La suprema Corte statuisce che il curatore fallimentare, il quale agisce per recuperare una somma che si assume corrisposta illegittimamente, ricopre la stessa posizione processuale e sostanziale dell’imprenditore quando si trovava in bonis.
Nella specie, la Corte di Cassazione cassa la decisione della Corte d’appello di Napoli, con la quale si era ritenuto non opponibile all’odierno resistente, la curatela del fallimento, il pagamento – effettuato dalla banca presso la quale la società debitrice, successivamente fallita, era titolare di conto corrente – a favore di soggetto munito di apposita delega della società, per mancanza di data certa della delega stessa ex art. 2704 c.c., condannando pertanto la banca alla refusione della somma nei confronti del fallimento.
Avverso tale decisione proponeva ricorso la banca lamentando la violazione dell’art. 2704 c.c. e, in particolare, sostenendo l’inapplicabilità di tale articolo al caso di specie sulla base del fatto che il curatore non potesse essere considerato soggetto terzo. I giudici di legittimità, accogliendo tale motivo, statuiscono, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione (S.U. 4213/13; sez. I 321/13), che il curatore fallimentare agisce occupando la stessa posizione sostanziale e processuale dell’imprenditore, esercitando un’azione che lo stesso avrebbe potuto esercitare se la società fosse stata in bonis, con la conseguenza che non è soggetto terzo e a questi sono opponibili le prove documentali provenienti dall’imprenditore senza che possano applicarsi i limiti di cui all’art. 2704 c.c. attinenti alla presenza di data certa.