Con la sentenza n. 51092 del 06 maggio 2015 la Suprema Corte stabilisce che l’attività di consulenza finanziaria svolta nei confronti di una platea potenzialmente indeterminata di soggetti, associata alla gestione diretta dei capitali affidati dai clienti costituisce servizio di investimento ed in quanto tale attività finanziaria ex art. 1, co. 5, del T.U.F. il cui esercizio è subordinato al rilascio dell’autorizzazioni da parte dell’autorità di vigilanza e all’iscrizione nell’apposito albo.
A tal fine, la Suprema Corte conferma la condanna degli imputati richiamando il suo consolidato orientamento secondo cui integra il delitto di esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria ai sensi dell’art. 166 del T.U.F., l’attività di consulenza – prestata al fine di reperire un proficuo programma di investimento, accompagnata dal mandato del cliente – la quale non è prodromica all’esercizio dell’attività finanziaria, consentita solo ai soggetti debitamente autorizzati, ma ne è parte integrante e come tale è disciplinata.
Nel caso di specie particolare rilievo è stato attribuito alla circostanza che l’attività di consulenza veniva associata alla gestione diretta ed in autonomia, per conto dei clienti, dei capitali affidati.