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Attualità

L’assicurazione nell’ordinamento finanziario islamico. Spunti di riflessione per gli operatori.

13 Luglio 2017

Gianluca De Donno

1. Ordinamento islamico e diritto finanziario. Alcune cautele.

Trattare di istituti giuridici di diritto islamico richiede, in via preliminare, un invito ad accostarsi con cautela a concetti quali, appunto, quello di “diritto islamico” o di “ordinamento giuridico islamico”. Ciò perché, sebbene il tema vada oltre gli scopi del presente contributo, riferirsi tout court al “diritto islamico” – così presupponendone una compiuta dimensione concettuale e storica – tende a non facilitare alcun approccio scientifico al tema. Pur condividendo, difatti, le stesse fonti del diritto (in particolare il Corano e la Sunna del Profeta), e tuttavia con notevole varietà nell’ approccio ermeneutico ai testi, le manifestazioni storicamente e geograficamente determinate del “diritto islamico” presentano differenze che sconsigliano una reductio ad unum del fenomeno.

In tale prospettiva occorre anche tenere conto, in special modo per quanto concerne il diritto dei contratti finanziari Shari’a compliant, l’influenza che, a partire sicuramente dagli anni settanta del secolo scorso, il risveglio culturale e religioso del mondo musulmano ha avuto nell’elaborazione di un pensiero economico islamico che provasse a trovare un nesso fra forme moderne di sviluppo economico e l’Islam. Da simile riflessione è sorta una teoria economica specificamente islamica che ha ripreso istituti giuridici e principi generali del “diritto islamico” classico, riadattandoli però alle esigenze dei moderni mercati finanziari e comunque strutturandoli in guisa tale da replicare i modelli giuridici della finanza convenzionale.

2. Il contratto di assicurazione e i limiti imposti dalla Shari’a

Passando a tratteggiare brevemente le caratteristiche del contratto di assicurazione quale prodotto finanziario islamico, preme ricordare allora, in primo luogo, che il diritto islamico classico non conosce il tipo contrattuale dell’assicurazione.

Di fatti solo di recente, e in reazione ai profili di illiceità contrattuale rispetto ai principi shariatici del contratto di assicurazione convenzionale, i giuristi maggiormente impegnati nella teorizzazione del modello economico islamico messo a punto uno strumento contrattuale, denominato takaful – idoneo a supplire a quella funzione tipica che potremmo genericamente definire indennitaria o di trasferimento del rischio.

La principale obiezione che il giurista islamico muove al contratto di assicurazione convenzionale è che quest’ultimo sarebbe in violazione del divieto di concludere rapporti contrattuali in cui siano ravvisabili elementi di gharar[1], termine che potrebbe essere reso con “eccessiva incertezza”.

Ora, in cosa si traduca fattivamente la nozione di “eccessiva incertezza” è oggetto di dibattito in dottrina[2], ma si può dire, senza pretesa di completezza, che essa ricomprende non solo l’effetto prodotto dall’indeterminatezza degli elementi del contratto (e.g. il sinistro), ma che si estende anche a quelle ipotesi di asimmetria informativa idonee a generare fenomeni di moral hazard ed in generale all’interdizione di tutte le operazioni dal contenuto altamente aleatorio o che non promuovano una win-win cooperation, concretizzandosi pertanto in un giudizio sulla meritevolezza dell’interesse perseguito.

Nel tradizionale contratto di assicurazione la maggioranza degli interpreti riscontra un tratto speculativo non compatibile con le prescrizioni in materia di gharar, giacché, nel ramo danni tipicamente, l’assicurato paga un premio per un beneficio incerto e che può essere addirittura nullo laddove un sinistro effettivamente non si dovesse verificare e la compagnia assicurativa potrebbe d’altro canto trovarsi tenuta a rivalere l’assicurato del danno subito pur nell’ipotesi in cui la stessa abbia percepito anche un esiguo ammontare di premi.

Residuerebbe, dunque, un notevole margine di incertezza rispetto all’an e al quantum del beneficio atteso dalle parti, una potenziale sproporzione tra guadagno ottenuto e controprestazione economica effettuata e una marginale rilevanza della win-win cooperation.

Ad una siffatta ricostruzione si potrebbe certo obiettare che l’incertezza costitutiva del contratto di assicurazione convenzionale ed il conseguente giudizio sull’inammissibilità dei contratti di assicurazione andrebbe considerevolmente ridimensionato ove solo si tenesse conto degli effetti generali della “legge dei grandi numeri”, come argomentato, tra gli altri da Mustafa al Zarqa’[3], ma un’osservazione di questa natura si scontra con la scarsa attenzione che nella teoria islamica dei contratti – come attualmente intesa – è prestata alla valutazione degli effetti sistemici delle operazioni economico-giuridiche, preferendo al contrario un giudizio di liceità fissato sul singolo tipo contrattuale[4].

