Avverso la sentenza della Corte territoriale, conforme a quella di primo grado, una società per azioni ricorre in Cassazione lamentando, tra gli altri motivi di ricorso, l’erronea qualificazione del contratto stipulato con una società consortile a responsabilità limitata. Secondo la ricostruzione di parte ricorrente, tale contratto costituirebbe infatti un’associazione in partecipazione di cui agli artt. 2549 ss., cod. civ. rispetto alla quale essa avrebbe assunto la qualità di associante, e non invece un “contratto ordinario a prestazioni corrispettive” come emergente dall’interpretazione operata dai giudici di merito. Pertanto, sostiene la ricorrente, alla società associata spetterebbe il diritto agli utili soltanto ove effettivamente realizzati.
La Suprema Corte giudica tale motivo di ricorso infondato, affermando che, nonostante il contratto di associazione in partecipazione tipico preveda la partecipazione dell’associato ai soli utili realmente conseguiti, le parti possono altresì stipulare ai sensi dell’art. 1322, cod. civ. contratti associativi caratterizzati da elementi di atipicità, come deve ritenersi essere avvenuto nel caso di specie. Il Collegio richiama al riguardo alcuni propri precedenti in tema di diversa determinazione della misura di partecipazione agli utili (Cass. n. 24376/2008) ed in particolare circa la compatibilità del contratto in esame con la “garanzia di un guadagno minimo” (Cass. n. 4235/1988).
Risulta perciò ammissibile attribuire al contratto di cui agli artt. 2549 ss., cod. civ. una causa contraddistinta «non soltanto dal profilo di associazione al rischio di impresa, in cui sussiste lo scambio tra l’apporto dell’associato all’impresa dell’associante ed il vantaggio economico che quest’ultimo si impegna a corrispondere all’associato medesimo in presenza di utili, ma anche sinallagmatica rispetto a specifiche prestazioni rese dall’associato», prevedendo pertanto un utile garantito quantificato ex ante.