancaria” (ibidem).

In particolare, con riferimento all’ABF, la Corte costituzionale aveva avuto modo di affermare che esso, “pur istituito sulla base di una disposizione di carattere legislativo (…), ha poi trovato la propria disciplina esclusivamente, come previsto, in disposizioni di carattere amministrativo”; il che esclude “la riconducibilità di tale organo a quelli giurisdizionali, ancorati, per la loro stessa natura, al fondamento costituzionale e alla riserva di legge” (Corte cost., 21 luglio 2011, n. 218).

Peraltro, nelle sue decisioni, l’ACF ha confermato “che la decisione” che esso assume “non ha – né potrebbe mai avere – tra i suoi effetti (anche) quello di determinare un giudicato rilevante ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2909 c.c., non precludendo alle parti la possibilità di avvalersi di qualsivoglia altra azione prevista dall’ordinamento” (cfr. decisioni nn. 12, 13 e 62/2017, nelle quali, anche sulla base di questo principio, l’ACF ha escluso che potesse essere ostativo all’esame del ricorso un precedente pronunciamento sugli stessi fatti da parte dell’Ombudsman-Giurì Bancario).

B) La valenza coercitiva delle decisioni è legata al profilo reputazionale dell’intermediario.

Infatti, come si è visto, la mancata esecuzione, anche parziale, della decisione è resa nota mediante pubblicazione sul sito web dell’ABF e dell’ACF, su due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico, e sulla pagina iniziale del sito web dell’intermediario. Al riguardo si è correttamente rilevato che “la reputazione di un’azienda è un asset fondamentale” e “per gli istituti finanziari lo è ancora di più” (v. FRANZA, Op. cit., pagg. 19). Si veda anche il nuovo comma 3 dell’articolo 16 del Regolamento ACF, che rafforza la valenza coercitiva delle decisioni[4].

C) Al di là di là di questo profilo, si può ritenere che tali decisioni, anche in relazione all’alto profilo tecnico dei componenti del collegio, possono avere “il ruolo una valutazione prognostica, che consente alle parti di ottenere una qualificata anticipazione in ordine alle modalità con cui verrebbero distribuiti i torti e le ragioni all’esito di un percorso di tutela giurisdizionale” (CONTE, Op. cit., pag. 218, in tema di ABF).

D) Inoltre le decisioni – sempre in ragione della composizione qualificata e specialistica dell’Arbitro – pur non avendo valore giurisprudenziale, possono venire in considerazione quali precedenti idonei a concorrere alla formazione di orientamenti giurisprudenziali (cfr., in tema di ABF, Trib. Bologna, 19 maggio 2017, nella quale, a supporto della decisione, si è richiamato un orientamento espresso dall’ABF al riguardo).

E) Altra questione di rilevanza pratica riguarda i rimedi esperibili in caso di soccombenza, in particolare da parte dell’intermediario. È pacifico che, una volta emessa la decisione, sia l’investitore che l’intermediario hanno il diritto di ricorrere all’autorità giudiziaria per la tutela dei propri diritti. Al riguardo l’art. 16, comma 4, del Regolamento ACF prevede che “l’intermediario può, in ogni momento chiedere alla segreteria tecnica che l’Arbitro pubblichi sul proprio sito web informazioni circa l’avvio di un procedimento giurisdizionale avente ad oggetto i fatti posti a base del ricorso o del suo esito” (il comma 3 stabilisce che, in caso di pubblicazione della decisione in funzione sanzionatoria, per inottemperanza dell’intermediario, “a margine della pubblicazione viene altresì indicato (…) l’eventuale avvio di un procedimento giurisdizionale”).

Ora, poiché però la decisione non ha natura di titolo esecutivo, si pone il tema se l’ottemperanza dell’intermediario alla decisione possa comportare una sorta di acquiescenza, rilevante nell’eventuale giudizio avanti l’autorità giudiziaria. Tema tanto più rilevante quando, ad esempio, in ottemperanza alla decisione, l’intermediario abbia eseguito un pagamento, del quale chieda in giudizio la ripetizione.

Ad avviso di chi scrive, benché la decisione non abbia natura di titolo esecutivo, l’acquiescenza è senz’altro da escludere; infatti l’intermediario che non ottempera è soggetto a una (rilevante) sanzione reputazionale, alla quale esso ha l’interesse e il diritto di sfuggire.

Per ciò solo, la spontanea ottemperanza non può mai implicare riconoscimento e, quindi, acquiescenza alla decisione.

In ogni caso è consigliabile che, in sede di esecuzione della decisione, l’intermediario che intenda ricorrere all’autorità giudiziaria, precisi che ciò non vale quale riconoscimento della fondatezza della decisione e formuli per scrupolo riserva di ripetizione sulle somme eventualmente pagate (cfr. in argomento anche la decisione n. 96/2017, la quale fa espresso riferimento – sia pure in relazione alla specifica questione oggetto del procedimento – alla possibilità per l’intermediario di “adempiere (…) con riserva di ripetere quanto versato” in forza della decisione).

