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Giurisprudenza

Attività di direzione e coordinamento e presupposti per la responsabilità ex art. 2497 comma 1 c.c.

17 Novembre 2020

Marta Pin, Notaio in Monza, Dottore di ricerca in Impresa Lavoro Istituzioni (Curriculum diritto commerciale), Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Corte d’Appello di Napoli, 08 giugno 2020, n. 2035 – Pres. Celentano, Rel. Petruzziello

Di cosa si parla in questo articolo
Il prossimo 29 gennaio si terrà il WebSeminar di rassegna di giurisprudenza e orientamenti notarili in materia societaria organizzato da questa Rivista. Per maggiori informazioni si rinvia al link indicato tra i contenuti correlati.

Con la sentenza n. 2035/2020 la Corte d’appello di Napoli precisa i presupposti affinché ricorra la responsabilità per l’esercizio da attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497, comma 1, c.c., ai sensi del quale: “le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette”.

La responsabilità della società (o dell’ente) che esercita l’attività di direzione e coordinamento nei confronti dei creditori sociali delle società “eterodirette” ricalca quella prevista dalla disciplina della responsabilità dell’organo amministrativo nei confronti dei creditori sociali in generale di cui all’art. 2394 c.c. e richiede la lesione all’integrità del patrimonio sociale; nonché il nesso di causalità tra condotta e danno. I giudici di merito precisano, quindi che l’esercizio della direzione e del controllo, ancorché condotto nell’interesse imprenditoriale proprio della società o dell’ente controllante o di terzi, e finanche se svolto in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale della società eterodiretta, non è di per sé solo fonte della responsabilità contemplata dall’art. 2497, comma 1, c.c.. Perché questa ricorra, occorre che l’abusivo esercizio abbia danneggiato il patrimonio della società eterodiretta e tale lesione patrimoniale non è ravvisabile nella sola circostanza che la che la società o l’ente dominante abbia conseguito vantaggi, né nel fatto che la società eterodiretta non abbia conseguito utili, o sia finita in dissesto, o addirittura fallita.

I giudici napoletani specificano, infatti, che il verificarsi di una perdita o la situazione di dissesto patrimoniale della società non sono di per sé sintomo significativo della violazione dei doveri gravanti sull’amministratore, in quanto l’attività di impresa è intrinsecamente connotata dal rischio di possibili perdite. È necessaria, viceversa, la prova dell’immediata e diretta incidenza causale delle decisioni gestorie adottate dalla società dominante sulla gestione di quella controllata; nonché dell’effetto depauperativo che la loro attuazione abbia prodotto nei confronti della generica garanzia patrimoniale di quest’ultima a disposizione dei creditori, così come affermatodalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 9100/2015, a cui rinviano i giudici di merito.

Secondo la corte d’appello, pertanto, affinché sussista la responsabilità della società (o dell’ente) che esercita l’attività di direzione e coordinamento devono ricorrere una serie di condizioni e precisamente: (i) l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento; (ii) il perseguimento dell’interesse proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione imprenditoriale; (iii) il pregiudizio al valore o alla redditività delle partecipazioni sociali della controllata; (iv) il nesso di causalità tra condotta e danno, ritenendo preferibile la qualificazione della responsabilità ex art. 2497, comma 1, c.c. in termini di responsabilità aquiliana.

 

 

 

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