3. Aperture dell’“ingegneria contrattuale”: il takaful e la mutualità.

Per ovviare ai limiti che la proibizione del gharar impone ai rapporti assicurativi convenzionali, la logica sottesa al takaful sostituisce all’incidenza funzionale del trasferimento del rischio da un contraente alla controparte, tipico del contratto assicurativo standard, la condivisione del rischio stesso da parte di una pluralità di contraenti che conferiscono una somma di denaro in un fondo comune da cui poi viene tratto quanto necessario per tenere indenne dai danni occorsi, per effetto degli eventi che si sono intesi assicurare al momento della conclusione del contratto, chi dei contraenti subisca un sinistro oggetto di copertura.

Se la natura speculativa viene così attenuata attraverso il ricorso allo strumento della mutualità, in cui la dimensione cooperativa si ritiene prevalente, non può tuttavia escludersi che un margine di aleatorietà comunque permanga, dato che resta pur sempre incerto il verificarsi dell’evento e di conseguenza il diritto ad una prestazione patrimoniale.

L’ostacolo è però superato dalla qualificazione giuridica tanto del premio di volta in volta versato dal singolo partecipante, quanto dell’indennizzo eventualmente liquidato, come veri e propri contratti di donazione (tabarru’) la cui causa in concreto, stante la natura di liberalità, può tollerare, per la giurisprudenza classica (fiqh) principalmente di scuola malikita, una componente aleatoria[5].

4. Le potenzialità del contratto takaful. Conclusioni.

Si può certamente osservare che il takaful è rappresentativo di come i prodotti della moderna finanza islamica, intendendo perseguire i medesimi risultati economici degli equivalenti strumenti contrattuali in uso in contesti giuridici differenti, siano costretti a modificarne le strutture giuridiche al fine di evitare elementi peculiari di illeceità del negozio (rivalutazione del capitale assicurato, gharar).

Il rischio, tuttavia, è che proprio per tale motivo l’accoglimento di modelli contrattuali conformi alla Shari’a possa incorrere in ostacoli di vario profilo – in primo luogo fiscali – legati alla potenziale riqualificazione giuridica dell’istituto, e che ciò ne possa compromettere l’effettiva diffusione.

Piuttosto, il takaful può rappresentare un modello, sufficientemente consolidato, di operazione economica che, standardizzata, permetterebbe l’accesso agli operatori al mercato islamico.

D’altro canto, la logica mutualistica sottesa a tale strumento avvicina il takaful ai più recenti trend del mercato assicurativo, fondati sul peer-to-peer insurance e la disintermediazione[6], rendendo lo stesso non così lontano dalle esperienze più innovative del settore[7].

 


[1] La proibizione del gharar è fatta derivare da numerosi hadıths. Si veda in special modo l’hadith contenuto nella raccolta “Sahih Muslim” sulla base dell’autorità di ‘Abu Hurayra.

[2] Si vedano, fra gli altri, Mahmoud A. El-Gamal, An Economic Explication of the Prohibition of Gharar in Classical Islamic Jurisprudence e Sami Al-Suwailem, Towards an Objective Measure of Gharar in Exchange.

[3] Si veda Nizam al-ta’min, Damasco 1962.

[4] Cfr. M. H. Kamali, An Analysis of Futures and Options, 2001.

[5] Non manca chi ritiene che l’opera di “ingegneria civilistica” da cui origina il takaful sia un tipico artificio giuridico (cui nella giurisprudenza islamica si dà nome di hilal) di discutibile legittimità: cfr Dr. Rafiq Yunus Al-Misri. (2001), al-Khatar wa al-Ta’min “…I prefer permissibility of insurance, without hiyal (legal stratagems, or ruses); for these are jurists who forbid one thing, and then return to permit by various legal stratagems and means of circumvention”.

[6] Cfr. IVASS, Relazione per l’anno 2016, p. 141.

[7] Si vedano, a titolo esemplificativo i casi delle imprese insurtech “TongJuBao” e, nel contesto domestico, “Darwinsurance”, che utilizzano modelli di condivisione del rischio del tutto assimilabili al takaful alle antiche mutue assicurative (cfr. Financial Times, Peer to peer insurers go back to the future, 6/10/2016).


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