La disciplina del raggruppamento temporaneo di imprese in materia di appalti pubblici (ovvero associazione temporanea di imprese, meglio conosciuti con gli acronimi di RTI o ATI) si fonda, per quanto riguarda i rapporti interni tra le imprese partecipanti, sull’istituto del mandato collettivo.
Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha chiarito che tale mandato, conferito dalle imprese c.d. mandanti all’impresa capogruppo in qualità di mandataria, si caratterizza per la sua “omnicomprensività”, comprendente gli atti per cui è stato espressamente conferito e quelli necessari al loro compimento, “fino all’esaurimento delle operazioni concernenti l’appalto” (nel caso di specie l’appalto, commissionato dal Comune di Taormina, aveva ad oggetto la costruzione di una funivia).
Ne consegue che “l’omissione dell’attività necessaria per rendere esplicite le riserve iscritte” in uno stato di avanzamento lavori da parte della mandataria – che pur ha determinato la decadenza dell’appaltatrice dalla relativa pretesa creditoria nei confronti della committente – “non acquisisce rilevanza autonoma, ai fini del risarcimento del danno, se non al compimento di tutte le operazioni, allorché la mandataria è stata tenuta al rendiconto del suo operato: e cioè, dopo avere comunicato l’esecuzione dell’incarico”.
Su queste basi, la Suprema Corte ha quindi cassato la pronuncia della corte di appello, che aveva erroneamente considerato, quale dies a quo del decorso del termine di prescrizione decennale della pretesa risarcitoria della mandante per gli inadempimenti della mandataria, la data entro la quale avrebbero dovuto essere esplicitate le riserve dell’ultimo SAL, anziché la data dell’ultimo atto rilevante nell’ambito esecutivo del mandato.