In tema di ABF, si è, per contro, ritenuto che “l’attuazione spontanea della decisione da parte” dell’intermediario si sostanzierebbe “in un riconoscimento della pretesa fatta valere dal cliente, originariamente, con il reclamo (…) e poi con il successivo ricorso. Un atto di riconoscimento che, se accettato dal cliente (anche tacitamente, per mancato rifiuto della prestazione eseguita dall’intermediario), costituisce – esso sì – un atto con funzione transattiva”: RUPERTO, L’arbitro bancario e finanziario, in BBTC, 2010, 325 e ss. In particolare, si è sostenuto che, “comportando la definizione della lite, detto riconoscimento darà allora fondamento, sul piano processuale, a un’exceptio rei transactae nell’eventuale successivo giudizio che, con riguardo al medesimo oggetto del contendere, una delle parti dovesse instaurare di fronte al giudice ordinario”).

F) Altra questione è se sia ammissibile per l’investitore/cliente proporre una domanda che rientri nei limiti della competenza dell’ABF o dell’ACF, sebbene la pretesa reale sia di ammontare superiore, per poi, ottenuta una decisione favore dall’Arbitro, agire in giudizio per la differenza.

Ad avviso di chi scrive, in una situazione del genere, l’intermediario o la banca potrebbero opporre fondatamente un’eccezione di avvenuta rinuncia del cliente per le maggiori pretese ovvero l’inammissibilità dell’azione per contrarierà a buona fede ovvero violazione del divieto di venire contra factum proprium; istituto quest’ultimo ormai da tempo riconosciuto (e applicato) dalla giurisprudenza.

 

[1] Per una più compiuta disamina delle regole di funzionamento dell’ABF si rinvia alle relative Disposizioni della Banca d’Italia, consultabili sul sito www.arbitrobancariofinanziario.it.

[2] Cfr. peraltro nota 1 della Sezione VI della Disposizioni: “Sono tuttavia ammissibili i ricorsi proposti in assenza di reclamo all’intermediario relativi a controversie pendenti davanti all’autorità giudiziaria per le quali il giudice abbia rilevato il mancato esperimento della condizione di procedibilità ai sensi di quanto previsto dall’art. 5, commi 1-bis e 4, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. Sono inoltre fatti salvi i casi in cui l’intermediario non sia tenuto ad istituire procedure e a dotarsi di strutture dedicate alla gestione dei reclami”.

[3] Per una più compiuta disamina delle regole di funzionamento dell’ACF si rinvia al relativo Regolamento consultabili sul sito www.acf.consob.it

[4] “3. La mancata esecuzione, anche parziale, della decisione da parte dell’intermediario, una volta accertata dal collegio, è resa nota mediante pubblicazione di apposita notizia sul sito web dell’Arbitro per una durata di cinque anni. È, altresì, resa nota mediante notizia riportata in evidenza sulla pagina iniziale del sito web dell’intermediario, ove disponibile, per una durata di sei mesi e mediante pubblicazione su due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Tale pubblicazione è effettuata a cura e a spese dell’intermediario inadempiente entro 15 giorni dalla comunicazione dell’accertamento dell’inadempimento utilizzando il format disponibile sul sito web dell’Arbitro e attenendosi alle relative istruzioni operative. L’intermediario, anche attraverso un’associazione di categoria, comunica all’Arbitro l’avvenuta pubblicazione della mancata esecuzione della decisione attraverso il medesimo sito web. La cancellazione della notizia dal sito web dell’Arbitro è disposta automaticamente decorso il predetto termine quinquennale. Sul sito web dell’Arbitro viene pubblicata anche la notizia dell’eventuale inadempimento dell’intermediario agli obblighi di cui al presente comma. A margine della pubblicazione viene altresì indicato, sulla base delle informazioni comunicate ai sensi del comma 2, l’eventuale avvio di un procedimento giurisdizionale. Il regime pubblicitario di cui al presente comma non si applica nel caso in cui il collegio rilevi che l’intermediario, entro il termine per l’adempimento, è stato sottoposto a liquidazione coatta amministrativa”.

Si veda anche:

a) il (nuovo) comma 3-bis, in tema di adempimento tardivo:

3-bis. In caso di eventuale adempimento tardivo, l’intermediario ne dà notizia all’Arbitro attraverso il sito web di quest’ultimo. L’adempimento integrale della decisione, ancorché tardivo, ovvero il raggiungimento di un accordo documentato tra le parti e comunicato all’Arbitro, sono accertati dal collegio e comportano, all’esito del relativo accertamento, la rimozione d’ufficio della notizia del mancato adempimento dal sito web dell’Arbitro. Dopo aver ricevuto la comunicazione dell’accertamento Pag. 10/12 compiuto dal collegio, l’intermediario può rimuovere la notizia del mancato adempimento sul proprio sito web.”;

b) il (nuovo) comma 4, in tema di esito del procedimento giurisdizione in senso diverso dalla decisione dell’Arbitro:

Il collegio dispone in ogni caso la cancellazione della notizia del mancato adempimento qualora il procedimento giurisdizionale decida la controversia in senso diverso dall’Arbitro e favorevole all’intermediario. In questo caso, l’Arbitro provvede a pubblicare sul sito web l’estratto di tale decisione, indicando che l’esito del procedimento giurisdizionale è stato diverso da quello del procedimento dinanzi all’Arbitro. Dopo aver ricevuto la comunicazione del provvedimento di cancellazione adottato dal collegio, l’intermediario può rimuovere la notizia del mancato adempimento sul proprio sito web”.

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