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Giurisprudenza

Atti di frode ex art. 173 l.f.: irrilevanza dei ravvedimenti postumi del debitore

17 Dicembre 2021

Francesca Gaveglio, Dottoressa di ricerca in Diritto d’impresa, Università Bocconi; avvocato presso FIVELEX Studio Legale

Cassazione Civile, Sez. I, 11 agosto 2021, n. 22663 – Pres. Cristiano, Rel. Amatore

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine al momento in cui va valutata la ricorrenza dei presupposti per la revoca dell’ammissione al concordato preventivo ex art. 173 l.f.

In particolare, nel caso di specie il commissario giudiziale aveva accertato la sussistenza di atti di frode ex art. 173, primo comma, l.f., – consistenti nell’omessa indicazione di alcuni debiti – in relazione alla proposta di concordato preventivo originariamente presentata dal debitore, successivamente modificata con una proposta integrativa, nella quale venivano rese note le omissioni denunciate dal commissario giudiziale, depositata prima dell’apertura del subprocedimento ex art. 173 l.f.

Al riguardo, la Corte – ritenuto preliminarmente che l’eventuale proposta modificativa di concordato, che sia intervenuta successivamente all’incardinamento del subprocedimento di revoca ex art. 173 l.f. possa essere esaminata dal tribunale nell’ambito del predetto subprocedimento – ha tuttavia distinto l’ipotesi in cui la denuncia del commissario giudiziale abbia ad oggetto la commissione da parte del debitore ammesso alla procedura concordataria di una delle condotte di cui al primo comma dell’art. 173 l.f. (e cioè gli atti di occultamento ovvero di dissimulazione dell’attivo ovvero del passivo ovvero di altri atti fraudolentemente diretti a rendere non intellegibile la proposta concordataria ai creditori) da quella in cui essa si fondi sulla carenza, anche sopravvenuta, di uno dei presupposti di ammissione della proposta alla procedura concordataria ai sensi del terzo comma dell’art. 173 l.f.

Nel primo caso, «la successiva modifica della proposta – anche se volta (…) al rispristino dell’esattezza descrittiva dell’attivo e del passivo oggetto della proposta concordataria – non rileva per escludere comunque la commissione di atti in frode, consapevolmente adottati dal debitore per dissimulare la sua situazione patrimoniale e finanziaria e scoperti dal commissario giudiziale dopo il provvedimento di ammissione alla procedura, atti di per sè idonei a legittimare la richiesta di revoca del concordato».

Nel secondo caso, invece, la modifica della proposta concordataria, presentata nei limiti temporali di cui all’art. 172, comma 2, l.f. «potrà aver rilievo per la valutazione di fondatezza della domanda di revoca del concordato, posto che in tal caso tale domanda non si basa sull’accertamento della fraudolenza del comportamento adottato dal debitore ammesso alla procedura ma sul diverso profilo dell’accertamento di un requisito ammissivo della proposta».

La Corte ha altresì precisato che, ciò che conta ai fini della revoca ex art. 173 l.f., è che gli atti di frode siano stati accertati dagli organi della procedura e che gli stessi abbiano una valenza potenzialmente decettiva per il ceto creditorio, «dovendosi ritenere rilevante (…) il tentativo di frode posto in essere dall’imprenditore al momento del deposito della domanda o della proposta, indipendentemente dalla circostanza che quest’ultima, a seguito degli accertamenti degli organi della procedura, sia stata successivamente emendata da una integrazione con disvelamento degli atti sottaciuti al momento della presentazione del piano e della proposta concordataria».

In altri termini, nessuna modifica della proposta concordataria può essere valorizzata al fine di considerare irrilevante l’atto di frode per avvenuta tardiva comunicazione al ceto creditorio delle notizie sottaciute.

Osserva peraltro la Corte che, se – laddove sia accertato che la modifica dell’originaria proposta sia stata presentata dall’imprenditore solo dopo che questi abbia acquisito consapevolezza dell’esito degli accertamenti compiuti dagli organi della procedura – si consentisse all’imprenditore di sanare la condotta fraudolenta alla sola condizione che la modifica della proposta concordataria sia depositata prima della formale denuncia del commissario giudiziale, «si correrebbe il rischio di favorire condotte poco limpide dell’imprenditore ammesso alla procedura concordataria che subordinasse la rilevanza di queste condotte al puro caso in cui l’organo commissariale, pur avendo accertato le condotte fraudolente, le formalizzi prima o dopo la proposta dell’imprenditore di rimozione delle stesse».

L’opzione interpretativa adottata dalla Corte è dunque volta ad ostacolare condotte opportunistiche dell’imprenditore e a scongiurare che l’imprenditore fraudolento, che pure venisse scoperto, possa evitare la revoca «offrendo ai creditori (tardivamente) quelle informazioni che avrebbe dovuto evidenziare sin dall’origine, al momento iniziale della presentazione del piano e della proposta».

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